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Archivio per categoria: Giurisprudenza

La Consulta estende anche ai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale il diritto di costituire una RSA

4 Novembre 2025/in Giurisprudenza

Corte cost. 30 ottobre 2025, n. 156

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 156/2025 ha esteso la possibilità di costituire RSA anche ai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Un passo avanti per la libertà e il pluralismo sindacale, che corregge un evidente squilibrio nel sistema.

La Consulta ha infatti disatteso l’istanza principale avanzata dalla nota ordinanza di rimessione del Tribunale di Modena nel corso di un procedimento per repressione della condotta antisindacale, instaurato da un’associazione dei lavoratori cui l’azienda negava il diritto di costituire la RSA in quanto non aveva sottoscritto il contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, né partecipato alle corrispondenti trattative (come ritenuto sufficiente a partire dall’estensione del criterio selettivo di cui all’art. 19 Stat. lav. operata dalla sent. 231 del 2013).

Nel sollevare la questione di costituzionalità, il giudice a quo chiedeva in via principale una pronuncia ablativa, diretta a eliminare qualunque requisito di selezione per la costituzione della RSA, o, in subordine, un’additiva, che a tale costituzione ammettesse ogni sindacato “maggiormente” o “significativamente” rappresentativo.

La Corte ha ritenuto, in conformità con la propria giurisprudenza, di non poter eliminare un criterio selettivo nell’accesso alle tutele di cui al titolo III dello Statuto e, a tal fine, ha ritenuto quello attualmente previsto, in seguito a modifiche normative e dichiarazioni di illegittimità costituzionale, “un idoneo indice di rappresentatività”. Allo stesso tempo, rispetto alla richiesta in via subordinata, ha rilevato che i concetti della rappresentatività “maggioritaria” e della rappresentatività “significativa” sono inutilizzati o quantomeno desueti nelle fonti legislative.

I giudici hanno quindi optato per valorizzare il criterio della rappresentatività comparativa su base nazionale, avendo però premura di rimarcare che tale soluzione “non costituisce una riedizione della lettera a) del primo comma dell’art. 19 statuto lavoratori, abrogata in sede referendaria, atteso che quella lettera si riferiva all’affiliazione confederale, quindi a un criterio differente e peculiare”.

Restano però aperte molte questioni interpretative e applicative. Ad esempio chi e come certifica la rappresentatività comparata? Quale impatto avrà la decisione sui rapporti di forza nelle imprese?

Si tratta quindi di una decisione che rafforza i principi costituzionali, ma che richiede ora un intervento legislativo che metta a frutto gli insegnamenti della Corte. La parola spetta adesso al legislatore a cui – come la stessa Corte ha messo in rilievo nelle parole conclusive della sentenza – compete “un’organica riscrittura della disposizione censurata” affinché essa “venga a delineare un assetto normativo capace di valorizzare l’effettiva rappresentatività in azienda quale criterio di accesso alla tutela promozionale delle organizzazioni dei lavoratori”.

 

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/11/3.webp 667 999 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-11-04 12:06:212025-11-04 12:06:21La Consulta estende anche ai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale il diritto di costituire una RSA

Licenziamenti nelle piccole imprese: prime “personalizzazioni” del risarcimento in applicazione del recente dictum della Consulta.

4 Novembre 2025/in Giurisprudenza

Tribunale della Spezia, sentenza 3 ottobre 2025, n. 241

In caso di licenziamento illegittimo di una dipendente di una piccola impresa, il Tribunale di La Spezia ha calato nel caso di specie i principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale 21 luglio 2021, n. 118, che, dichiarando la parziale incostituzionalità dell’art. 9, c.1, d. lgs. n. 23/2015, ha eliminato il tetto all’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese.

Il giudice di merito ha quindi, nel caso di specie, ai fini della determinazione dell’indennità, valorizzato l’apprezzabile anzianità di servizio – quasi cinque anni – la dimensione dell’impresa – che, seppur sotto soglia, nel tempo ha avuto quasi sempre, tenendo conto dei rapporti a part time, un numero di dipendenti prossimo ai quindici (mediamente, oscillante da undici a quattordici) e più punti vendita – e la specialità del caso – caratterizzata da una situazione certamente di sopravvenuta ostilità verso la ricorrente, per fatti nemmeno a lei direttamente riconducibili – arrivando a riconoscere quindi un risarcimento basato su otto mensilità di retribuzione.

 

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/11/7.jpg 1024 1024 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-11-04 12:04:322025-11-04 12:04:32Licenziamenti nelle piccole imprese: prime “personalizzazioni” del risarcimento in applicazione del recente dictum della Consulta.

Il termine di 15 giorni per la revoca del licenziamento è perentorio e decorre sempre dalla data di impugnazione del licenziamento, non dalla successiva comunicazione della gravidanza

4 Novembre 2025/in Giurisprudenza

Cass. civ., sentenza 7 ottobre 2025, n. 26954

La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere nel caso di specie la Corte territoriale, in riforma della pronuncia di primo grado, respinto la domanda della ricorrente di nullità del licenziamento in quanto intimato nei confronti di una lavoratrice in stato di gravidanza. La Corte di Appello aveva infatti accertato la tempestività della revoca del suddetto licenziamento, seppur comunicato oltre il termine previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 23/2015, e l’illegittimità del rifiuto della stessa di riprendere il servizio, tale da determinare un fondato motivo di licenziamento per giusta causa dovuta ad assenza ingiustificata.

La Corte ha invece affermato il principio di diritto secondo cui, anche in caso di lavoratrice in gravidanza, il diritto potestativo di revoca del licenziamento dettato dall’art. 5 del d.lgs. n. 23 del 2015 decorre sempre dalla data di impugnazione del licenziamento medesimo (pur se tale impugnazione non denunci lo stato di gravidanza); il termine perentorio di 15 giorni per l’esercizio di tale diritto di revoca non è suscettibile di interruzione o sospensione alcuna a seguito di successiva produzione di documentazione concernente lo stato di gravidanza.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/11/5.jpg 1024 1024 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-11-04 12:04:212025-11-04 12:04:21Il termine di 15 giorni per la revoca del licenziamento è perentorio e decorre sempre dalla data di impugnazione del licenziamento, non dalla successiva comunicazione della gravidanza

Reintegrazione del lavoratore licenziato per mancato superamento di un patto di prova nullo

2 Ottobre 2025/in Giurisprudenza

Cass. civ., sez. lav., 29 agosto 2025, n. 24201

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulle tutele da applicarsi al caso del licenziamento intimato in presenza di patto di prova geneticamente nullo. I giudici, valorizzando anche i principi statuiti dalla sentenza n. 128 del 2024 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, c. 2, d.lgs. 23 del 2015 nella parte in cui non prevede che la tutela reintegratoria attenuata si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per g.m.o. in cui sia dimostrata l’insussistenza del fatto materiale, statuiscono che il recesso disposto per mancato superamento di un patto di prova geneticamente nullo sia da considerarsi un’ipotesi di licenziamento ingiustificato per insussistenza del fatto, con riconoscimento quindi della tutela reintegratoria di cui al secondo comma dell’art. 3, d.lgs. 23 del 2015, e non della tutela meramente indennitaria di cui al primo comma della medesima disposizione.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/09/3.png 1024 1024 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-10-02 12:41:332025-10-02 18:23:43Reintegrazione del lavoratore licenziato per mancato superamento di un patto di prova nullo

Licenziamento del disabile per superamento del comporto: la parola alla Corte di Giustizia

2 Ottobre 2025/in Giurisprudenza

CGUE, 11 settembre 2025, C-5/24

La Corte di Giustizia UE, decidendo sulle questioni pregiudiziali proposte dal Tribunale di Ravenna, afferma la possibilità dell’integrazione di una discriminazione indiretta da parte della normativa da applicarsi al caso de qua – nel caso concreto il combinato della legge e del CCNL Federalberghi nella parte riguardante il periodo di comporto (artt. 173-175) – che prevede un comporto unico senza distinguere tra lavoratori disabili e non. I giudici ritengono che possa escludersene il contrasto con la direttiva 2000/78 a condizione che non ecceda quanto necessario a conseguire una  finalità legittima – in questo caso consistente nell’assicurarsi della capacità e della disponibilità dei lavoratori ad esercitare la loro attività professionale – e che non costituisca un ostacolo al pieno rispetto dei requisiti previsti dall’art. 5 della direttiva citata, per quanto attiene in particolare all’obbligo datoriale di individuare e porre in essere “accomodamenti ragionevoli” per assicurare il principio di parità di trattamento dei lavoratori disabili. La Corte afferma infine la centralità, nella valutazione della compatibilità della normativa interna con il diritto dell’Unione, dell’esame concreto demandato al giudice nazionale.

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Illegittimi i controlli sull’e-mail personale del lavoratore, sebbene inserita sul server aziendale

2 Ottobre 2025/in Giurisprudenza

Cass. civ., sez. lav., 29 agosto 2025, n. 24204

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi, dichiarandone l’illegittimità, sul controllo da parte datoriale delle comunicazioni di posta elettronica dei lavoratori estratte da account privati, seppur confluiti sul server aziendale. La controversia de qua trae origine da un’azione risarcitoria intentata dal datore di lavoro per danni da concorrenza sleale contro un gruppo di dipendenti dimessisi. Sulla corrispondenza così raccolta dal datore il Tribunale di Milano, valorizzando proprio la conservazione degli account personali sul server aziendale, elemento che avrebbe dovuto far ritenere aperta e non chiusa tale corrispondenza, si è pronunciato per l’utilizzabilità. La Corte d’Appello, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva invece escluso la possibilità di utilizzare quelle comunicazioni e, mancando altre prove, respinto le domande della società. La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso avverso tale decisione, ha ritenuto anzitutto che la Corte d’Appello avesse correttamente applicato i principi CEDU in materia, osservando infatti che anche le e-mail personali inviate o ricevute dai o nei locali aziendali rientrano nella nozione di “vita privata” e “corrispondenza” tutelate dall’art. 8 CEDU. Ha osservato inoltre che l’ammissibilità dei controlli sussiste solo in presenza di una finalità legittima, del rispetto di un principio di proporzionalità e se gli stessi sono preceduti da opportune informative in merito alla possibile attività di controllo. Nel caso in questione, la Suprema Corte osserva che, come già specificato nella decisione di secondo grado, i lavoratori non avevano mai autorizzato la ricezione o duplicazione della posta personale sull’applicativo aziendale e la società non aveva adottato regole interne per disciplinare eventuali controlli, con conseguente inutilizzabilità delle prove raccolte.

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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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