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Archivio per categoria: Giurisprudenza

Corte costituzionale, jobs act e referendum

12 Gennaio 20170 Commenti-da admin

La Corte Costituzionale, in data 11 gennaio 2017, ha dichiarato inammissibile uno dei tre quesiti referendari proposti dalla organizzazione sindacale Cgil: a non passare il vaglio della Consulta, infatti, è stato quello relativo all’art. 18 stat. lav., volto al ripristino della tutela reintegratoria in caso di licenziamento illegittimo e all’estensione della stessa ai lavoratori di imprese con più di cinque dipendenti.

L’Avvocatura dello Stato aveva eccepito l’inammissibilità del quesito rilevando che il medesimo non poteva considerarsi abrogativo dell’art. 18 stat. lav., ma parzialmente propositivo, poiché si prevedeva l’estensione della tutela reintegratoria ai lavoratori dipendenti delle imprese con un requisito dimensionale diverso rispetto a quello previsto dall’attuale disciplina.

Si riproduce, di seguito, il testo del quesito non ammesso: Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza e dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” comma 1, limitatamente alle parole “previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile”; comma 4, limitatamente alle parole: “per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili,” e alle parole “, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto” ; comma 5 nella sua interezza ; comma 6, limitatamente alla parola “quinto” e alle parole “, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi” e alle parole “, quinto o settimo”; comma 7, limitatamente alle parole “che il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” e alle parole “; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo”; comma 8, limitatamente alle parole “in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento”, alle parole “quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di” e alle parole “, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”.

Sono, invece, pienamente ammissibili gli altri due quesiti, diretti all’abrogazione delle disposizioni in materia di lavoro accessorio e di quelle volte a limitare la responsabilità solidale negli appalti (art. 29 del d.lgs. n. 276/2003).

Si riporta il testo dei due quesiti ammessi:

– Quesito sui “voucher”

Volete voi l’abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 ?

– Quesito sugli “appalti”

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 29 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, recante “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, comma 2, limitatamente alle parole “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti,” e alle parole “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori?

Le decisioni della Consulta sui tre quesiti saranno depositate entro il prossimo 10 febbraio.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-01-12 16:08:082019-11-04 16:50:43Corte costituzionale, jobs act e referendum
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Licenziamento e spaccio di droga

10 Gennaio 20170 Commenti-da admin

La Cassazione, con la sentenza n. 24023 del 24 novembre 2016, ha affermato la legittimità del licenziamento del dipendente condannato penalmente per spaccio di droga.

A tal proposito, si ricorda un orientamento consolidato della Corte di Cassazione, in base al quale il lavoratore non è soltanto tenuto a fornire la prestazione richiesta, ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti lesivi degli interessi morali e materiali del datore di lavoro.

Con riferimento al licenziamento per giusta causa, l’onere di allegazione dell’incidenza del comportamento extralavorativo sul rapporto di lavoro, con conseguente compromissione del vincolo fiduciario, può essere assolto dal datore di lavoro con la specifica deduzione del fatto in sé; ciò avviene quando il fatto abbia un riflesso, anche solo potenziale, ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto, compromettendo le aspettative di un futuro puntuale adempimento.

Tale condizione si verifica qualora il comportamento sia talmente grave, a causa della contrarietà alle norme dell’etica e del vivere comuni, da connotare la figura morale del lavoratore; tanto più se quest’ultimo è inserito in un ufficio di rilevanza pubblica a contatto con utenti.

il testo della sentenza

  • sent n. 24023 2016
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-01-10 14:39:142019-11-04 16:50:43Licenziamento e spaccio di droga
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Licenziamento collettivo e criteri di scelta

10 Gennaio 20170 Commenti-da admin

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 25554 del 13 dicembre 2016, i licenziamenti collettivi, adottati sulla base dei criteri legali di cui all’art. 5, comma 1, l. n. 223/1991, sono illegittimi nel caso in cui manchi l’indicazione, nella comunicazione prevista dall’art. 4, comma 9 della l. n. 223/19991, delle modalità applicative di tali criteri di scelta.

La Corte ravvisa una “carenza di trasparenza delle scelte datoriali”, se, in presenza di criteri in concorso tra loro, il datore di lavoro non indichi, nella comunicazione rivolta alle organizzazioni sindacali e agli enti amministrativi, la concreta modalità di attribuzione dei punteggi ai singoli lavoratori.

Tale mancanza, infatti, priva il lavoratore della tutela prevista dalla norma, poiché “la scelta effettuata dal datore di lavoro non è raffrontabile con alcun criterio oggettivamente predeterminato”.

La Corte ha ravvisato, dinnanzi a questa omissione, un’assoluta discrezionalità da parte del datore di lavoro nella scelta dei lavoratori da licenziare.

In tal caso, il regime sanzionatorio previsto è quello dell’art. 18, comma 7, stat. lav., ossia l’indennità risarcitoria onnicomprensiva tra dodici e ventiquattro mensilità commisurate sull’ultima retribuzione globale di fatto.

il testo della sentenza

  • Cass 25554 del 2016
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-01-10 14:36:592019-11-04 16:50:43Licenziamento collettivo e criteri di scelta
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Licenziamento motivato dal profitto?

10 Gennaio 20170 Commenti-da admin

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 25201 del 7 dicembre 2016, ha affermato la legittimità del provvedimento di licenziamento, qualora quest’ultimo sia giustificato dalla necessità di razionalizzare le procedure produttive al fine di innalzare il profitto aziendale.

Tale ricostruzione assume argomentazioni diverse da quelle del diverso (e più diffuso) orientamento giurisprudenziale, secondo cui il giustificato motivo oggettivo presuppone che il datore di lavoro debba “far fronte a sfavorevoli e non meramente contingenti situazioni influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva” ovvero che il licenziamento sia irrogato “per sostenere spese di carattere straordinario”.

Secondo quanto affermato dalla Cassazione, “concedere” all’imprenditore la possibilità di sopprimere una specifica funzione aziendale solo in caso di crisi economica o di necessità di riduzione dei costi rappresenta “un limite gravemente vincolante l’autonomia di gestione dell’impresa, garantita costituzionalmente”.

Pur essendo pacifico, in base a quanto previsto dall’art. 41 Cost., che il legislatore debba determinare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali, non sussiste alcun dubbio che la decisione in merito alla dimensione occupazionale dell’azienda debba spettare all’imprenditore. Tale scelta è sicuramente libera nel momento genetico dell’attività imprenditoriale, e, allo stesso modo, deve mantenersi libera durante lo svolgimento della stessa.

 

il testo della sentenza

  • Cass 25201 del 2016
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-01-10 14:33:252019-11-04 16:50:43Licenziamento motivato dal profitto?
Giurisprudenza in Giurisprudenza

L’autenticità del giustificato motivo oggettivo

2 Gennaio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 5 dicembre 2016, n. 24803 – verifica delle ragioni addotte in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo

In linea con una giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione richiama, nella sentenza n. 24803/ 2016, il seguente principio di diritto: in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro.

A tal fine, appare sufficiente e necessario l’accertamento dell’effettività della riorganizzazione addotta, ma non è consentito il sindacato sulla scelta dell’an e del quomodo.

Il licenziamento è illegittimo se si accerta giudizialmente l’insussistenza della riorganizzazione, ovvero nel caso in cui manchi una soppressione stabile e duratura – non a carattere contingente – del reparto presso cui era occupato il lavoratore licenziato; in quest’ultima ipotesi, è necessaria altresì, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio da parte del datore di lavoro, una precisa indicazione dei contorni della contrazione dell’attività svolta da tale reparto.

 

 

 

il testo della sentenza

  • sent 24803 del 2016
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-01-02 11:44:342019-11-04 16:50:43L'autenticità del giustificato motivo oggettivo
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Ancora sui confini del trasferimento d’azienda

2 Gennaio 20170 Commenti-da admin

Cass., sez. lav., 6 dicembre 2016, n. 24972 – trasferimento di azienda

La sentenza n. 24972/2016 della Corte di Cassazione rammenta che, al fine di integrare la fattispecie del trasferimento di azienda, occorre che sia trasferito non soltanto il personale, ma anche un complesso di beni.

Dopo questa ovvia affermazione la Corte, che si occupa anche del sempre più complesso intreccio fra appalto e trasferimento d’azienda, precisa che un’azienda può comprendere anche beni immateriali; tuttavia è ben difficile che possa identificarsi con questi ultimi. La stessa nozione di azienda di cui all’art. 2555 cod. civ. evoca pur sempre la necessaria presenza di beni materiali organizzati tra loro, in funzione dell’esercizio dell’impresa.

Tale organizzazione, di fatto, è impraticabile nel caso di strutture fisiche di trascurabile entità o mancanti del tutto, poiché organizzare significa coordinare tra loro i vari fattori produttivi – capitale, beni materiali e lavoro – e non uno solo.

È innegabile che la giurisprudenza abbia sperimentato la massima dilatazione possibile della nozione di trasferimento di azienda, estendendola anche alla cessione che aveva ad oggetto un gruppo di dipendenti; tuttavia giova rimarcare che è necessario che i dipendenti siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, e che la loro autonoma capacità operativa sia assicurata dalla circostanza che essi siano dotati di un particolare know-how.

il testo della sentenza

  • Sent. n. 24972_ 2016
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 admin https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png admin2017-01-02 11:36:112019-11-04 16:50:43Ancora sui confini del trasferimento d'azienda
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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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