Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e procedura conciliativa
Cass civ., sez. lav., 10 giugno 2025, n. 15513
Una significativa sentenza di Cassazione ha affermato che non sempre l’effetto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo retroagisce al momento dell’avvio della procedura conciliativa prevista dall’art. 7 della l. n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, co. 41, l. n. 92/2012.
La decisione riguarda il caso di un lavoratore che aveva proposto istanza all’INPS di congedo biennale ex art. 42, d.lgs. n. 151/2001 nelle more dell’espletamento della procedura conciliativa. Il datore di lavoro, a sua volta, l’aveva collocato in ferie per la durata della procedura e comunicato il recesso all’esito negativo di questa. L’INPS aveva rigettato l’istanza in quanto questa era stata presentata in un momento in cui non era in corso un rapporto di lavoro, dal momento che questo si era estinto retroattivamente all’esito del tentativo di conciliazione.
La Suprema Corte ha cassato la sentenza di Appello che aveva confermato l’estinzione del rapporto fin dall’avvio della procedura. Secondo la Cassazione, dal momento che la legge prevede che il periodo eventualmente lavorato durante la procedura debba essere considerato come preavviso lavorato, è necessario distinguere il momento in cui il recesso acquista “rilevanza giuridica” e quello in cui si realizza l’effetto estintivo del rapporto: il legislatore, infatti, in questo modo mostra di considerare ancora esistente il rapporto di lavoro durante la procedura, come testimonia anche il fatto che perché si realizzi il recesso dopo il tentativo di conciliazione è necessaria una ulteriore comunicazione di licenziamento.
Se la “rilevanza giuridica” è sempre retroattiva, l’effetto estintivo può non esserlo nel caso in cui il datore comunichi la volontà di licenziare con preavviso o comunque non interrompa il rapporto durante la procedura: così, dal momento che il ricorrente era stato collocato in ferie, il rapporto non doveva ritenersi estinto retroattivamente al momento in cui era stata proposta l’istanza di congedo. Di conseguenza, i giudici di Appello avrebbero dovuto valutare se quest’ultima avesse realizzato una sospensione del rapporto, tale da impedirne l’estinzione al termine della procedura conciliativa.