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Archivio per categoria: Giurisprudenza

La Corte costituzionale ammette i referendum sul lavoro

21 Gennaio 2025da Admin2

La Corte costituzionale ha deciso in camera di consiglio i giudizi sull’ammissibilità dei referendum seguenti:

1) richiesta di referendum abrogativo denominata “Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”;

2) richiesta di referendum abrogativo denominata “Contratto di lavoro a tutele crescenti – disciplina dei licenziamenti illegittimi”;

3) richiesta di referendum abrogativo denominata “Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità”;

4) richiesta di referendum abrogativo denominata “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi”;

5) richiesta di referendum abrogativo denominata “Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”.

 

 

  • CC_CS_20250120191001
https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/01/Referendum.jpg 832 1472 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-01-21 21:02:452025-01-22 11:53:55La Corte costituzionale ammette i referendum sul lavoro
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sullo staff leasing

27 Novembre 2024da Admin2

Trib. Reggio Emilia, ord. 7 novembre 2024

Il c.d. staff leasing contrasta con la disciplina europea (direttiva 2008/104) che prevede, secondo la Corte di Giustizia, la necessaria temporaneità del c.d. lavoro interinale? Questo, in massima sintesi, l’oggetto dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale dello scorso 7 novembre, che ha qualche possibilità di condurre ad una riscrittura di un importante pezzo della disciplina italiana sul lavoro in somministrazione.

Il tema della temporaneità del lavoro in somministrazione è stato, negli ultimi anni, ripetutamente affrontato in giurisprudenza con riferimento alla somministrazione a tempo determinato, laddove si è affermato che la necessaria temporaneità del lavoro interinale non può essere elusa tramite la reiterazione di contratti di somministrazione a tempo determinato con cui uno stesso lavoratore è inviato indefinitamente presso uno stesso utilizzatore, dovendosi in questo caso riconoscere il diritto alla costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con l’utilizzatore.

La possibilità, già ipotizzata, che l’applicazione coerente del requisito di temporaneità della somministrazione evidenzi un radicale contrasto della disciplina in materia di staff leasing con il diritto europeo ora è espressamente presa in considerazione dall’ordinanza in oggetto. La questione, evidentemente, è avviata a conclusioni opposte a seconda che si ritenga o meno che la somministrazione a tempo indeterminato prevista in Italia rientri nell’ambito regolativo della direttiva 2008/104. Benché quest’ultima, testualmente, si riferisca solo alle forme di lavoro interinale «temporaneo», secondo il giudice del rinvio un’interpretazione degli obiettivi dell’intervento del legislatore europeo dovrebbe condurre a ritenere anche la somministrazione a tempo indeterminato soggetta ai vincoli della normativa europea: da qui prendono origine i quesiti posti alla Corte di Giustizia la cui risposta, come già accennato, potrebbe avere conseguenze dirompenti sul quadro normativo italiano in materia.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2020/01/pexels-photo-990817-707x474-1.jpeg 474 707 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-11-27 12:31:502024-11-27 12:43:37Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sullo staff leasing
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Ancora conferme sulla reintegrazione in caso di mancata contestazione dell’addebito disciplinare

27 Novembre 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., ord. 11 novembre 2024, n. 28927

Con l’ordinanza in oggetto la Cassazione ribadisce un proprio principio che sembra ormai consolidato in tema di conseguenze sanzionatorie per l’omissione della contestazione prima dell’intimazione del licenziamento disciplinare. L’art. 18, co. 6, dello Statuto dei lavoratori prevede, in caso di violazione del requisito di motivazione del licenziamento o della procedura disciplinare di cui all’art. 7 dello Statuto, la sola sanzione indennitaria nella forma attenuata, trattandosi, secondo il legislatore, di vizi formali che non incidono sulla giustificatezza sostanziale del provvedimento. La Cassazione tuttavia, da tempo, nell’ipotesi di radicale difetto di contestazione dell’infrazione disciplinare applica la tutela reintegratoria attenuata di cui all’art. 18, co. 4, dal momento che in tale situazione si determina l’insussistenza dell’intero procedimento disciplinare, e non la mera violazione delle sue disposizioni. Nel ragionamento della Suprema Corte, infatti, la contestazione del fatto rappresenta un presupposto logico e giuridico necessario per la valutazione della illegittimità del recesso e la sua mancanza, pertanto, viene assimilata all’«insussistenza del fatto contestato» che legittima la reintegrazione a norma del comma 4. È evidente che, oggi, questo modo di ragionare trova delle rispondenze nelle argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 128 del 2024.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2024/07/ai-generated-8866839_640.jpg 320 640 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-11-27 11:47:392024-11-27 11:47:39Ancora conferme sulla reintegrazione in caso di mancata contestazione dell’addebito disciplinare
Giurisprudenza in Giurisprudenza

L’opzione per il sistema contributivo dopo la riforma delle pensioni

27 Novembre 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., ord. 19 novembre 2024, n. 29768

La Cassazione, con la pronuncia in oggetto, chiarisce gli effetti dell’esercizio dell’opzione per il sistema contributivo effettuata dopo l’entrata in vigore del d.l. 201/2011, c.d. riforma Fornero del sistema pensionistico. Si ricorda, a tale proposito, che il co. 23 dell’art. 1 della l. 335/1995 (c.d. riforma Dini) aveva previsto, per i lavoratori la cui pensione sarebbe soggetta al sistema retributivo o a quello misto, la possibilità di optare per l’applicazione integrale del sistema contributivo. Originariamente, l’opzione comportava anche l’applicazione dei requisiti per l’accesso a pensione previsti nel sistema contributivo puro dalla stessa legge 335/1995. Con la riforma Fornero, tuttavia, l’inciso che conteneva tale ultima previsione è stato abrogato.

La pronuncia è stata resa su ricorso dell’INPS contro le sentenze di merito che avevano riconosciuto ad una lavoratrice il diritto a conseguire la pensione di vecchiaia secondo i requisiti pensionistici previsti prima del 2011, pur avendo esercitato l’opzione solo nel corso del 2013. La Cassazione ha accolto il rilievo mosso dall’Ente secondo cui, così ragionando, si trasformerebbe l’opzione per il regime contributivo in uno strumento per conseguire ex post una deroga al regime del d.l. 201/2011.

Pertanto, chiarisce la Suprema Corte, dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 201/2011 l’opzione per il computo della pensione con il sistema contributivo non comporta più anche l’applicazione dei ben più favorevoli requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia previsti prima della riforma, ma soltanto l’applicazione integrale del criterio contributivo per il computo della pensione (con evidente restrizione a casi particolari dei benefici conseguenti all’esercizio dell’opzione).

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2024/11/calculator-385506_640.jpg 377 640 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-11-27 11:39:562024-11-27 14:39:20L’opzione per il sistema contributivo dopo la riforma delle pensioni
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Si applica la responsabilità solidale in caso di appalti “atipici”?

4 Novembre 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., sent. 16 ottobre 2024, n. 26681

Nella grande distribuzione organizzata sono diffusi contratti commerciali che prevedono che alcuni reparti del supermercato (macellerie, pescherie, gastronomie etc.) vengano gestiti in concessione da operatori specializzati. La merce acquistata, per la quale il reparto emette autonomo scontrino fiscale, è però pagata dai clienti alle casse del supermercato stesso; la gestione del reparto è concessa a fronte del pagamento al supermercato di un canone annuo e di una percentuale sulle vendite.

Alcune operatrici addette ad un reparto pescheria gestito attraverso questo schema contrattuale convenivano la società datrice di lavoro (poi fallita) e il supermercato concedente, affinché fosse accertato che quest’ultimo era responsabile in via solidale per i crediti retributivi e contributivi ex art. 29, d.lgs. n. 276/2003. La Corte di Appello, escludendo che il contratto potesse qualificarsi come appalto, riteneva inapplicabile la responsabilità solidale.

La Cassazione ha accolto il ricorso delle lavoratrici avverso tale statuizione. La responsabilità solidale, come già chiarito da Corte cost. n. 247/2017 in materia di subfornitura, risponde alla ratio di evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale: se l’operazione commerciale, come avveniva nel caso di specie, comporta un simile meccanismo di decentramento, la responsabilità solidale non può essere esclusa.

La Cassazione chiude affermando l’importanza, nella verifica da svolgere per verificare la sussistenza di un’operazione di decentramento produttivo, dell’individuazione dell’interesse economico concreto sotteso all’operazione, guardando alla sussistenza di situazioni di dipendenza economica e dell’esistenza di squilibri nei diritti e obblighi nella relazione contrattuale.

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Giurisprudenza in Giurisprudenza

C’è sempre la reintegra in caso di licenziamento disciplinare senza contestazione

4 Novembre 2024da Admin2

Trib. Roma, sez. lav., sent. 12 ottobre 2024, n. 10104

Quale tutela è applicabile in caso di licenziamento disciplinare intimato senza previa contestazione da un datore che non raggiunge i limiti dimensionali di cui all’art. 18 dello Statuto e al quale, quindi, si dovrebbe applicare l’art. 9 del d.lgs. 23/2015, con la sola tutela indennitaria ridotta?

Il Tribunale di Roma, pronunciandosi sul caso di un licenziamento in tronco che non era stato preceduto da alcuna contestazione disciplinare, dopo aver ricordato l’orientamento di Cassazione secondo cui la totale omissione del procedimento disciplinare comporta l’applicazione della tutela reintegratoria per insussistenza del fatto contestato, anche nel regime delle c.d. tutele crescenti, ha proposto una soluzione: anche se il datore di lavoro non raggiunge i limiti dimensionali nel caso di totale omissione della contestazione si applica la reintegrazione perché l’atto è affetto da una radicale nullità, anche se «virtuale» e non nominata.

Così ragionando, si deve applicare la tutela reintegratoria «forte» di cui all’art. 2, co. 1, del d.lgs. 23/2015, per la quale non sono previste distinzioni di requisiti dimensionali: la limitazione della reintegrazione ai casi di nullità «espressamente previsti dalla legge», infatti, è stata superata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 22 del 2024.

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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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