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Archivio per categoria: Giurisprudenza

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Danno biologico per uso non corretto del cellulare

1 Maggio 20170 Commenti-da admin

Trib. Firenze, 21.4.2017 – Danno biologico da uso improprio del cellulare

Una recentissima sentenza del Tribunale di Firenze ha riconosciuto la sussistenza del nesso di causa tra l’uso non corretto del cellulare, da parte di un lavoratore, e l’insorgere di un neurinoma, ovvero di un tumore benigno del nervo acustico.

Per tale motivo, il Tribunale ha condannato l’INAIL a corrispondere una rendita da malattia professionale a un addetto alle vendite che, per adempiere alla propria prestazione lavorativa, trascorreva al telefono circa tre ore al giorno.

A tal proposito, si rileva che il perito nominato dal Tribunale ha riconosciuto “l’elevata probabilità di una connessione tra l’uso del telefono cellulare e la malattia insorta”.

Tale orientamento giurisprudenziale era già stato adottato da altre pronunce di merito: si devono ricordare, a tal proposito, la decisione del 22 dicembre 2009 della Corte di Appello di Brescia, e più, di recente, la sentenza del Tribunale di Ivrea, del 30 marzo u.s.

Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sul tema (Cass., sez. lav., 12.10.2012, n. 17438) giungendo a conclusioni non dissimili da quelle ora tracciate dalla sentenza fiorentina.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2017/05/apple-flowers-iphone-desk.jpeg 3503 5254 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-05-01 11:40:002019-10-09 16:57:06Danno biologico per uso non corretto del cellulare
La Corte di Cassazione
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Diritto di critica e licenziamento illegittimo

9 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 17 gennaio 2017, n. 996 – Il diritto di critica nei confronti del datore di lavoro

Una dipendente era stata licenziata per aver presentato un esposto alla procura della Repubblica e al Ministro del Lavoro, criticando il proprio datore di lavoro a causa dell’improprio ricorso di quest’ultimo alla CIGS e alla mobilità.

La Cassazione ha rimarcato la necessità, affinché l’esercizio del diritto di critica sia legittimo, del rispetto del principio di continenza sostanziale – ossia, i fatti narrati devono corrispondere a verità –  e di quello di continenza formale – ergo, l’esposizione dei fatti deve avvenire misuratamente.

La Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento, precisando, peraltro, a proposito della continenza formale, che tale requisito richiede l’osservanza della correttezza e civiltà delle espressioni utilizzate, ma è “attenuato dalla necessità (…) di esprimere le proprie opinioni e la propria personale interpretazione dei fatti, anche con espressioni astrattamente offensive e soggettivamente sgradite alla persona cui sono riferite”.

 

il testo della decisione

  • Cass. 996_2017
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2015/05/Corte-cassazione.jpg 417 600 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-09 06:03:542019-10-09 16:57:53Diritto di critica e licenziamento illegittimo
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Le ferie dei dirigenti

9 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 26 gennaio 2017, n. 2000 – L’indennizzabilità delle ferie per i dirigenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2000/2017, rammenta un principio giurisprudenziale consolidato: solo il dirigente titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie, senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non ha diritto all’indennità sostitutiva nel caso in cui non fruisca dello periodo di riposo.

Nel caso di specie, i ricorrenti erano dirigenti medici di primo livello, e non avevano il potere di programmarsi le ferie e di attribuirsene il godimento; essi operavano in un’azienda ospedaliera e hanno chiesto che venisse loro riconosciuta l’indennità sostitutiva delle ferie.

D’altro canto, il CCNL applicato ai rapporti di tali dirigenti prevedeva che la monetizzazione dei periodi di riposo fosse disposta solo nel caso in cui questi ultimi non possano essere goduti a causa di esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente.

Tuttavia, ai dirigenti medici di primo livello si applica il principio generale, secondo cui il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati; “non si applica, invece, il principio secondo cui il dirigente che sia titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, ove non eserciti detto potere e non fruisca, quindi, del periodo di riposo, non ha diritto all’indennità sostituiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive, ostative alla suddetta fruizione”.

il testo della decisione

  • Sentenza_2000
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-09 06:00:552019-11-04 16:50:43Le ferie dei dirigenti
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Sul trasferimento di ramo d’azienda

1 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Corte Cass., 19 gennaio 2017, n. 1316 – Cessione di beni e trasferimento del ramo d’azienda

La Corte di Cassazione rammenta che l’elemento costitutivo ai fini dell’operatività della disposizione di cui all’art. 2112 cod. civ., sulla cessione del ramo d’azienda, è l’autonomia funzionale del ramo ceduto “ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionale ed organizzativo e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti”.

Nel caso di specie, era stata operata una rivendicazione da parte di un gruppo di dipendenti di un call center – a seguito dell’esternalizzazione di una parte dell’attività alla quale questi erano addetti – poiché tale operazione non era stata qualificata dalle parti come trasferimento di ramo d’azienda.

Si ricorda che, in base a quanto previsto dall’art. 2112 cod. civ., i rapporti di lavoro dei dipendenti addetti a un ramo d’azienda trasferito si svolgono senza soluzione di continuità con l’impresa del cessionario; essi mantengono i diritti acquisiti durante il rapporto con il cedente, e il cessionario è responsabile in solido per i crediti di lavoro sorti precedentemente al trasferimento, salvo diverso accordo. Inoltre, ai rapporti di lavoro si applicano, fino alla scadenza, i contratti collettivi applicati dal cedente – salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario – e i lavoratori, nel caso in cui subiscano sostanziali modifiche alla disciplina del proprio rapporto di lavoro nei tre mesi successivi al trasferimento, possono rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa.

In tal caso, il datore di lavoro aveva ceduto una serie di beni strumentali al preteso cessionario, e ha stipulato con quest’ultimo un contratto di appalto.

Diversamente da quanto stabilito dalle corti territoriali, la Cassazione ha escluso la possibilità di configurare il trasferimento del ramo di azienda, mancando “l’autonomia e l’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita”; elemento che, peraltro, si desume dalla ”continua interazione necessaria per la realizzazione dell’attività ceduta, non svolta in autonomia, in continuo collegamento (…) con i programmi informatici necessari rimasti in proprietà esclusiva dell’impresa cedente e senza i quali non sarebbe stato possibile l’espletamento del servizio”.

 

il testo della decisione

  • Sent. 1316_2017 Cass
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-01 19:32:162019-11-04 16:50:43Sul trasferimento di ramo d'azienda
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Ancora sul licenziamento della lavoratrice madre

1 Febbraio 20170 Commenti-da admin

Corte Cass., 26 gennaio 2017, n. 2004 – Licenziamento della lavoratrice madre per colpa grave

La Cassazione, in ossequio a una ricostruzione già adottata nella sentenza n. 19912/2011, ha affermato che, in virtù della previsione contenuta nell’art. 54 del d.lgs. n. 151/2001, per licenziare la lavoratrice madre nel periodo protetto, è necessaria una “colpa grave”; non è sufficiente la sussistenza di una giusta causa, ancorché prevista esplicitamente nel CCNL applicato dal datore di lavoro.

Nel caso di specie, la lavoratrice era stata trasferita in un ufficio ove non si era mai presentata, rimanendo assente ingiustificata per oltre sessanta giorni consecutivi. A seguito dell’irrogazione del licenziamento, la stessa aveva adito prima il tribunale e poi la Corte di appello; tuttavia, in entrambi i gradi, il ricorso era stato rigettato.

La Cassazione, invece, ha ritenuto che non sia sufficiente, al fine di configurare l’esistenza di una colpa grave della lavoratrice, la circostanza che la condotta della stessa integri giustificato motivo soggettivo o giusta causa.

Per tali motivi, la Corte ha rimesso la questione ai giudici di appello, affinché, con “adeguato rigore valutativo”, essi svolgano l’indagine circa l’effettiva sussistenza della colpa grave.

La gravità della condotta della dipendente, infatti, dev’essere tale da giustificare non solo la risoluzione del rapporto, ma anche l’esclusione di quel divieto di licenziamento posto dalla legge per attuare la tutela costituzionale della maternità e dell’infanzia.

 

 

il testo della decisione

  • 2004_17
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Giurisprudenza in Giurisprudenza

I quesiti referendari: le tre sentenze della Corte

1 Febbraio 20170 Commenti-da admin

La Corte costituzionale con le sentenze nn. 26, 27 e 28 del 27 gennaio 2017, ha dichiarato inammissibile il quesito referendario volto a modificare l’art. 18 Stat. lav., mentre si è pronunciata a favore dell’ammissibilità sia del quesito in tema di responsabilità solidale negli appalti, sia di quello sulla eliminazione dei c.d. voucher.

Le motivazioni sottese all’inammissibilità del primo quesito referendario – diretto a ripristinare la tutela reale in caso di licenziamento illegittimo – fanno aggio sulla natura manipolativa dello stesso; infatti, contrariamente alla funzione meramente abrogativa prevista dall’art. 75 Cost., esso, così come redatto dai proponenti, assume carattere propositivo.

Inoltre, la Consulta ha rilevato un difetto di univocità e omogeneità, poiché tale quesito aveva ad oggetto due distinte disposizioni, le quali, ancorché entrambe relative ai licenziamenti individuali, sono differenti, sia in relazione ai rapporti di lavoro ai quali si riferiscono che per il regime sanzionatorio previsto.  Per citare un passaggio significativo della sentenza n. 26/2017, “l’elettore in definitiva potrebbe desiderare che la reintegrazione torni a essere invocabile quale regola generale a fronte di un licenziamento illegittimo, ma resti confinata ai soli datori di lavoro che occupano più di quindici dipendenti in ciascuna unità produttiva o Comune, o ne impiegano complessivamente più di sessanta. Oppure potrebbe volere che quest’ultimo limite sia ridotto, ma che, anche per tale ragione, resti invece limitato l’impiego della tutela reale, da mantenere nei casi in cui è attualmente prevista. Il fatto che il quesito referendario lo obblighi ad un voto bloccato su  tematiche non sovrapponibili, (…) comporta un’ulteriore ragione di inammissibilità”.

Il secondo quesito posto all’attenzione della Consulta è quello inerente all’abrogazione dell’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003, in materia di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatori per crediti retributivi, previdenziali e assicurativi.

Quest’ultimo, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 27/2017, è ammissibile poiché “risponde ai requisiti di chiarezza, univocità e omogeneità, anche se formulato con la c.d. tecnica del ritaglio ”. Si ricorda che la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 26 e 28 del 2011, aveva già affermato la necessità della sussistenza di tali requisiti.

Il terzo quesito referendario, sul quale si è espressa la Consulta con la sentenza n. 28/2017, è volto all’abrogazione degli artt. 48 e 49 del d.lgs. n. 185/2016 in materia di lavoro accessorio, nonché dell’art. 50 del d.lgs. n. 81/2015 – ossia la disciplina dei voucher.

Anche tale ultimo quesito è stato dichiarato ammissibile; la Corte Costituzionale afferma che esso “non inerisce a disposizioni in cui possa essere attribuito il carattere di norma costituzionalmente necessaria, in quanto relativa alla materia del lavoro occasionale, che deve trovare obbligatoriamente una disciplina normativa. L’evoluzione dell’istituto, nel trascendere i caratteri di occasionalità dell’esigenza lavorativa cui era originariamente chiamato ad assolvere, lo ha reso alternativo a tipologie regolate da altri istituti giuslavoristici e quindi non necessario”.

Inoltre quest’ultimo, come il quesito precedente, rispetta i principi di chiarezza, omogeneità e uniformità.

 

Le tre sentenze della Corte costituzionale

  • Sentenza_26_2017
  • Sentenza_27_2017
  • Sentenza_28_2017
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-02-01 06:58:172019-11-04 16:50:43I quesiti referendari: le tre sentenze della Corte
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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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