Con la decisione 10 settembre 2018, n. 21965 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore che aveva rivolto offese contro l’amministratore delegato all’interno di una chat privata su Facebook.
Il Supremo Collegio precisa che i «messaggi che circolano attraverso le nuove “forme di comunicazione”, ove inoltrati non ad una moltitudine indistinta di persone ma unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo, come appunto nelle chat private o chiuse, devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile».
La condotta del lavoratore non assume, secondo la Corte, i caratteri propri della diffamazione, in quanto si contestualizza all’interno di una conversazione «intesa e voluta come privata e riservata», costituendo «uno sfogo in un ambiente ad accesso limitato, con esclusione della possibilità che quanto detto in quella sede potesse essere veicolato all’esterno».
L’incostituzionalità delle tutele crescenti: il testo della Sentenza della Corte Costituzionale
0 Commenti-da adminIn data odierna la Corte Costituzionale ha depositato il testo della sentenza n. 194/2018 con cui ha reso note le motivazioni a sostegno della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23/2015.
Seminario a Firenze sull’incostituzionalità delle tutele crescenti
0 Commenti-da adminIl prossimo 26 novembre 2018 terrò un seminario presso la sede di Ti Forma (Firenze) sulle conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 194 del 26 settembre 2018, di cui oggi, 8 novembre 2018, è stato pubblicato il testo.
La Corte, con la recente sentenza, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, nella parte in cui individua rigidi criteri di calcolo dell’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato.
Tale sentenza avrà importanti ripercussioni sulla gestione dei licenziamenti giacché il Giudice non risulta più vincolato alla rigida applicazione del solo criterio dell’anzianità di servizio.
Ecco la circolare sui contratti a termine
0 Commenti-da adminCon la Circolare 31 ottobre 2018, n. 17 il Ministero del Lavoro ha fornito una prima interpretazione delle nuove disposizioni in materia di contratto a tempo determinato e somministrazione di lavoro.
I chiarimenti forniti dal Ministero sono volti a favorire l’applicazione uniforme della disciplina introdotta dal c.d. Decreto Dignità.
Tali indicazioni giungono proprio nel giorno in cui termina il periodo transitorio previsto dalla legge n. 96/2018 di conversione del d.l. n. 87/2018.
Contratti a termine: la fine del periodo transitorio
0 Commenti-da adminTermina oggi la fase transitoria prevista dalla legge n. 96/2018 di conversione del d.l. n. 87/2018.
A partire dal 1° novembre 2018 occorrerà applicare la disciplina limitativa introdotta dal c.d. Decreto Dignità anche alle proroghe e ai rinnovi contrattuali relativi ai rapporti a tempo determinato instaurati secondo il “vecchio” regime.
La durata massima del rapporto non potrà pertanto superare i ventiquattro mesi.
Inoltre, occorrerà indicare le condizioni di cui all’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 in caso di:
Infine, il termine del contratto potrà essere prorogato per un massimo di quattro volte nell’arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero di contratti.
Verso un diritto del Terzo Settore?
0 Commenti-da adminIl prossimo 19 novembre parteciperò al Seminario – organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna – dal titolo “Verso un diritto del Terzo Settore?”.
Il mio contributo riguarderà il tema del lavoro nelle organizzazioni senza scopo di lucro.
Sarà l’occasione per riflettere sui caratteri del nuovo diritto del Terzo settore e valutare, in un’ottica interdisciplinare, possibili prospettive di ricerca.
Diffamazione, chat privata, licenziamento
0 Commenti-da adminCon la decisione 10 settembre 2018, n. 21965 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore che aveva rivolto offese contro l’amministratore delegato all’interno di una chat privata su Facebook.
Il Supremo Collegio precisa che i «messaggi che circolano attraverso le nuove “forme di comunicazione”, ove inoltrati non ad una moltitudine indistinta di persone ma unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo, come appunto nelle chat private o chiuse, devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile».
La condotta del lavoratore non assume, secondo la Corte, i caratteri propri della diffamazione, in quanto si contestualizza all’interno di una conversazione «intesa e voluta come privata e riservata», costituendo «uno sfogo in un ambiente ad accesso limitato, con esclusione della possibilità che quanto detto in quella sede potesse essere veicolato all’esterno».