La Consulta estende anche ai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale il diritto di costituire una RSA
Corte cost. 30 ottobre 2025, n. 156
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 156/2025 ha esteso la possibilità di costituire RSA anche ai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Un passo avanti per la libertà e il pluralismo sindacale, che corregge un evidente squilibrio nel sistema.
La Consulta ha infatti disatteso l’istanza principale avanzata dalla nota ordinanza di rimessione del Tribunale di Modena nel corso di un procedimento per repressione della condotta antisindacale, instaurato da un’associazione dei lavoratori cui l’azienda negava il diritto di costituire la RSA in quanto non aveva sottoscritto il contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, né partecipato alle corrispondenti trattative (come ritenuto sufficiente a partire dall’estensione del criterio selettivo di cui all’art. 19 Stat. lav. operata dalla sent. 231 del 2013).
Nel sollevare la questione di costituzionalità, il giudice a quo chiedeva in via principale una pronuncia ablativa, diretta a eliminare qualunque requisito di selezione per la costituzione della RSA, o, in subordine, un’additiva, che a tale costituzione ammettesse ogni sindacato “maggiormente” o “significativamente” rappresentativo.
La Corte ha ritenuto, in conformità con la propria giurisprudenza, di non poter eliminare un criterio selettivo nell’accesso alle tutele di cui al titolo III dello Statuto e, a tal fine, ha ritenuto quello attualmente previsto, in seguito a modifiche normative e dichiarazioni di illegittimità costituzionale, “un idoneo indice di rappresentatività”. Allo stesso tempo, rispetto alla richiesta in via subordinata, ha rilevato che i concetti della rappresentatività “maggioritaria” e della rappresentatività “significativa” sono inutilizzati o quantomeno desueti nelle fonti legislative.
I giudici hanno quindi optato per valorizzare il criterio della rappresentatività comparativa su base nazionale, avendo però premura di rimarcare che tale soluzione “non costituisce una riedizione della lettera a) del primo comma dell’art. 19 statuto lavoratori, abrogata in sede referendaria, atteso che quella lettera si riferiva all’affiliazione confederale, quindi a un criterio differente e peculiare”.
Restano però aperte molte questioni interpretative e applicative. Ad esempio chi e come certifica la rappresentatività comparata? Quale impatto avrà la decisione sui rapporti di forza nelle imprese?
Si tratta quindi di una decisione che rafforza i principi costituzionali, ma che richiede ora un intervento legislativo che metta a frutto gli insegnamenti della Corte. La parola spetta adesso al legislatore a cui – come la stessa Corte ha messo in rilievo nelle parole conclusive della sentenza – compete “un’organica riscrittura della disposizione censurata” affinché essa “venga a delineare un assetto normativo capace di valorizzare l’effettiva rappresentatività in azienda quale criterio di accesso alla tutela promozionale delle organizzazioni dei lavoratori”.



