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Archivio per categoria: Giurisprudenza

ospedale esterno

Il comporto per malattia del lavoratore invalido

1 Maggio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 12 aprile 2017, n. 9395 – Il superamento del periodo di comporto per il lavoratore invalido

La Corte di Cassazione ribadisce un orientamento che aveva già adottato in altre sentenze meno recenti (Cass., sez. lav., 23.4.2004, n. 7730; Cass., sez. lav., 15.12.1994, n. 10769): nel caso in cui il rapporto di lavoro sia instaurato con un invalido assunto obbligatoriamente ai sensi della l. n. 482/1968, le assenze dovute a malattie collegate con lo stato di invalidità non possono essere computate nel periodo di comporto, se l’invalido sia stato adibito, in violazione dell’art. 20 della medesima legge, a mansioni non compatibili con le sue condizioni di salute.

Infatti, in tal caso, sussiste una violazione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore.

Nel caso di specie, un dipendente, assunto in quanto iscritto negli elenchi degli invalidi ex lege n. 482/1968, è stato licenziato dal datore di lavoro per superamento del periodo di comporto. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, sostenendo l’illegittimità dello stesso, ascrivendo alla parte datoriale la responsabilità per il peggioramento del proprio stato di salute, poiché egli era stato adibito a mansioni incompatibili con le sue condizioni.

Tuttavia, nel caso di specie il licenziamento è stato ritenuto legittimo, non sussistendo alcun nesso eziologico tra l’espletamento delle mansioni da parte del lavoratore e l’aggravamento dello stato morboso di quest’ultimo.

il testo della decisione

  • Cass.n. 9395_2017
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2017/05/ospedale-esterno.jpeg 2988 5312 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-05-01 17:31:482019-10-09 16:56:08Il comporto per malattia del lavoratore invalido
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Licenziamento disciplinare e contestazione tardiva

1 Maggio 20170 Commenti-da admin

In data 21 aprile u.s., la IV Sezione della Corte di Cassazione ha depositato un’ordinanza interlocutoria, rimettendo un ricorso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione dello stesso alle Sezioni Unite della Corte, sulla questione concernente “la natura del vizio del licenziamento intervenuto in forza di contestazione tardiva”.

A seguito della riforma dell’art. 18 stat. lav. operata dalla l. n. 92/2012, è stato modificato il sistema di tutele per il lavoratore licenziato illegittimamente; anche nel nuovo quadro legale assume particolare rilevanza il tema della tardività nell’ambito del licenziamento disciplinare; è appena il caso di ricordare che il nuovo art. 18 stat. lav. prevede la tutela reintegratoria attenuata nell’ipotesi di insussistenza del fatto contestato (art. 18, commi 4 e 6), e la tutela indennitaria dimidiata qualora sussista una violazione della procedura di contestazione dell’addebito ex art. 7 stat. lav.: quali conseguenze sanzionatorie per il licenziamento disciplinare illegittimo nel caso di tardività della contestazione?

Occorre rilevare che, sul tema, coesistono due orientamenti contrastanti nella stessa giurisprudenza di legittimità.

Secondo una ricostruzione, infatti, l’intempestività della contestazione non riguarda l’insussistenza del fatto contestato (Cass., sez. lav., 6 novembre 2014, n. 23669; Cass., sez. lav., 13 ottobre 2015, n. 20540); invece, secondo un altro orientamento, la contestazione intempestiva è indice dell’irrilevanza della condotta del lavoratore ai fini della prosecuzione del rapporto. Infatti, il datore di lavoro, pur essendo consapevole del contegno tenuto dal dipendente, dimostra, per fatti concludenti, la scarsa importanza dello stesso, che, dunque, non può considerarsi inadempimento (Cass., sez. lav., 31 gennaio 2017, n. 2513).

Dinnanzi alla divergenza di tali ricostruzioni, il Collegio ha ritenuto opportuno rimettere il ricorso al Primo Presidente, in quanto la questione può essere qualificata “di massima di particolare importanza” ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ.

il testo dell'ordinanza

  • Ordinanza Interlocutoria
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2018/02/hourglass-time-hours-sand-39396.jpeg 650 862 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-05-01 17:21:552019-10-09 16:56:35Licenziamento disciplinare e contestazione tardiva
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Giurisprudenza in Giurisprudenza

Danno biologico per uso non corretto del cellulare

1 Maggio 20170 Commenti-da admin

Trib. Firenze, 21.4.2017 – Danno biologico da uso improprio del cellulare

Una recentissima sentenza del Tribunale di Firenze ha riconosciuto la sussistenza del nesso di causa tra l’uso non corretto del cellulare, da parte di un lavoratore, e l’insorgere di un neurinoma, ovvero di un tumore benigno del nervo acustico.

Per tale motivo, il Tribunale ha condannato l’INAIL a corrispondere una rendita da malattia professionale a un addetto alle vendite che, per adempiere alla propria prestazione lavorativa, trascorreva al telefono circa tre ore al giorno.

A tal proposito, si rileva che il perito nominato dal Tribunale ha riconosciuto “l’elevata probabilità di una connessione tra l’uso del telefono cellulare e la malattia insorta”.

Tale orientamento giurisprudenziale era già stato adottato da altre pronunce di merito: si devono ricordare, a tal proposito, la decisione del 22 dicembre 2009 della Corte di Appello di Brescia, e più, di recente, la sentenza del Tribunale di Ivrea, del 30 marzo u.s.

Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sul tema (Cass., sez. lav., 12.10.2012, n. 17438) giungendo a conclusioni non dissimili da quelle ora tracciate dalla sentenza fiorentina.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2017/05/apple-flowers-iphone-desk.jpeg 3503 5254 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-05-01 11:40:002019-10-09 16:57:06Danno biologico per uso non corretto del cellulare
La Corte di Cassazione
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Diritto di critica e licenziamento illegittimo

9 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 17 gennaio 2017, n. 996 – Il diritto di critica nei confronti del datore di lavoro

Una dipendente era stata licenziata per aver presentato un esposto alla procura della Repubblica e al Ministro del Lavoro, criticando il proprio datore di lavoro a causa dell’improprio ricorso di quest’ultimo alla CIGS e alla mobilità.

La Cassazione ha rimarcato la necessità, affinché l’esercizio del diritto di critica sia legittimo, del rispetto del principio di continenza sostanziale – ossia, i fatti narrati devono corrispondere a verità –  e di quello di continenza formale – ergo, l’esposizione dei fatti deve avvenire misuratamente.

La Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento, precisando, peraltro, a proposito della continenza formale, che tale requisito richiede l’osservanza della correttezza e civiltà delle espressioni utilizzate, ma è “attenuato dalla necessità (…) di esprimere le proprie opinioni e la propria personale interpretazione dei fatti, anche con espressioni astrattamente offensive e soggettivamente sgradite alla persona cui sono riferite”.

 

il testo della decisione

  • Cass. 996_2017
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2015/05/Corte-cassazione.jpg 417 600 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-09 06:03:542019-10-09 16:57:53Diritto di critica e licenziamento illegittimo
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Le ferie dei dirigenti

9 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 26 gennaio 2017, n. 2000 – L’indennizzabilità delle ferie per i dirigenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2000/2017, rammenta un principio giurisprudenziale consolidato: solo il dirigente titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie, senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non ha diritto all’indennità sostitutiva nel caso in cui non fruisca dello periodo di riposo.

Nel caso di specie, i ricorrenti erano dirigenti medici di primo livello, e non avevano il potere di programmarsi le ferie e di attribuirsene il godimento; essi operavano in un’azienda ospedaliera e hanno chiesto che venisse loro riconosciuta l’indennità sostitutiva delle ferie.

D’altro canto, il CCNL applicato ai rapporti di tali dirigenti prevedeva che la monetizzazione dei periodi di riposo fosse disposta solo nel caso in cui questi ultimi non possano essere goduti a causa di esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente.

Tuttavia, ai dirigenti medici di primo livello si applica il principio generale, secondo cui il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati; “non si applica, invece, il principio secondo cui il dirigente che sia titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, ove non eserciti detto potere e non fruisca, quindi, del periodo di riposo, non ha diritto all’indennità sostituiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive, ostative alla suddetta fruizione”.

il testo della decisione

  • Sentenza_2000
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-09 06:00:552019-11-04 16:50:43Le ferie dei dirigenti
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Sul trasferimento di ramo d’azienda

1 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Corte Cass., 19 gennaio 2017, n. 1316 – Cessione di beni e trasferimento del ramo d’azienda

La Corte di Cassazione rammenta che l’elemento costitutivo ai fini dell’operatività della disposizione di cui all’art. 2112 cod. civ., sulla cessione del ramo d’azienda, è l’autonomia funzionale del ramo ceduto “ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionale ed organizzativo e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti”.

Nel caso di specie, era stata operata una rivendicazione da parte di un gruppo di dipendenti di un call center – a seguito dell’esternalizzazione di una parte dell’attività alla quale questi erano addetti – poiché tale operazione non era stata qualificata dalle parti come trasferimento di ramo d’azienda.

Si ricorda che, in base a quanto previsto dall’art. 2112 cod. civ., i rapporti di lavoro dei dipendenti addetti a un ramo d’azienda trasferito si svolgono senza soluzione di continuità con l’impresa del cessionario; essi mantengono i diritti acquisiti durante il rapporto con il cedente, e il cessionario è responsabile in solido per i crediti di lavoro sorti precedentemente al trasferimento, salvo diverso accordo. Inoltre, ai rapporti di lavoro si applicano, fino alla scadenza, i contratti collettivi applicati dal cedente – salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario – e i lavoratori, nel caso in cui subiscano sostanziali modifiche alla disciplina del proprio rapporto di lavoro nei tre mesi successivi al trasferimento, possono rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa.

In tal caso, il datore di lavoro aveva ceduto una serie di beni strumentali al preteso cessionario, e ha stipulato con quest’ultimo un contratto di appalto.

Diversamente da quanto stabilito dalle corti territoriali, la Cassazione ha escluso la possibilità di configurare il trasferimento del ramo di azienda, mancando “l’autonomia e l’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita”; elemento che, peraltro, si desume dalla ”continua interazione necessaria per la realizzazione dell’attività ceduta, non svolta in autonomia, in continuo collegamento (…) con i programmi informatici necessari rimasti in proprietà esclusiva dell’impresa cedente e senza i quali non sarebbe stato possibile l’espletamento del servizio”.

 

il testo della decisione

  • Sent. 1316_2017 Cass
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-01 19:32:162019-11-04 16:50:43Sul trasferimento di ramo d'azienda
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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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