Come ogni anno, sono particolarmente numerose le disposizioni della legge di bilancio – legge 28 dicembre 2024, n. 207 – che interessano il mondo del lavoro e della previdenza sociale. Molte, come di consueto, le misure di carattere fiscale, a partire dalla conferma della riduzione degli scaglioni IRPEF e dal c.d. taglio del cuneo fiscale, fino alle misure relative al trattamento fiscale e contributivo dei fringe benefit e delle spese di trasferta. In materia previdenziale, figurano le consuete proroghe e conferme delle possibilità di accesso flessibile ai trattamenti pensionistici, quali Quota 103, Opzione Donna, Ape Sociale.
Novità significative interessano le indennità di disoccupazione, dichiaratamente mirata a reprimere comportamenti opportunistici relativi alla disoccupazione di rimpatrio e alla NASPI. Con riferimento al primo profilo, l’art. 1, co. 187 della legge di bilancio esclude l’applicabilità della legge n. 402/1975, che prevede la predetta indennità, alle cessazioni di lavoro all’estero a partire dal 1° gennaio 2025: la sostanziale abrogazione dell’indennità è volta ad impedire la fruizione del beneficio per i lavoratori stagionali, prevalentemente giovani, che negli ultimi anni ne hanno beneficiato in seguito a brevissimi periodi di lavoro all’estero, tipicamente in vendemmia. Evidentemente, una soluzione meno impattante avrebbe potuto essere trovata introducendo requisiti di durata minima del periodo di lavoro all’estero, che attualmente sono previsti solo dalla seconda percezione in poi.
L’intervento sulla NASPI è invece volto ad impedire che i lavoratori che si siano dimessi da un precedente rapporto di lavoro possano fruire della prestazione facendosi assumere e, dopo un brevissimo periodo, licenziare da un datore di lavoro «connivente», risultando così disoccupati involontari. Il comma 171, a tal fine, prevede che i lavoratori dimessisi da un precedente rapporto di lavoro e poi licenziati dal rapporto successivo possano fruire della NASPI solo se possono far valere 13 settimane di contribuzione successive alle dimissioni volontarie, purché queste siano avvenute nei dodici mesi precedenti alla cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione. Praticamente, le dimissioni «azzerano» il requisito contributivo che, anziché essere verificato nel quadriennio precedente come di norma, deve essere maturato ex novo. Evidentemente, la nuova disposizione rischia di privare della NASPI molti altri oltre ai «furbetti», introducendo disincentivi al transito volontario verso migliori occasioni di impiego e in definitiva frenando il dinamismo complessivo del mercato del lavoro.
È viceversa rafforzata, dal comma 611, l’Indennità di Discontinuità per i lavoratori dello spettacolo. La soglia massima di reddito percepito viene innalzata a 30.000 euro, il numero minimo di giornate di contribuzione accreditate nell’anno precedente è abbassato a cinquantuno; diventano inoltre computabili ai fini della durata anche le giornate di contribuzione che hanno già dato luogo ad altre prestazioni e il periodo per la presentazione della domanda è esteso fino al 30 aprile e viene abrogata la previsione di percorsi di formazione professionale per i percettori.
Milleproroghe: i contratti a termine
da Admin2Fra i primi interventi dell’attuale Governo in materia di diritto del lavoro c’è stata la riforma delle causali del contratto a termine, al fine di superare le supposte rigidità della disciplina previgente. Nell’attuale quadro normativo, fatte sempre salve le ragioni di natura sostitutiva, la responsabilità di individuare i casi in cui è possibile stipulare, prorogare o rinnovare contratti a termine per una durata superiore a 12 mesi è rimessa alla contrattazione collettiva.
Temporaneamente, nelle more dell’adeguamento dei contratti collettivi a questo nuovo compito, è stata altresì prevista la causale delle «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva», individuate da datore e lavoratore.
Forse anche a causa dell’approccio cauto dei rinnovi contrattuali, il termine ultimo ha dovuto essere più volte prorogato: ad evitare la scadenza del 31 dicembre 2024 è intervenuto l’art. 14, co. 3, del d.l. 27 dicembre 2024, n. 202 (Milleproroghe), che ha disposto una proroga fino al 31 dicembre 2025.
Per un altro anno sarà quindi possibile stipulare contratti a termine secondo una causale che, quando il previgente d.lgs. n. 368/2001 ne prevedeva una identica, si era dimostrata fonte di un cospicuo contenzioso.
Il c.d. correttivo al codice dei contratti pubblici: ancora interventi sui contratti collettivi applicabili
da Admin2Con il nuovo decreto «correttivo» (d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209) cambiano le regole del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) in materia di tutele dei lavoratori in appalto: l’impostazione generale è quella di ampliare gli spazi per la diversificazione dei trattamenti applicati in un medesimo appalto.
In questo senso va già la previsione dell’indicazione, da parte delle stazioni appaltanti, di un diverso contratto collettivo da applicare per le prestazioni «scorporabili» da quella principale e aventi oggetto diverso, tramite l’introduzione di un nuovo comma nell’art. 11. La novità principale, comunque, è l’introduzione di un nuovo Allegato I.01 che contiene i criteri da seguire per l’individuazione del contratto collettivo da indicare e per la verifica dell’equivalenza delle tutele nel caso in cui l’offerente indichi un contratto diverso. Secondo l’Allegato, il contratto collettivo viene determinato individuando l’attività oggetto dell’affidamento tramite connessione con i codici ATECO e verificando la corrispondenza con i sottosettori dell’archivio CNEL dei contratti collettivi e in questi selezionando i contratti stipulati dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative. Da questo punto di vista la versione definitiva si limita a prevedere che le stazioni appaltanti debbano scegliere i contratti utilizzati dal Ministero per la redazione delle tabelle del costo medio del lavoro e, in mancanza di queste, richiedano al Ministero di indicare il contratto da selezionare sulla base dei dati disponibili, eliminando il riferimento a dubbi indici di rappresentatività che erano stati oggetto delle critiche tanto delle organizzazioni sindacali e datoriali quanto del Consiglio di Stato.
Devono segnalarsi anche le previsioni in materia di verifica dell’equivalenza delle tutele fra contratti collettivi. Spicca la presunzione legale di equivalenza fra i contratti stipulati dalle medesime organizzazioni sindacali in relazione alla diversa dimensione o natura giuridica delle imprese (es. le imprese artigiane, cooperative), purché l’offerente applichi il contratto corrispondente alle caratteristiche della sua impresa. Si deve notare che il Consiglio di Stato, sul punto, aveva segnalato l’indeterminatezza dei criteri e quindi il rischio di un’eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti, nonché il rischio di una mancata corrispondenza con le dinamiche effettive delle relazioni sindacali. Al di fuori di questa ipotesi, la verifica dell’equivalenza dovrà prendere a riferimento, dal punto di vista economico, le voci fisse della retribuzione globale annua e, dal punto di vista normativo, una lista di parametri relativi ai principali istituti della contrattazione. Rispetto a questi parametri, le stazioni appaltanti potranno ritenere sussistente l’equivalenza in caso di scostamenti «marginali», la cui definizione è rimessa ad un successivo decreto del Ministero del lavoro e del Ministero dei trasporti.
Assai rilevanti, infine, le modifiche all’art. 119 del Codice in materia di subappalto. Adesso anche i subappaltatori potranno indicare un differente contratto collettivo, a condizione di equivalenza di tutele, come sopra descritto.
Le novità lavoristiche della legge di bilancio: stretta per le indennità di disoccupazione
da Admin2Come ogni anno, sono particolarmente numerose le disposizioni della legge di bilancio – legge 28 dicembre 2024, n. 207 – che interessano il mondo del lavoro e della previdenza sociale. Molte, come di consueto, le misure di carattere fiscale, a partire dalla conferma della riduzione degli scaglioni IRPEF e dal c.d. taglio del cuneo fiscale, fino alle misure relative al trattamento fiscale e contributivo dei fringe benefit e delle spese di trasferta. In materia previdenziale, figurano le consuete proroghe e conferme delle possibilità di accesso flessibile ai trattamenti pensionistici, quali Quota 103, Opzione Donna, Ape Sociale.
Novità significative interessano le indennità di disoccupazione, dichiaratamente mirata a reprimere comportamenti opportunistici relativi alla disoccupazione di rimpatrio e alla NASPI. Con riferimento al primo profilo, l’art. 1, co. 187 della legge di bilancio esclude l’applicabilità della legge n. 402/1975, che prevede la predetta indennità, alle cessazioni di lavoro all’estero a partire dal 1° gennaio 2025: la sostanziale abrogazione dell’indennità è volta ad impedire la fruizione del beneficio per i lavoratori stagionali, prevalentemente giovani, che negli ultimi anni ne hanno beneficiato in seguito a brevissimi periodi di lavoro all’estero, tipicamente in vendemmia. Evidentemente, una soluzione meno impattante avrebbe potuto essere trovata introducendo requisiti di durata minima del periodo di lavoro all’estero, che attualmente sono previsti solo dalla seconda percezione in poi.
L’intervento sulla NASPI è invece volto ad impedire che i lavoratori che si siano dimessi da un precedente rapporto di lavoro possano fruire della prestazione facendosi assumere e, dopo un brevissimo periodo, licenziare da un datore di lavoro «connivente», risultando così disoccupati involontari. Il comma 171, a tal fine, prevede che i lavoratori dimessisi da un precedente rapporto di lavoro e poi licenziati dal rapporto successivo possano fruire della NASPI solo se possono far valere 13 settimane di contribuzione successive alle dimissioni volontarie, purché queste siano avvenute nei dodici mesi precedenti alla cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione. Praticamente, le dimissioni «azzerano» il requisito contributivo che, anziché essere verificato nel quadriennio precedente come di norma, deve essere maturato ex novo. Evidentemente, la nuova disposizione rischia di privare della NASPI molti altri oltre ai «furbetti», introducendo disincentivi al transito volontario verso migliori occasioni di impiego e in definitiva frenando il dinamismo complessivo del mercato del lavoro.
È viceversa rafforzata, dal comma 611, l’Indennità di Discontinuità per i lavoratori dello spettacolo. La soglia massima di reddito percepito viene innalzata a 30.000 euro, il numero minimo di giornate di contribuzione accreditate nell’anno precedente è abbassato a cinquantuno; diventano inoltre computabili ai fini della durata anche le giornate di contribuzione che hanno già dato luogo ad altre prestazioni e il periodo per la presentazione della domanda è esteso fino al 30 aprile e viene abrogata la previsione di percorsi di formazione professionale per i percettori.
Cronaca giuslavoristica di un semestre: gli aggiornamenti al mio Manuale
da Admin2Lo scorso 4 luglio è andata in stampa la seconda edizione del mio Manuale di diritto del lavoro.
Nel frattempo il diritto del lavoro ha continuato a far parlare di sé con varie novità che hanno reso opportuna una appendice di aggiornamento.
A questo link è possibile scaricare gli aggiornamenti.
La conversione del d.l. «salva infrazioni»: novità sul contratto a termine e ulteriori interventi normativi
da Admin2Legge 14 novembre 2024, n. 166, di conversione del d.l. 16 settembre 2024, n. 131.
È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 novembre la legge di conversione del d.l. «salva-infrazioni» che, nel risolvere situazioni di contrasto fra l’ordinamento italiano e quello europeo, è intervenuto, in particolare, sul tema delle conseguenze risarcitorie dell’illegittimità dei contratti a termine nell’ambito del lavoro privato. La conversione in legge ha lasciato immutati, se non per piccole correzioni formali, gli art. 11 e 12 del decreto che intervengono su questa materia rimuovendo i limiti preesistenti al risarcimento del danno (da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità) liquidabile dal Giudice. Per effetto della riforma oggi il lavoratore può ottenere un risarcimento pià elevato se allega e prova il maggior danno.
La riforma riscrive altresì l’art. 36 d.lgs. n. 165/2001 prevedendo specifiche conseguenze risarcitorie (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità) in caso di illegittimità del contratto a termine nel lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.
In sede di conversione è stato introdotto l’art. 16-ter del decreto, che abroga la disposizione (co. 35 dell’art. 8 della l. n. 67/1988) secondo cui gli importi corrisposti dagli utilizzatori della prestazione in caso di distacco, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, non erano imponibili ai fini dell’IVA. Il nuovo regime (con l’imponibilità IVA di detti importi) si applica ai distacchi stipulati o rinnovati a partire dal 1° gennaio 2025.
Merita una rapida menzione anche l’art. 9 del decreto, che interviene su una recente procedura di infrazione stabilendo sanzioni per i datori di lavoro che mettono a disposizione dei lavoratori stagionali stranieri alloggi inidonei, prevedono un canone eccessivo per l’utilizzo degli alloggi, o ancora trattengono l’importo del canone direttamente dalla retribuzione del lavoratore stagionale.
Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sullo staff leasing
da Admin2Trib. Reggio Emilia, ord. 7 novembre 2024
Il c.d. staff leasing contrasta con la disciplina europea (direttiva 2008/104) che prevede, secondo la Corte di Giustizia, la necessaria temporaneità del c.d. lavoro interinale? Questo, in massima sintesi, l’oggetto dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale dello scorso 7 novembre, che ha qualche possibilità di condurre ad una riscrittura di un importante pezzo della disciplina italiana sul lavoro in somministrazione.
Il tema della temporaneità del lavoro in somministrazione è stato, negli ultimi anni, ripetutamente affrontato in giurisprudenza con riferimento alla somministrazione a tempo determinato, laddove si è affermato che la necessaria temporaneità del lavoro interinale non può essere elusa tramite la reiterazione di contratti di somministrazione a tempo determinato con cui uno stesso lavoratore è inviato indefinitamente presso uno stesso utilizzatore, dovendosi in questo caso riconoscere il diritto alla costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con l’utilizzatore.
La possibilità, già ipotizzata, che l’applicazione coerente del requisito di temporaneità della somministrazione evidenzi un radicale contrasto della disciplina in materia di staff leasing con il diritto europeo ora è espressamente presa in considerazione dall’ordinanza in oggetto. La questione, evidentemente, è avviata a conclusioni opposte a seconda che si ritenga o meno che la somministrazione a tempo indeterminato prevista in Italia rientri nell’ambito regolativo della direttiva 2008/104. Benché quest’ultima, testualmente, si riferisca solo alle forme di lavoro interinale «temporaneo», secondo il giudice del rinvio un’interpretazione degli obiettivi dell’intervento del legislatore europeo dovrebbe condurre a ritenere anche la somministrazione a tempo indeterminato soggetta ai vincoli della normativa europea: da qui prendono origine i quesiti posti alla Corte di Giustizia la cui risposta, come già accennato, potrebbe avere conseguenze dirompenti sul quadro normativo italiano in materia.