Con ordinanza n. 21762 del 9 ottobre 2020, la Corte di Cassazione ha affermato che ai fini della competenza a decidere in ordine ad un licenziamento, occorre riferirsi alla sede legale dell’impresa e non al luogo della tentata conciliazione.
Nel caso di specie, il ricorso è stato introdotto dalla società datrice di lavoro davanti al tribunale di Bologna, ritenuto territorialmente competente in ragione della sede della società.
Il Tribunale di Bologna aveva valutato che la sede competente era da individuarsi in quella in cui era sorto il rapporto di lavoro ed in cui il lavoratore prestava la propria opera.
Non rilevante era ritenuta dal giudice la circostanza che la società avesse sede legale in Bologna in quanto nel verbale di accordo 22.6.2015 relativo al cambio appalto era specificato che la commessa riguardava un complesso aziendale di più città tra cui Cosenza, cui era adibito il lavoratore.
Il lavoratore, ai fini del radicamento della competenza a Cosenza, aveva richiamato la circostanza che il tentativo obbligatorio di conciliazione si era svolto in quella città.
La Cassazione ha ribadito che in tema di competenza territoriale derogabile, per la quale sussistano più criteri concorrenti (nella specie, quelli indicati nell’articolo 413 co. 2 c.p.c), grava sul convenuto che eccepiscal’incompetenza del giudice adito (trattandosi di eccezione in senso proprio) l’onere di contestare specificamentel’applicabilità di ciascuno dei suddetti criteri e di fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione.
In mancanza, l’eccezione deve essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’attore, con correlata competenza del giudice adito.
La determinazione della competenza deve essere fatta in base al contenuto della domanda giudiziale, salvo che nei casi in cui la prospettazione ivi contenuta appaia “prima facie” artificiosa e finalizzata soltanto a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge (Cass. n. 11405/2007, Cass. n. 7182/2014).
Non risultando nessuna di queste condizioni ed invece risultando provato e non contestato il luogo della sede della società, ed infine irrilevante il luogo del tentativo obbligatorio di conciliazione, trattandosi di atto amministrativo non influente sulla individuazione del giudice competente, ad avviso della Corte deve ritenersi sussistere la competenza del tribunale di Bologna.
Covid-19 e la gestione dei rapporti di lavoro nella seconda ondata
da adminIl prossimo 23 novembre, in videoconferenza, dalle ore 10 alle ore 13, si terrà un seminario dedicato alla gestione dei rapporti di lavoro nella seconda ondata del virus Sars-CoV-2.
Le imprese sono nuovamente chiamate a confrontarsi con le molteplici difficoltà derivanti dalla diffusione dell’epidemia.
Vedremo quali sono le misure da adottare per assicurare la salubrità di luoghi di lavoro, al fine di aggiornare e implementare i protocolli anti – contagio già predisposti.
Una particolare attenzione sarà dedicata alla gestione dei rapporti di lavoro e quindi al lavoro agile e ai contratti a tempo determinato.
Verranno inoltre illustrati gli strumenti messi a disposizione dell’ordinamento in caso di riduzione o sospensione dell’attività.
L’evento è organizzato da Ti Forma.
Le istruzioni operative saranno fornite ai partecipanti qualche giorno prima dello svolgimento del seminario.
E’ possibile far pervenire alla segreteria organizzativa – almeno 4 giorni prima dello svolgimento dell’evento – i quesiti da sottopormi.
Il contratto di rete di solidarietà: i chiarimenti del Ministero dello sviluppo economico
da adminCon l’articolo 43-bis della l. n. 77/2020 di conversione del decreto rilancio (d.l. n. 34/2020) sono stati introdotti tre nuovi commi (da 4-sexies a 4-octies) all’articolo 3 del d.l. n. 5/2009 al fine di regolare una nuova tipologia di contratto di rete ovvero il contratto di rete con causale di solidarietà.
Ai sensi dell’art. 43-bis l. n. 77/2020 il contratto di rete “può essere stipulato per favorire il mantenimento dei livelli di occupazione delle imprese di filiere colpite da crisi economiche in seguito a situazioni di crisi o stati di emergenza dichiarati con provvedimento delle autorità competenti. [ … ] Ai predetti fini le imprese fanno ricorso agli istituti del distacco e della codatorialità, ai sensi dell’articolo 30, comma 4-ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le aziende partecipanti alla rete”.
In questo modo il legislatore ha consentito l’utilizzo del contratto di rete per far fronte alle ricadute occupazionali dell’attuale situazione di emergenza epidemiologica.
Rientrano infatti tra le finalità del contratto di rete “l’impiego di lavoratori delle imprese partecipanti alla rete che sono a rischio di perdita del posto di lavoro, l’inserimento di persone che hanno perso il posto di lavoro per chiusura di attività o per crisi di impresa, nonché l’assunzione di figure professionali necessarie a rilanciare le attività produttive nella fase di uscita dalla crisi”.
Con la circolare n. 2/V del 9 ottobre 2020 il Ministero dello sviluppo economico ha chiarito che le imprese retistenon devono necessariamente tutte appartenere a filiere dichiarate in crisi: diversamente opinando, infatti, risulterebbe ben più difficoltoso il conseguimento della finalità dichiarata della norma (la salvaguardia occupazionale), in quanto la gestione dei dipendenti potrebbe avvenire solo nell’ambito di settori in crisi, quindi con maggiore difficoltà ad assorbire i dipendenti momentaneamente in sovrappiù.
Sulla competenza territoriale del giudice in tema di licenziamento
da adminCon ordinanza n. 21762 del 9 ottobre 2020, la Corte di Cassazione ha affermato che ai fini della competenza a decidere in ordine ad un licenziamento, occorre riferirsi alla sede legale dell’impresa e non al luogo della tentata conciliazione.
Nel caso di specie, il ricorso è stato introdotto dalla società datrice di lavoro davanti al tribunale di Bologna, ritenuto territorialmente competente in ragione della sede della società.
Il Tribunale di Bologna aveva valutato che la sede competente era da individuarsi in quella in cui era sorto il rapporto di lavoro ed in cui il lavoratore prestava la propria opera.
Non rilevante era ritenuta dal giudice la circostanza che la società avesse sede legale in Bologna in quanto nel verbale di accordo 22.6.2015 relativo al cambio appalto era specificato che la commessa riguardava un complesso aziendale di più città tra cui Cosenza, cui era adibito il lavoratore.
Il lavoratore, ai fini del radicamento della competenza a Cosenza, aveva richiamato la circostanza che il tentativo obbligatorio di conciliazione si era svolto in quella città.
La Cassazione ha ribadito che in tema di competenza territoriale derogabile, per la quale sussistano più criteri concorrenti (nella specie, quelli indicati nell’articolo 413 co. 2 c.p.c), grava sul convenuto che eccepiscal’incompetenza del giudice adito (trattandosi di eccezione in senso proprio) l’onere di contestare specificamentel’applicabilità di ciascuno dei suddetti criteri e di fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione.
In mancanza, l’eccezione deve essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’attore, con correlata competenza del giudice adito.
La determinazione della competenza deve essere fatta in base al contenuto della domanda giudiziale, salvo che nei casi in cui la prospettazione ivi contenuta appaia “prima facie” artificiosa e finalizzata soltanto a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge (Cass. n. 11405/2007, Cass. n. 7182/2014).
Non risultando nessuna di queste condizioni ed invece risultando provato e non contestato il luogo della sede della società, ed infine irrilevante il luogo del tentativo obbligatorio di conciliazione, trattandosi di atto amministrativo non influente sulla individuazione del giudice competente, ad avviso della Corte deve ritenersi sussistere la competenza del tribunale di Bologna.
Licenziamenti collettivi: limitazione ad un solo reparto
da adminCon ordinanza n. 21306 del 5 ottobre 2020, la Corte di Cassazione, in tema di licenziamento collettivo per riduzione del personale, confermando la sentenza di appello, ha affermato che la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata ai soli addetti ad un settore o reparto, a condizione che ciò venga specificatamente detto, con spiegazione esaustiva delle ragioni, nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223/1991 con la quale si apre l’iter procedurale.
Essa ha infatti lo scopo di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto illegittimi i licenziamenti in quanto l’intenzione del datore di lavoro era stata espressa nella lettera di apertura della procedura prevista dall’art. 4 della legge n. 223/1991, in modo alquanto generico.
I chiarimenti INPS sui termini decadenziali per l’invio delle domande di cassa integrazione (ordinaria, in deroga e CISOA) e di assegno ordinario
da adminCon il messaggio n. 3729 del 15 ottobre 2020, l’INPS ha fornito alcune precisazioni in merito alla proroga, al 31 ottobre 2020, dei termini decadenziali per l’invio delle domande di trattamento di integrazione salariale e dei dati utili ai rispettivi pagamenti diretti.
L’Istituto ha inoltre fornito i chiarimenti in ordine all’invio delle istanze relative all’ulteriore periodo di nove settimane di trattamento di integrazione salariale di cui al d.l. n. 104/2020.
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in particolare, facendo seguito a quanto illustrato ai paragrafi 6 e 7 della circolare n. 115 del 30 settembre 2020, ha precisato che le domande e la documentazione utile per i pagamenti diretti, riferite ai commi 9 e 10 dell’articolo 1 del d.l. n. 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, inviate dalle aziende oltre le precedenti scadenze del 31 agosto 2020 e del 30 settembre 2020, saranno considerate utilmente trasmesse purché presentate entro la data del 31 ottobre 2020.
Con riguardo al secondo periodo di nove settimane di trattamenti, con il messaggio n. 3525 del 1° ottobre 2020 sono state rese note le modalità operative che aziende e intermediari devono seguire per l’invio delle domande di accesso ai trattamenti di cassa integrazione (ordinaria e in deroga) e assegno ordinario.
In merito alla trasmissione delle istanze, che deve riguardare periodi non antecedenti al 14 settembre 2020 e non successivi al 31 dicembre 2020, l’Istituto ha precisato che la stessa trasmissione è già possibile a far tempo dalla data di pubblicazione del citato messaggio, a prescindere dall’avvenuto rilascio dell’autorizzazione alle prime nove settimane da parte delle Strutture territoriali dell’Istituto.
Un mio intervento sul blog del Fatto Quotidiano: la dimensione collettiva della sicurezza sul lavoro
da adminUn mio intervento pubblicato sul blog del Fatto Quotidiano sulla dimensione collettiva della sicurezza sul lavoro nell’emergenza epidemiologica.
Non solo non c’è alcuna contrapposizione fra salute e attività produttiva ma la sicurezza sul lavoro è una condizione necessaria (anche se non sufficiente) per uscire dal dramma pandemico.
Di seguito il link all’articolo:
Sicurezza sul lavoro, la salute dei lavoratori è un elemento di interesse collettivo. Ora più che mai.