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Archivio per categoria: Normativa

La riforma del terzo settore

8 Agosto 20160 Commenti-da admin

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 2016, la legge n. 106 del 6 giugno 2016 che delega il Governo alla riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.

La legge delega definisce il terzo settore “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”, specificando che non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di  categorie economiche e alle fondazioni bancarie.

L’intervento legislativo ha il fine di “sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione”.

Per il raggiungimento di tali fini, il Governo è delegato ad adottare, entro i prossimi dodici mesi uno o più decreti legislativi che provvedano:

  1.  alla revisione della disciplina contenuta nel titolo II del libro primo del codice civile delle associazioni, delle fondazioni e delle altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute;
  2. al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del terzo settore, compresa la disciplina tributaria, mediante la redazione di un apposito codice del terzo settore;
  3. alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale definita come organizzazione privata che svolge attività d’impresa per le medesime finalità caratterizzanti il terzo settore, destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti isoggetti interessati alle sue attività;
  4.  alla revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale.
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Normativa in Normativa

Il decreto sui “furbetti del cartellino”

8 Agosto 20160 Commenti-da admin

Il d.lgs. n. 116/2016, recante “Modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, è stato pubblicato nella G.U. n. 149 del 28 giugno 2016.

La riforma modifica l’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001 in tema di licenziamento disciplinare, introducendo la definizione di “falsa attestazione della presenza in servizio”.

Per il nuovo comma 1-bis integra la falsa attestazione “qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso”.

Per le condotte accertate in flagranza ovvero mediante  strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, è prevista l’immediata  sospensione cautelare senza stipendio del dipendente (viene fatto salvo il solo assegno alimentare).

La sospensione è disposta con provvedimento motivato, senza obbligo di preventiva audizione del dipendente, entro quarantotto ore dalla conoscenza del condotta fraudolenta.

L’esercizio del diritto di difesa del lavoratore è garantito dall’introduzione del nuovo comma 3-ter in cui si prevede che il provvedimento di sospensione debba contenere la contestazione per iscritto dell’addebito e la convocazione del dipendente per l’audizione orale, dando allo stesso un preavviso di almeno quindici giorni; termine entro il quale il dipendente convocato può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio per un periodo non superiore a cinque  giorni.

Il procedimento deve essere concluso entro trenta giorni dalla  ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito.

Si noti che la violazione dei termini individuati dalle disposizioni non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità della sanzione  irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 55-bis, comma 4, d. lgs. 165/2001.

Si precisa, infine, che le disposizioni in parola si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data di entrata in  vigore del decreto e cioè a far data dal 13 luglio 2016.

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Normativa in Normativa

Novità sul confine fra appalto e trasferimento d’azienda

8 Agosto 20160 Commenti-da admin

La legge Europea 2015-2016, approvata definitivamente il 30 giugno 2016 dalla Camera dei deputati è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 158 dell’otto luglio 2016.

La legge citata, che interviene su una pluralità di materie in esecuzione degli obblighi comunitari, all’art. 30 prevede una importante modifica del comma 3 dell’art. 29 del d.lgs. 276/2003.

Il citato art. 29 prevedeva che l’acquisizione di personale già impiegato nell’appalto da parte del nuovo appaltatore non costituisse trasferimento d’azienda o di parte d’azienda.

La modifica si è resa necessaria giacché i servizi della Commissione europea (caso EU Pilot 7622/15/EMPL), hanno valutato la precedente formulazione in contrasto con la direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, “concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti“.

In particolare, sempre secondo la Commissione, la violazione deriva dall’interpretazione della norma data dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale è esclusa la configurazione del subentro nell’appalto come trasferimento d’azienda o di parte d’azienda in tutti i casi in cui il medesimo subentro non è accompagnato (oltre che dal passaggio del personale) da un trasferimento di beni di “non trascurabile entità”.

Al fine di limitare l’ampiezza della precedente disposizione e di renderla più aderente alla normativa comunitaria si è in tal modo riformulato il predetto comma prevedendo che, per l’esclusione della fattispecie del trasferimento di azienda o di parte d’azienda in caso di subentro nell’appalto, è necessaria la presenza “di elementi di discontinuità, che determinano una specifica identità di impresa” e la condizione che il nuovo appaltatore sia dotato di una “propria struttura organizzativa ed operativa”.

Alla luce della nuova disciplina può ipotizzarsi un ampliamento della fattispecie del trasferimento d’azienda a scapito della successione nell’appalto, con importanti ricadute sulla gestione dei rapporti di lavoro.

Si precisa che il provvedimento è entrato in vigore lo scorso 23 luglio.

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Normativa in Normativa

Il distacco transfrontaliero

8 Agosto 20160 Commenti-da admin

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2016 il d.lgs. n. 136 del 17 luglio 2016, di attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE che disciplina il distacco transfrontaliero e modifica il regolamento UE n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.

Il suddetto decreto si applica, dunque, alle imprese e alle agenzia di somministrazione stabilite in un altro Stato membro che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa (anche appartenente allo stesso gruppo) o di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario.

Venendo alle disposizioni di particolare rilevanza, all’art. 3 sono individuati gli elementi da valutare per l’accertamento della genuinità del distacco; in particolare al comma 2 vengono indicati gli elementi principali cui vanno uniti quelli indicati al successivo comma 3.

Vediamo dunque i suddetti elementi:

  1.  il luogo  in  cui  l’impresa  ha  la  propria  sede  legale  e amministrativa, i propri uffici, reparti o unità produttive;
  2. il luogo  in  cui  l’impresa è  registrata  alla  Camera  di commercio, industria, artigianato e agricoltura o, ove sia  richiesto in ragione dell’attività svolta, ad un albo professionale;
  3. il luogo in cui i lavoratori sono assunti e quello da cui sono distaccati;
  4.  la disciplina applicabile ai contratti  conclusi  dall’impresa distaccante con i suoi clienti e con i suoi lavoratori;
  5. il luogo  in  cui  l’impresa  esercita  la  propria  attività economica principale e in  cui  risulta  occupato  il  suo  personale amministrativo;
  6.  il numero dei contratti eseguiti o l’ammontare  del  fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro di  stabilimento,  tenendo conto della specificità delle piccole e medie imprese e di quelle di nuova costituzione;
  7.  il  contenuto,  la  natura  e  le  modalità  di  svolgimento dell’attività lavorativa e la retribuzione del lavoratore;
  8.  la circostanza che il  lavoratore  eserciti  abitualmente,  ai sensi del regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I), la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
  9. la temporaneità dell’attività lavorativa svolta in Italia;
  10. la data di inizio del distacco;
  11.  la circostanza che il lavoratore sia tornato o si preveda  che torni a prestare la sua attività nello Stato membro da cui è  stato distaccato;
  12.  la circostanza  che  il  datore  di  lavoro  che  distacca  il lavoratore provveda alle spese di viaggio,  vitto  o  alloggio  e  le modalità di pagamento o rimborso;
  13.  eventuali periodi precedenti in cui la medesima  attività  è stata svolta dallo stesso o da un altro lavoratore distaccato;
  14.  l’esistenza del  certificato  relativo  alla  legislazione  di sicurezza sociale applicabile;
  15.  ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.

Il regime sanzionatorio in caso di distacco non autentico, regolato sempre all’art. 3, cc. 4 e 5, prevede che il lavoratore venga considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione e una sanzione amministrativa di importo pari a 50  euro  per  ogni  lavoratore  occupato  e  per  ogni giornata di occupazione sia per l’impresa distaccante che per l’utilizzatrice.

Tale sanzione viene aumentata nel casi di distacco di lavoratore minore, prevedendo la  pena dell’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione aumentata fino a sei volte.

Gli artt. 4 e 5 dettano disposizioni a tutela del lavoratore distaccato, prevedendo per quest’ultimo la parità di trattamento rispetto ai lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco e l’applicazione del regime di responsabilità solidale previsto agli artt. 1676 cod. civ. e 29, c. 2, d.lgs. n. 276/2003 e, per il caso di somministrazione, all’art. 35, c. 2, d.lgs. n. 81/2015 nonché la possibilità di far valere tali diritti in sede amministrativa e giudiziale.

L’art. 10 detta, infine, una serie di obblighi per l’impresa distaccante tra cui i principali sono:

– l’obbligo di inviare una comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, contenente una serie di dati indicati all’art. 10,entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l’inizio del periodo di distacco.

– l’obbligo di tenuta e conservazione durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, del contratto di lavoro, dei prospetti paga, dei prospetti che indicano l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, della documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, della comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro e del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;

– l’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti nonché un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali.

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Normativa in Normativa

Lo schema del decreto correttivo del Jobs Act

19 Giugno 20160 Commenti-da admin

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti ha approvato in via preliminare un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2016, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, ai sensi dell’art. 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Nello specifico, di seguito si dà conto delle modifiche apportate ai cinque decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, cosiddetta Jobs Act.

Decreto legislativo n. 81 del 2015

Le modifiche apportate riguardano il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher) e sono essenzialmente due:

  • La prima modifica è volta a garantire la piena tracciabilità dei voucher. Mutuando la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente, si prevede che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione di lavoro accessorio, a comunicare alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. I committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui al primo periodo, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni. In caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la medesima sanzione prevista per il lavoro intermittente ovvero la sanzione amministrativa da euro 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Si specifica, inoltre, che, trattandosi di violazione non sanabile a posteriori, non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
  • La seconda esclude il settore agricolo dall’applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori a 2.000 euro per ciascun committente. L’esclusione è motivata dal fatto che l’utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro per lavoratore, anche ad ulteriori limiti secondo i quali in agricoltura il lavoro accessorio è utilizzabile nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado o in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università e per le attività agricole svolte a favore dei piccoli produttori agricoli (che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7.000 euro).

Decreto legislativo n. 148 del 2015

Le modifiche apportate riguardano:

  • L’espressa previsione della possibilità di trasformare i contratti di solidarietà «difensivi» in contratti di solidarietà «espansivi», così da favorire l’incremento degli organici e l’inserimento di nuove competenze.

La trasformazione può riguardare i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno dodici mesi nonché quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016, a prescindere dal fatto che siano in corso da dodici mesi o meno, e dovrà avvenire nelle forme previste per la stipula dei contratti di solidarietà espansivi.

La trasformazione non può prevedere una riduzione d’orario superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione salariale originaria. L’integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali e i lavoratori beneficiano dell’accredito contributivo figurativo.

Inoltre, si stabilisce che le quote di trattamento di fine rapporto relative alla retribuzione persa maturate durante il periodo di solidarietà restino a carico della gestione previdenziale di afferenza e che la contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro sia ridotta del 50%.

  • La possibilità che, per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti imprese di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale, possa essere concessa a domanda e con decreto interministeriale, la reiterazione della riduzione contributiva di cui  all’articolo 6, comma 4, del decreto legge n. 510 del 1996 per la durata stabilita dalla commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal comma 4 dello stesso articolo 42 e comunque entro il limite di 24 mesi. All’onere derivante dalla concessione della riduzione contributiva in esame si provvede entro il limite di spesa previsto dal comma 5 e i decreti di concessione sono soggetti a monitoraggio finalizzato al rispetto del limite di spesa.
  • La possibilità anche per l’ISFOL (che assume la denominazione di INAPP) di accedere ai dati elementari detenuti dall’ISTAT, dall’INPS, dall’INAIL, dall’Agenzia delle entrate e da altri enti e amministrazioni.

Decreti legislativi n. 149 e 150 del 2015

La modifica al decreto legislativo n. 149 del 2015 consente, almeno nella fase di avvio, l’allocazione della sede dell’Ispettorato presso un immobile in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali seppure non di proprietà dello stesso. La modifica consente, inoltre, in prospettiva, all’Ispettorato di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale.

Si prevede poi che l’ISFOL, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, cambi denominazione e assuma quella di Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), maggiormente corrispondente ai compiti di monitoraggio e valutazione svolti dall’Istituto.

Sempre con riferimento all’ISFOL si sopprime il «ruolo ad esaurimento» previsto per i dipendenti ISFOL che transitano nei ruoli ANPAL, al fine di evitare che i lavoratori possano vedere pregiudicate le loro prospettive di carriera, in particolare la partecipazione alle procedure per ottenere un superiore inquadramento.

Con riferimento al decreto legislativo n. 150 del 2015 si prevede che l’ANPAL effettui la verifica dei residui passivi a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo. Con decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero e dell’economia e delle finanze, in seguito alle verifiche effettuate dall’ANPAL, verranno individuale le risorse da disimpegnare che nella misura del 50 per cento confluiscono in una gestione a stralcio per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Si modificano in parte le funzioni attribuite all’ANPAL. Da un lato, si chiarisce quali sono i servizi per il lavoro che rientrano nelle competenze dell’ANPAL tramite il rinvio ai servizi e alle misure di politica attiva elencate nell’articolo 18 dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015, dall’altro, si aggiunge la competenza relativa al coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.

Si precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, dai quali il lavoratore ricava redditi di ammontare esiguo, tali da non superare la misura del reddito c.d. non imponibile (corrispondente ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

Infine, si modifica l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevede espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l’autorizzazione all’attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.

Decreto legislativo n. 151 del 2015

Vengono disposte le seguenti modifiche alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità:

  1. a) si precisa che la computabilità dei lavoratori già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, riguarda i lavoratori che abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60 per cento.
  2. b) si lega l’importo delle sanzioni di cui all’articolo 15 della legge n. 68 del 1999 (relative alla violazione dell’obbligo di invio del prospetto informativo e alla mancata copertura della quota d’obbligo) alla misura del contributo esonerativo previsto dall’articolo 5, comma 3-bis, della medesima legge;
  3. c) si chiarisce che per le violazioni relative alla mancata copertura della quota d’obbligo è applicabile la procedura della diffida, che in tal caso dispone, in relazione alla quota d’obbligo non coperta, la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro con la persona avviata dagli uffici competenti;
  4. d) si prevede che gli importi delle sanzioni amministrative di cui articolo 15, comma 1, (violazione dell’obbligo di invio del prospetto informativo) sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

La modifica all’articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300 in materia di controlli a distanza è conseguente all’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni già esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro. In particolare, si chiarisce che, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali dell’Ispettorato, qualora non si raggiunga l’accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati, in alternativa, previa autorizzazione della sede territoriale o della sede centrale dell’Ispettorato.

In ogni caso, si chiarisce che i provvedimenti autorizzatori adottati dall’Ispettorato sono definitivi per cui non è possibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchico. Ciò deriva dal fatto che i provvedimenti autorizzatori sono adottati tanto dalle sedi territoriali, quanto, a scelta delle imprese che hanno unità produttive dislocate in più ambiti territoriali, dalla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Pertanto, mentre per i provvedimenti delle sedi territoriali, si potrebbe ipotizzare un ricorso alla sede centrale, nei confronti dei provvedimenti di quest’ultima non è possibile individuare un superiore gerarchico. Infatti, il rapporto che lega l’Ispettorato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali si qualifica come rapporto di vigilanza e non gerarchico.

La modifica alla disciplina delle dimissioni ha lo scopo di chiarire che la procedura in materia di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, così come la precedente procedura disciplinata dalla legge n. 92 del 2012, non trova applicazione nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. E ciò in considerazione del fatto che la ratio dell’intervento normativo di cui all’articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015 è principalmente quella di contrastare la pratica delle c.d. dimissioni in bianco, pratica che non risulta presente nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

schema di decreto correttivo del Jobs Act

  • Schema di decreto correttivo Jobs Act-
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Normativa in Normativa

I primi correttivi al Jobs Act

14 Giugno 20160 Commenti-da admin

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti ha approvato in via preliminare un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2016, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, ai sensi dell’art. 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Nello specifico, di seguito si dà conto delle modifiche apportate ai cinque decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, cosiddetta Jobs Act.

Decreto legislativo n. 81 del 2015

Le modifiche apportate riguardano il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher) e sono essenzialmente due:

  • La prima modifica è volta a garantire la piena tracciabilità dei voucher. Mutuando la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente, si prevede che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione di lavoro accessorio, a comunicare alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. I committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui al primo periodo, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni. In caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la medesima sanzione prevista per il lavoro intermittente ovvero la sanzione amministrativa da euro 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Si specifica, inoltre, che, trattandosi di violazione non sanabile a posteriori, non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
  • La seconda esclude il settore agricolo dall’applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori a 2.000 euro per ciascun committente. L’esclusione è motivata dal fatto che l’utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro per lavoratore, anche ad ulteriori limiti secondo i quali in agricoltura il lavoro accessorio è utilizzabile nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado o in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università e per le attività agricole svolte a favore dei piccoli produttori agricoli (che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7.000 euro).

Decreto legislativo n. 148 del 2015

Le modifiche apportate riguardano:

  • L’espressa previsione della possibilità di trasformare i contratti di solidarietà «difensivi» in contratti di solidarietà «espansivi», così da favorire l’incremento degli organici e l’inserimento di nuove competenze.

La trasformazione può riguardare i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno dodici mesi nonché quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016, a prescindere dal fatto che siano in corso da dodici mesi o meno, e dovrà avvenire nelle forme previste per la stipula dei contratti di solidarietà espansivi.

La trasformazione non può prevedere una riduzione d’orario superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione salariale originaria. L’integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali e i lavoratori beneficiano dell’accredito contributivo figurativo.

Inoltre, si stabilisce che le quote di trattamento di fine rapporto relative alla retribuzione persa maturate durante il periodo di solidarietà restino a carico della gestione previdenziale di afferenza e che la contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro sia ridotta del 50%.

 

  • La possibilità che, per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti imprese di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale, possa essere concessa a domanda e con decreto interministeriale, la reiterazione della riduzione contributiva di cui  all’articolo 6, comma 4, del decreto legge n. 510 del 1996 per la durata stabilita dalla commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal comma 4 dello stesso articolo 42 e comunque entro il limite di 24 mesi. All’onere derivante dalla concessione della riduzione contributiva in esame si provvede entro il limite di spesa previsto dal comma 5 e i decreti di concessione sono soggetti a monitoraggio finalizzato al rispetto del limite di spesa.

 

  • La possibilità anche per l’ISFOL (che assume la denominazione di INAPP) di accedere ai dati elementari detenuti dall’ISTAT, dall’INPS, dall’INAIL, dall’Agenzia delle entrate e da altri enti e amministrazioni.

Decreti legislativi n. 149 e 150 del 2015

La modifica al decreto legislativo n. 149 del 2015 consente, almeno nella fase di avvio, l’allocazione della sede dell’Ispettorato presso un immobile in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali seppure non di proprietà dello stesso. La modifica consente, inoltre, in prospettiva, all’Ispettorato di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale.

Si prevede poi che l’ISFOL, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, cambi denominazione e assuma quella di Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), maggiormente corrispondente ai compiti di monitoraggio e valutazione svolti dall’Istituto.

Sempre con riferimento all’ISFOL si sopprime il «ruolo ad esaurimento» previsto per i dipendenti ISFOL che transitano nei ruoli ANPAL, al fine di evitare che i lavoratori possano vedere pregiudicate le loro prospettive di carriera, in particolare la partecipazione alle procedure per ottenere un superiore inquadramento.

 

Con riferimento al decreto legislativo n. 150 del 2015 si prevede che l’ANPAL effettui la verifica dei residui passivi a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo. Con decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero e dell’economia e delle finanze, in seguito alle verifiche effettuate dall’ANPAL, verranno individuale le risorse da disimpegnare che nella misura del 50 per cento confluiscono in una gestione a stralcio per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Si modificano in parte le funzioni attribuite all’ANPAL. Da un lato, si chiarisce quali sono i servizi per il lavoro che rientrano nelle competenze dell’ANPAL tramite il rinvio ai servizi e alle misure di politica attiva elencate nell’articolo 18 dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015, dall’altro, si aggiunge la competenza relativa al coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.

Si precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, dai quali il lavoratore ricava redditi di ammontare esiguo, tali da non superare la misura del reddito c.d. non imponibile (corrispondente ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

Infine, si modifica l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevede espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l’autorizzazione all’attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.

Decreto legislativo n. 151 del 2015

Vengono disposte le seguenti modifiche alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità:

  1. a) si precisa che la computabilità dei lavoratori già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, riguarda i lavoratori che abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60 per cento.
  2. b) si lega l’importo delle sanzioni di cui all’articolo 15 della legge n. 68 del 1999 (relative alla violazione dell’obbligo di invio del prospetto informativo e alla mancata copertura della quota d’obbligo) alla misura del contributo esonerativo previsto dall’articolo 5, comma 3-bis, della medesima legge;
  3. c) si chiarisce che per le violazioni relative alla mancata copertura della quota d’obbligo è applicabile la procedura della diffida, che in tal caso dispone, in relazione alla quota d’obbligo non coperta, la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro con la persona avviata dagli uffici competenti;
  4. d) si prevede che gli importi delle sanzioni amministrative di cui articolo 15, comma 1, (violazione dell’obbligo di invio del prospetto informativo) sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

La modifica all’articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300 in materia di controlli a distanza è conseguente all’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni già esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro. In particolare, si chiarisce che, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali dell’Ispettorato, qualora non si raggiunga l’accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati, in alternativa, previa autorizzazione della sede territoriale o della sede centrale dell’Ispettorato.

In ogni caso, si chiarisce che i provvedimenti autorizzatori adottati dall’Ispettorato sono definitivi per cui non è possibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchico. Ciò deriva dal fatto che i provvedimenti autorizzatori sono adottati tanto dalle sedi territoriali, quanto, a scelta delle imprese che hanno unità produttive dislocate in più ambiti territoriali, dalla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Pertanto, mentre per i provvedimenti delle sedi territoriali, si potrebbe ipotizzare un ricorso alla sede centrale, nei confronti dei provvedimenti di quest’ultima non è possibile individuare un superiore gerarchico. Infatti, il rapporto che lega l’Ispettorato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali si qualifica come rapporto di vigilanza e non gerarchico.

La modifica alla disciplina delle dimissioni ha lo scopo di chiarire che la procedura in materia di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, così come la precedente procedura disciplinata dalla legge n. 92 del 2012, non trova applicazione nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. E ciò in considerazione del fatto che la ratio dell’intervento normativo di cui all’articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015 è principalmente quella di contrastare la pratica delle c.d. dimissioni in bianco, pratica che non risulta presente nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

 

Comunicato Stampa CDM n. 119 del 10.6.16

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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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