Dimissioni per fatti concludenti? No, è licenziamento illegittimo.
Trib. Trento, sez. lav., 5 giugno 2025, n. 87
Si discute molto della recente decisione del Tribunale di Trento, fra le prime ad applicare le nuove regole sulle c.d. dimissioni di fatto (art. 19, l. n. 203/2024).
Il Giudice ha ritenuto che la nuova fattispecie delle dimissioni non trovi applicazione.
Il caso riguardava il ricorso di una lavoratrice contro la cessazione del rapporto intervenuta dopo che la datrice di lavoro aveva effettuato la comunicazione all’Ispettorato della risoluzione per volontà della dipendente in seguito al superamento del termine massimo di assenza ingiustificata previsto dal contratto collettivo.
Il Tribunale di Trento, accertato che la fattispecie delle c.d. dimissioni per fatti concludenti non si era realizzata, ha riqualificato la vicenda come un licenziamento illegittimo, come richiesto dalla ricorrente. La datrice di lavoro, in particolare, aveva computato fra le assenze ingiustificate rilevanti per il superamento del termine anche giornate di assenza precedenti all’entrata in vigore della disciplina, che quando erano state realizzate potevano avere valenza solo ai fini disciplinari e non anche a quelli della risoluzione del rapporto, e inoltre aveva computato anche l’assenza in un giorno festivo.
Quanto al tipo di illegittimità del licenziamento, il Tribunale ha ritenuto trattarsi di un licenziamento orale, applicando la reintegrazione piena: infatti, la comunicazione della cessazione per dimissioni di fatto non poteva valere come intimazione di licenziamento, per quanto viziata, dal momento che in essa mancava qualsiasi manifestazione di volontà risolutiva, realizzatasi soltanto con il rifiuto di ricevere la prestazione di lavoro, ritualmente offerta dalla ricorrente con l’impugnazione del recesso.