È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 30 giugno 2021 il testo del decreto legge 30 giugno 2021, n. 99 recante “Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese”.
L’art. 4 del decreto è dedicato alle misure in materia di tutela del lavoro.
Si prevede, in particolare, per i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili che, a decorrere dal 1° luglio 2021, sospendono o riducono l’attività lavorativa, la possibilità di presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto, domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale (Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario di cui agli articoli 19 e 20 del d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni in l. n. 27/2020) per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021, senza versamento del contributo addizionale.
Ai datori di lavoro appartenenti ai sopra indicati settori resta precluso fino al 31 ottobre 2021 l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della l. n. 223/1991 e sono sospese le procedure avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.
Fino al 31 ottobre 2021 è altresì preclusa ai datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3, l. 15 luglio 1966, n. 604), con sospensione delle procedure in corso di cui all’art. 7 della l. n. 604/1966.
Tali sospensioni e preclusioni non operano:
– nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
– nei casi in cui nel corso della liquidazionenon si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa (art. 2112 c.c.);
– nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo;
– nei casi di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione (art. 4, commi 2, 4 e 5).
Il decreto introduce inoltre nel decreto Sostegni bis (art. 40 bis, d.l. n. 73/2021) un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga, per un massimo di 13 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021, in favore dei datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (come individuati all’art. 8, comma 1, decreto Sostegni, d.l. n. 41/2021, convertito con modificazioni in l. n. 69/2021) e che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale previsti dal d.lgs. n. 148/2015.
Alle aziende che accedono al sopra indicato trattamento di integrazione salariale, per la durata del trattamento fruito entro il 31 dicembre 2021, è precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano sospese le procedure avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.
Nello stesso periodo, è preclusa ai datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3, l. n. 604/1966), con sospensione delle procedure in corso di cui all’art. 7 della l. n. 604/1966.
Anche in questo caso le sospensioni e le preclusioni non operano nelle ipotesi sopra citate (art. 4, comma 8).
INL: riattivazione delle procedure conciliative per licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo
da Admin2Con la nota n. 5186 del 16 luglio 2021 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito ai propri uffici territoriali chiarimenti ed indicazioni operative in merito alla riattivazione delle procedure di conciliazione per i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 7 della l. n. 604/1966.
Le istanze dovranno essere presentate con il nuovo modello contenente ulteriori informazioni che le parti dovranno fornire alla Commissione di conciliazione al fine di verificare la possibilità di ricorrere alla procedura conciliativa.
Allo stesso modo, per le istanze riguardanti le procedure di conciliazione di cui all’art. 7 della l. n. 604/1966 in corso al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 18/2020 (art. 46, d.l. n. 18/2020 come modificato dall’art. 80, comma 1, lett. a) del d.l. n. 34/2020) in considerazione della possibilità di accedere a misure di integrazione salariale che allungano il periodo di divieto, le aziende interessate dovranno reiterare l’istanza utilizzando il medesimo modello.
Ministero del Lavoro: le indicazioni per la trasmissione della comunicazione di avvio dello smart working
da Admin2Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la nota n. 2548 del 14 luglio 2021 ha informato le aziende circa le modalità di comunicazione di avvio dello smart-working durante il periodo emergenziale.
In particolare, il Ministero ha chiarito che la trasmissione della comunicazione di smart working deve essere eseguita esclusivamente utilizzando l’applicativo informatico disponibile sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, secondo le istruzioni tecnico-procedurali fornite.
Non sono ammesse modalità di trasmissione equipollenti all’utilizzo della piattaforma informatica: l’invio della comunicazione in oggetto a mezzo PEC non assolve l’adempimento prescritto dalla normativa vigente.
Legittimo il licenziamento del lavoratore che non indossa la mascherina perché teme che possa procurargli danni alla salute
da Admin2Con la sentenza dell’8 luglio 2021 il Tribunale di Trento ha affermato la legittimità del licenziamento irrogato ad una dipendente che aveva rifiutato di indossare la mascherina protettiva durante l’orario di servizio adducendo difficoltà respiratorie.
Il Tribunale, in particolare, ha osservato che la condotta del lavoratore che nell’attuale contesto emergenziale rifiuta di indossare la mascherina risulta tanto grave da integrare una violazione del vincolo fiduciario.
Tale comportamento risulta grave in primis sotto il punto di vista oggettivo, dal momento in cui le mascherine vengono considerate dal legislatore un dispositivo di protezione individuale (art. 16, comma 1, d.l. n. 18/2020) ed il persistente rifiuto da parte del lavoratore al loro utilizzo integra una violazione dell’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 81/2008.
Detto rifiuto appare censurabile anche da un punto di vista soggettivo in quanto il lavoratore antepone all’interesse generale (oltre che a quello di utenti e colleghi) proprie convinzioni personali che non trovano fondamento in conoscenze riconosciute dalla comunità scientifica perché sottoposte a severe verifiche.
Illegittimo il licenziamento del lavoratore che pone in essere l’illecito per assecondare i superiori
da Admin2Con la sentenza n. 19585 del 9 luglio 2021 la Corte di Cassazione ha affermato l’illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato al dipendente che ha commesso un illecito per assecondare le richieste avanzate dai suoi superiori.
Nel caso di specie la lavoratrice, su richiesta dei responsabili del punto vendita in cui era addetta, aveva omesso la registrazione di 22 acquisti, la consegna dei relativi scontrini ai clienti ed il versamento dei corrispettivi in cassa in tre giorni diversi.
La Cassazione, confermando la sentenza di merito, ha stabilito che la condotta del dipendente che si limita ad “assecondare” le richieste dei suoi superiori presuppone che il lavoratore abbia agito con un grado di colpa modesto.
Laddove detto comportamento sia stato punito con il recesso, la sanzione datoriale deve quindi essere considerata illegittima per insussistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo.
Trasferimento del lavoratore e oneri datoriali
da Admin2Con l’ordinanza n. 19143 del 6 luglio 2021 la Corte di Cassazione, pronunciandosi in materia di trasferimento del lavoratore, ha ribadito che il datore il lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede, non può legittimamente ricorrere al trasferimento se esistono modi equivalenti per soddisfare le medesime ragioni.
La Suprema Corte ha inoltre ricordato che il datore di lavoro, in difetto di una diversa previsione, non è tenuto a osservare alcun obbligo di forma per la comunicazione del provvedimento di trasferimento né a fornire al dipendente l’indicazione dei motivi della decisione, salvo che sia contestata in giudizio la legittimità del trasferimento.
In tale caso la parte datoriale ha l’onere di allegare e provare le fondate ragioni che hanno determinato il trasferimento, non potendo limitarsi a negare la sussistenza dei motivi di illegittimità oggetto di allegazione e richiesta probatoria di controparte.
In ogni caso, il controllo giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento datoriale, a norma dell’art. 2103 c.c., deve essere effettuato anche alla luce dei principi generali di correttezza e buona fede.
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto lavoro e imprese
da adminÈ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 30 giugno 2021 il testo del decreto legge 30 giugno 2021, n. 99 recante “Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese”.
L’art. 4 del decreto è dedicato alle misure in materia di tutela del lavoro.
Si prevede, in particolare, per i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili che, a decorrere dal 1° luglio 2021, sospendono o riducono l’attività lavorativa, la possibilità di presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto, domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale (Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario di cui agli articoli 19 e 20 del d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni in l. n. 27/2020) per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021, senza versamento del contributo addizionale.
Ai datori di lavoro appartenenti ai sopra indicati settori resta precluso fino al 31 ottobre 2021 l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della l. n. 223/1991 e sono sospese le procedure avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.
Fino al 31 ottobre 2021 è altresì preclusa ai datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3, l. 15 luglio 1966, n. 604), con sospensione delle procedure in corso di cui all’art. 7 della l. n. 604/1966.
Tali sospensioni e preclusioni non operano:
– nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
– nei casi in cui nel corso della liquidazionenon si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa (art. 2112 c.c.);
– nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo;
– nei casi di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione (art. 4, commi 2, 4 e 5).
Il decreto introduce inoltre nel decreto Sostegni bis (art. 40 bis, d.l. n. 73/2021) un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga, per un massimo di 13 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021, in favore dei datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (come individuati all’art. 8, comma 1, decreto Sostegni, d.l. n. 41/2021, convertito con modificazioni in l. n. 69/2021) e che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale previsti dal d.lgs. n. 148/2015.
Alle aziende che accedono al sopra indicato trattamento di integrazione salariale, per la durata del trattamento fruito entro il 31 dicembre 2021, è precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano sospese le procedure avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.
Nello stesso periodo, è preclusa ai datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3, l. n. 604/1966), con sospensione delle procedure in corso di cui all’art. 7 della l. n. 604/1966.
Anche in questo caso le sospensioni e le preclusioni non operano nelle ipotesi sopra citate (art. 4, comma 8).