L’inglese come unica lingua per le trattative è antisindacale
Cass. civ., sez. lav., 31 ottobre 2025 n. 28790
La Cassazione conferma la decisione della Corte d’Appello che aveva qualificato come antisindacale la condotta aziendale consistente nel condizionare l’avvio dei negoziati per la costituzione del Comitato Aziendale Europeo (CAE) all’uso esclusivo della lingua inglese, senza la preventiva garanzia di un adeguato servizio di interpretariato.
La Corte chiarisce che, nell’ambito della disciplina dettata dal d.lgs. n. 113/2012 (attuativo della direttiva 2009/38/CE sui CAE), l’impresa è tenuta a mettere la Delegazione Speciale di Negoziazione (DSN) in condizione di svolgere effettivamente il proprio mandato. L’imposizione di una lingua unica, specie in un contesto transnazionale e plurilinguistico, limita in modo oggettivo la capacità di partecipazione e negoziazione dei rappresentanti sindacali e integra una lesione delle prerogative sindacali. La disponibilità dell’azienda a offrire corsi di lingua non è considerata misura adeguata né equivalente al servizio di interpretariato espressamente previsto dalla normativa.
Pur ritenendo astrattamente legittima la modalità di riunione “da remoto” tramite videoconferenza – che costituiva peraltro il punto dirimente della controversia – la Corte sottolinea che l’adeguatezza degli strumenti va valutata in concreto: nel caso di specie, la pretesa dell’uso esclusivo dell’inglese ha costituito un ostacolo illegittimo all’apertura dei negoziati, equiparabile a un rifiuto datoriale. Da ciò discende correttamente la conseguenza della costituzione automatica del CAE ai sensi dell’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 113/2012.



