Con la decisione 17 dicembre 2018, n. 32607 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice che, nell’ambito del procedimento disciplinare, aveva fatto pervenire al datore di lavoro le proprie difese oltre il termine prefissato dalla legge e dal contratto collettivo.
Nel caso di specie, si è precisato che tali giustificazioni scritte non dovessero essere considerate tardive, in quanto spedite dalla lavoratrice, mediante raccomandata a.r., entro il termine di cinque giorni dal ricevimento della lettera di contestazione di addebito di parte datoriale.
In punto di diritto, la Cassazione ha sottolineato che il rispetto del procedimento disciplinare è volto a garantire il diritto di difesa dell’incolpato ed è finalizzato alla realizzazione del contradditorio.
Inoltre, ha rilevato che l’esercizio del potere disciplinare, implicando un rapporto di supremazia per cui il datore di lavoro può, con un suo atto unilaterale, determinare conseguenze in senso lato negative nella sfera soggettiva del prestatore di lavoro in ragione di un comportamento negligente o colpevole di quest’ultimo, deve rispondere al principio di proporzione e alla regola del contraddittorio.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza
0 Commenti-da adminNella seduta del 10 gennaio 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva un decreto legislativo che – in attuazione della legge n. 155/2017 – introduce il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Al di là di ogni valutazione tecnica che avremo modo di svolgere sulla riforma esprimo soddisfazione per il completamento di un percorso al quale ho dato il mio contributo per i profili lavoristici.
Il codice si pone l’obiettivo di riformare in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, consentendo di effettuare una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese e salvaguardando la capacità delle imprese che vanno incontro ad una crisi causata da particolari contingenze.
Tra le novità maggiormente rilevanti, si segnala l’introduzione di specifiche disposizioni in materia lavoristica, volte ad individuare forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori.
In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ecco lo schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri.
Slideshare su contratto a termine e somministrazione
0 Commenti-da adminNelle slides predisposte dal nostro studio il punto sulle più importanti modifiche apportate dal Decreto Dignità (d.l. n. 87/2018, conv. in legge n. 96/2018) alla disciplina del contratto a tempo determinato e della somministrazione di lavoro.
Procedimento disciplinare: il termine a difesa
0 Commenti-da adminCon la decisione 17 dicembre 2018, n. 32607 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice che, nell’ambito del procedimento disciplinare, aveva fatto pervenire al datore di lavoro le proprie difese oltre il termine prefissato dalla legge e dal contratto collettivo.
Nel caso di specie, si è precisato che tali giustificazioni scritte non dovessero essere considerate tardive, in quanto spedite dalla lavoratrice, mediante raccomandata a.r., entro il termine di cinque giorni dal ricevimento della lettera di contestazione di addebito di parte datoriale.
In punto di diritto, la Cassazione ha sottolineato che il rispetto del procedimento disciplinare è volto a garantire il diritto di difesa dell’incolpato ed è finalizzato alla realizzazione del contradditorio.
Inoltre, ha rilevato che l’esercizio del potere disciplinare, implicando un rapporto di supremazia per cui il datore di lavoro può, con un suo atto unilaterale, determinare conseguenze in senso lato negative nella sfera soggettiva del prestatore di lavoro in ragione di un comportamento negligente o colpevole di quest’ultimo, deve rispondere al principio di proporzione e alla regola del contraddittorio.
Recidiva e licenziamento disciplinare
0 Commenti-da adminCon la decisione 26 novembre 2018, n. 30564 la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il licenziamento del lavoratore con precedenti disciplinari richiamati nella lettera di irrogazione della sanzione, ma non nella lettera di contestazione dell’addebito.
In particolare, il Supremo Collegio ha precisato che non occorre contestare preventivamente i precedenti disciplinari ove la recidiva venga in rilievo quale mero precedente negativo della condotta e, dunque, non quale elemento costitutivo del complessivo addebito formulato.
In tal senso la recidiva rileva ai fini della determinazione della sanzione da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa, nel rispetto del canone di proporzionalità.
La nullità del licenziamento per causa di matrimonio
0 Commenti-da adminCon la decisione 12 novembre 2018, n. 28926 la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione restrittiva della disposizione che sanziona con la nullità il licenziamento per causa di matrimonio.
Nel caso di specie, il ricorrente aveva impugnato il licenziamento, invocando l’applicazione dell’art. 35 d.lgs. n. 198/2006 anche al lavoratore uomo, sul presupposto che tale disposizione dovesse essere interpretata in senso “estensivo” in quanto inserita nel codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
Il Supremo Collegio, nel dichiarare infondata la questione giuridica prospettata dal lavoratore, ha precisato che la disposizione di cui all’art. 35 d.lgs. n. 198/2006 non costituisce una previsione “discriminatoria”, in quanto rispondente ad una diversità di trattamento tra uomo e donna, giustificata da ragioni, non già di genere del soggetto che presti un’attività lavorativa, ma di tutela della maternità, costituzionalmente garantita alla donna, pure titolare come lavoratrice degli stessi diritti dell’uomo, in funzione dell’adempimento della essenziale funzione familiare.
Illegittimità del patto di prova e limiti alla reintegra
0 Commenti-da adminCon la decisione 3 dicembre 2018, n. 31159 la Corte di Cassazione ha considerato illegittimo il recesso per mancato superamento del patto di prova, essendo stato il lavoratore adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contenute nel patto.
Sul piano sanzionatorio, la Corte ha precisato che il recesso non può considerarsi valido qualora le modalità di esperimento della prova non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore oppure quando il recesso persegua finalità illecite.
Nel caso di specie, la sentenza ha chiarito che l’illegittimità del patto non potrebbe dar luogo all’applicazione della reintegra ma semplicemente alla prosecuzione della prova o al risarcimento del danno, sussistendo nella fattispecie un vizio funzionale e non genetico del patto.