Il c.d. Decreto Crescita (d.l. n. 34/2019, convertito dalla legge n. 58/2019) ha disposto la modifica dell’art. 41 del d.lgs. n. 148/2015 introducendo il contratto di espansione.
Il nuovo art. 41, d.lgs. n. 148/2015 si applica in via sperimentale per gli anni 2019-2020 e riguarda unicamente le imprese con un organico superiore ai 1000 dipendenti che perseguano, anche solo in parte, modifiche strutturali dei processi aziendali finalizzate al progresso e allo sviluppo tecnologico delle attività con un impiego più razionale del personale e l’assunzione di nuove professionalità.
Il contratto – che deve essere stipulato previo esperimento della procedura di consultazione sindacale di cui all’art. 24, d.lgs. n. 148/2015 – contempla una serie di misure che comprendono un piano di assunzione di risorse umane qualificate e specializzate necessarie all’impresa per restare competitiva, un regime agevolato di accesso alla pensione (scivolo di 5 anni) per i lavoratori che accettano la proposta e riduzione dell’orario di lavoro per quei lavoratori che non hanno i requisiti per accedervi, un piano di formazione per i dipendenti che necessitano di un aggiornamento professionale.
Con la Circolare n. 16 del 6 settembre 2019, il Ministero del Lavoro ha precisato, fra l’altro, che ai fini della sussistenza del requisito occupazionale occorre fare riferimento ai lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, ribadendo che la disposizione di cui all’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 148/2015 prevale su quella dell’art. 27, d.lgs. n. 81/2015, per cui i lavoratori con contratto a termine dovranno essere computati per “testa”.
In merito alla durata, invece, la circolare ha specificato che il contratto di espansione potrà essere avviato anche nel 2020 e, pertanto, potrà produrre effetti anche nel 2021, ferma restando la durata massima dell’intervento pari a 18 mesi (coincidente con la durata massima del trattamento di integrazione salariale straordinario che l’impresa può chiedere per i lavoratori sospesi o coinvolti dalle riduzioni orarie).
In risposta alle numerose richieste di chiarimenti concernenti la possibilità per le imprese che operano in settori non rientranti nel campo di applicazione del titolo I del d.lgs. n. 148/2015 – ma che comunque assicurano ai lavoratori tutele attraverso i fondi di solidarietà bilaterali – di accedere alle misure previste dal nuovo art. 41, d.lgs. n. 148/2015, da ultimo, con la circolare n. 18 del 17 ottobre 2019 il Ministero del Lavoro ha affermato che tali imprese possono usufruire solo delle agevolazioni relative alla pensione anticipata di cui al comma 5 dell’art. 41, d.lgs. n. 148/2015.
Il comma 6 dell’art. 41, d.lgs. n. 148/2015 prevede infatti espressamente che la prestazione di cui al comma 5 possa essere riconosciuta anche “per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all’art. 26 già costituiti o in corso di costituzione senza l’obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi”.
2020: alta formazione in diritto del lavoro
/in News ed EventiPrima di staccare per qualche giorno faccio in tempo a chiudere con le indicazioni del programma del Corso di Alta Formazione in Diritto del Lavoro della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che vede la partnership di Ti Forma, di Confservizi Cispel Toscana e di Utilitalia
Il Corso, giunto alla sua settima edizione, tratterà temi a forte impatto, fra i quali lo smart working, la contrattazione collettiva flessibile e la crisi di impresa
Il corso inizierà il 13 marzo 2020 e si svolgerà a Firenze, con l’eccezione della lezione conclusiva del 22 maggio 2020, che si terrà a Pisa
Per iscriversi il termine scade il 5 marzo 2020
Per il momento segnatevi date ed argomenti che trovate qui
A breve pubbicheremo la versione definitiva del programma, comprensiva dell’indicazione dei docenti
Auguri!
Sul concorso di colpa del lavoratore
/in GiurisprudenzaCon la decisione 25 novembre 2019, n. 30679 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul concorso di colpa del lavoratore in caso di infortunio.
In particolare, il Supremo Collegio ha affermato che, al di fuori dei casi di rischio elettivo,nei quali la responsabilità datoriale è esclusa, qualora ricorrano comportamenti colposi del lavoratore, trova applicazione l’art. 1227, comma 1, c.c.; tuttavia la condotta incauta del lavoratore non comporta concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia giuridicamente da considerare come munita di incidenza esclusiva rispetto alla determinazione dell’evento dannoso, il che in particolare avviene quando l’infortunio si sia realizzato per l’osservanza di specifici ordini o disposizioni datoriali che impongano colpevolmente al lavoratore di affrontare il rischio o quando l’infortunio scaturisca dall’avere il datore di lavoro integralmente impostato la lavorazione sulla base di disposizioni illegali e gravemente contrarie ad ogni regola di prudenza o infine quando vi sia inadempimento datoriale rispetto all’adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed idonee ad impedire, nonostante l’imprudenza del lavoratore, il verificarsi dell’evento dannoso.
Nel caso di specie l’infortunio si era verificato a causa del crollo di un capannone metallico avvenuto durante le operazioni di smontaggio; il lavoratore era stato avvertito solo informalmente – tramite una terza persona – del fatto che tale lavoro doveva essere rinviato ad altra data.
Il Jobs Act di nuovo davanti alla consulta
/in GiurisprudenzaLo scorso 4 dicembre è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’ordinanza del Tribunale di Bari (la n. 214 del 18 aprile 2019) che sottopone nuovamente all’attenzione della Corte Costituzionale la disciplina del contratto a tutele crescenti, questa volta con riferimento all’art. 4, d.lgs. n. 23/2015.
Nel caso di specie, il Giudice del lavoro, dopo aver rilevato la violazione dell’art. 7 stat. lav., dovendo applicare il regime sanzionatorio con indennità ridotta, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 comma 1, 35 comma 1 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, d.lgs. n. 23/2015 nella parte in cui prevede la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale “di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”.
Nell’ordinanza di rinvio vengono richiamate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale n. 194/2018 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, d.lgs. n. 23/2015 nella parte in cui prevede un analogo meccanismo automatico di quantificazione dell’indennità.
Sgravi contributivi e cassaintegrati a “Zero Ore”
/in GiurisprudenzaI lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria sospesi dall’attività lavorativa “a zero ore” non sono equiparabili ai lavoratori privi di occupazione, stante la funzione svolta dalla CIGS che presuppone la prospettiva della ripresa dell’attività lavorativa e il mantenimento a questo fine del rapporto di lavoro.
Con ordinanza n. 256 del 5 dicembre 2019 la Corte Costituzionale ha infatti stabilito che deve ritenersi costituzionalmente legittima la scelta del legislatore che ha previsto l’applicazione degli esoneri contributivi di cui agli artt. 1, comma 118, l. n 190/2014 (legge di Stabilità 2015) e 1, comma 178, l. n. 208/2015 (legge di Stabilità 2016) solo in caso di assunzione di soggetti privi di occupazione a tempo indeterminato da più di sei mesi, data l’oggettiva situazione di particolare svantaggio in cui essi versano.
Pluralità di addebiti e licenziamento disciplinare
/in GiurisprudenzaCon la decisione 3 dicembre 2019, n. 31529 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla locuzione “insussistenza del fatto” ai sensi dell’art. 18, comma 4, l. n. 300/1970 affermando che, in caso di contestazione di pluralità di addebiti disciplinari, l’insussistenza del fatto si configura solo qualora – sul piano fattuale – possa escludersi la realizzazione di un nucleo minimo di condotte che siano astrattamente idonee a giustificare la sanzione espulsiva, oppure, specularmente, secondo quanto già ritenuto, qualora si realizzi l’ipotesi dei fatti sussistenti ma privi dei caratteri di illiceità.
Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Milano che aveva ritenuto sussistenti due dei tre addebiti contestati al lavoratore (in particolare, l’abbandono del posto di lavoro per circa un’ora e il rifiuto di consegnare un pacco; mentre non era risultata provata la minaccia di morte verso il datore di lavoro) ma aveva ritenuto sproporzionata la sanzione del licenziamento.
Sul contratto di espansione
/in PrassiIl c.d. Decreto Crescita (d.l. n. 34/2019, convertito dalla legge n. 58/2019) ha disposto la modifica dell’art. 41 del d.lgs. n. 148/2015 introducendo il contratto di espansione.
Il nuovo art. 41, d.lgs. n. 148/2015 si applica in via sperimentale per gli anni 2019-2020 e riguarda unicamente le imprese con un organico superiore ai 1000 dipendenti che perseguano, anche solo in parte, modifiche strutturali dei processi aziendali finalizzate al progresso e allo sviluppo tecnologico delle attività con un impiego più razionale del personale e l’assunzione di nuove professionalità.
Il contratto – che deve essere stipulato previo esperimento della procedura di consultazione sindacale di cui all’art. 24, d.lgs. n. 148/2015 – contempla una serie di misure che comprendono un piano di assunzione di risorse umane qualificate e specializzate necessarie all’impresa per restare competitiva, un regime agevolato di accesso alla pensione (scivolo di 5 anni) per i lavoratori che accettano la proposta e riduzione dell’orario di lavoro per quei lavoratori che non hanno i requisiti per accedervi, un piano di formazione per i dipendenti che necessitano di un aggiornamento professionale.
Con la Circolare n. 16 del 6 settembre 2019, il Ministero del Lavoro ha precisato, fra l’altro, che ai fini della sussistenza del requisito occupazionale occorre fare riferimento ai lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, ribadendo che la disposizione di cui all’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 148/2015 prevale su quella dell’art. 27, d.lgs. n. 81/2015, per cui i lavoratori con contratto a termine dovranno essere computati per “testa”.
In merito alla durata, invece, la circolare ha specificato che il contratto di espansione potrà essere avviato anche nel 2020 e, pertanto, potrà produrre effetti anche nel 2021, ferma restando la durata massima dell’intervento pari a 18 mesi (coincidente con la durata massima del trattamento di integrazione salariale straordinario che l’impresa può chiedere per i lavoratori sospesi o coinvolti dalle riduzioni orarie).
In risposta alle numerose richieste di chiarimenti concernenti la possibilità per le imprese che operano in settori non rientranti nel campo di applicazione del titolo I del d.lgs. n. 148/2015 – ma che comunque assicurano ai lavoratori tutele attraverso i fondi di solidarietà bilaterali – di accedere alle misure previste dal nuovo art. 41, d.lgs. n. 148/2015, da ultimo, con la circolare n. 18 del 17 ottobre 2019 il Ministero del Lavoro ha affermato che tali imprese possono usufruire solo delle agevolazioni relative alla pensione anticipata di cui al comma 5 dell’art. 41, d.lgs. n. 148/2015.
Il comma 6 dell’art. 41, d.lgs. n. 148/2015 prevede infatti espressamente che la prestazione di cui al comma 5 possa essere riconosciuta anche “per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all’art. 26 già costituiti o in corso di costituzione senza l’obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi”.