La Suprema Corte con la sentenza n. 21053 dell‘undici settembre 2017, ribadisce che la violazione delle prescrizioni normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro comporta la revoca dei benefici e delle agevolazioni contributive, indipendentemente dalla natura o dal tipo di violazione accertata.
Nel caso di specie, l’INPS aveva richiesto alla società ricorrente il pagamento della contribuzione in misura piena per il triennio, non conteggiando i benefici previsti dalla legge 448/1998, in ragione della mancata comunicazione all’Ispettorato del lavoro e alle Usl competenti del nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ed esterno all’impresa.
La violazione dell’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 8, comma 11, d.lgs. n. 626/1994, era emersa ed era stata rilevata a seguito di un accertamento ispettivo conseguente a un infortunio mortale di un dipendente della società stessa.
Secondo la società l’inosservanza di tale prescrizione, avente carattere solo formale, non determinava le conseguenze volute dall’INPS e cioè la perdita degli sgravi, che avrebbero potuto verificarsi solo in caso di violazione di norme sostanziali.
Sul punto la sezione lavoro assume la seguente posizione: la normativa (art. 3, comma 6, l. n. 448/1998) non consente alcuna differente valutazione del grado di “gravità” delle violazioni riscontrate ai fini della concessione degli sgravi.
Gli adempimenti richiesti dalla normativa sulla sicurezza hanno, infatti, carattere inderogabile e sono finalizzati alla tutela dei diritti costituzionalmente garantiti della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. La mancata nomina e comunicazione del nome del responsabile, garante degli obblighi di prevenzione e protezione, non può mai costituire violazione di carattere formale, in quanto è preordinata alla corretta e completa applicazione delle misure adottate ed è posta anche in funzione della corretta individuazione del destinatario delle sanzioni collegate alla violazione stessa.
Regolarità contributiva e Durc on line
0 Commenti-da adminCon il messaggio 3220/2017 l’INPS ha avviato, dal 1° settembre 2017, numerosi controlli di verifica sulla regolarità contributiva tramite la piattaforma Durc on line.
I controlli vogliono evitare eventuali fruizioni indebite di benefici normativi e contributivi.
Il Durc “interno” è un documento unico di regolarità contributiva richiesto ai datori di lavoro per fruire di benefici normativi e contributivi, definito “interno” perché gestito dall’INPS per i benefici di competenza dell’Istituto, senza emettere alcuna documentazione.
Per poter godere di benefici normativi e contributivi, i datori di lavoro sono tenuti a possedere il Durc, condizione minima richiesta anche dagli accordi e contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, se sottoscritti.
Per effettuare i controlli sulla regolarità contributiva, l’INPS si serve della procedura che immette autonomamente nel portale Durc online le istanze di verifica; i datori di lavoro in posizione irregolare dovranno, quindi, sanare le proprie posizioni debitorie per non decadere dai benefici.
Si ricorda, inoltre, che i datori di lavoro che intendano beneficiare di agevolazioni devono inviare all’Ispettorato territoriale del Lavoro, tramite pec un modulo ad hoc contenente un’autocertificazione che attesti l’inesistenza a proprio a carico di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi.
Approvata la legge sul Whistleblowing
0 Commenti-da adminNella seduta di mercoledì 15 novembre, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, apportando modifiche ai decreti legislativi nn. 231/2001 e 165/2001, rispettivamente in materia di impiego privato e di impiego pubblico.
Tale disciplina è volta a garantire la riservatezza dell’identità del dipendente che segnala i presunti illeciti ed a neutralizzare potenziali misure ritorsive poste in essere ai danni del segnalante.
Investigazioni private e rapporto di lavoro
0 Commenti-da adminÈ legittimo il pedinamento del dipendente effettuato da un investigatore privato incaricato dal datore di lavoro?
Nel caso di specie, un datore di lavoro ha affidato ad un’agenzia investigativa il compito di monitorare costantemente per circa tre settimane il dipendente fuori dai luoghi di lavoro. Secondo i magistrati della Cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 17723/2017, ci si trova di fronte a «un’attività investigativa svolta da un’agenzia privata e connessa ad una specifica indagine su pretese violazioni del dipendente in relazione a compiti esterni fuori sede, indagine che ricade nella figura del controllo difensivo da parte del datore di lavoro in una sfera eccedente i luoghi di lavoro». La Corte sostiene, inoltre, che non si possa parlare di «violazione della privacy» del lavoratore o di eccessiva «invasività dei controlli dal punto di vista meramente quantitativo (i giorni del pedinamento)», poiché la durata (20 giorni) non eccede i principi di adeguatezza e di proporzionalità.
Il lavoratore ha lamentato la violazione dell’art. 4 della l. n. 300/1970 in tema di controlli sul lavoratore, nonché la violazione delle disposizioni in materia di tutela della privacy (d.lgs. n. 193/2003).
In tal senso, la disposizione dello Statuto dei lavoratori, riformata dal Jobs Act in costanza di un complesso dibattito dottrinario, ha portato alla revisione dell’art. 4 l. n. 300/1970 in senso più permissivo, prevedendo, tuttavia, ai fini dell’utilizzabilità delle informazioni raccolte il rispetto della normativa sulla privacy.
La Corte ha statuito che si tratta di un’attività investigativa svolta da un’agenzia privata e connessa ad una specifica indagine su pretese violazioni di un dipendente in relazione a compiti esterni fuori sede, indagine che ricade nella figura del “controllo difensivo” da parte del datore di lavoro in una sfera eccedente i luoghi di lavoro, ribadendo però il principio generale in questi termini: “la violazione dei principi fissati dal cosiddetto “codice della privacy” del 2003 condurrebbe alla inutilizzabilità processuale ed ancor prima disciplinare dei dati”.
Assenza ingiustificata e legittimità del licenziamento
0 Commenti-da adminLa Corte di Cassazione con sentenza n. 26465 dell’8 novembre 2017 ha ritenuto ingiustificata l’assenza dal posto di lavoro, ancorché fondata su uno stato di malattia esistente, quando vi sia stata “omissione del comportamento attivo prescritto a carico del lavoratore”. Pertanto “il protrarsi dell’assenza non assistita dall’adempimento degli obblighi [prescritti] costituisce inadempimento così grave da giustificare il licenziamento”.
Nel caso di specie, il lavoratore, a seguito di un periodo di malattia, non era rientrato sul posto di lavoro, omettendo di comunicare le ragioni della “nuova” assenza, protrattasi per un periodo superiore a quattro giorni.
Benefici previdenziali e sicurezza sul lavoro
0 Commenti-da adminLa Suprema Corte con la sentenza n. 21053 dell‘undici settembre 2017, ribadisce che la violazione delle prescrizioni normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro comporta la revoca dei benefici e delle agevolazioni contributive, indipendentemente dalla natura o dal tipo di violazione accertata.
Nel caso di specie, l’INPS aveva richiesto alla società ricorrente il pagamento della contribuzione in misura piena per il triennio, non conteggiando i benefici previsti dalla legge 448/1998, in ragione della mancata comunicazione all’Ispettorato del lavoro e alle Usl competenti del nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ed esterno all’impresa.
La violazione dell’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 8, comma 11, d.lgs. n. 626/1994, era emersa ed era stata rilevata a seguito di un accertamento ispettivo conseguente a un infortunio mortale di un dipendente della società stessa.
Secondo la società l’inosservanza di tale prescrizione, avente carattere solo formale, non determinava le conseguenze volute dall’INPS e cioè la perdita degli sgravi, che avrebbero potuto verificarsi solo in caso di violazione di norme sostanziali.
Sul punto la sezione lavoro assume la seguente posizione: la normativa (art. 3, comma 6, l. n. 448/1998) non consente alcuna differente valutazione del grado di “gravità” delle violazioni riscontrate ai fini della concessione degli sgravi.
Gli adempimenti richiesti dalla normativa sulla sicurezza hanno, infatti, carattere inderogabile e sono finalizzati alla tutela dei diritti costituzionalmente garantiti della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. La mancata nomina e comunicazione del nome del responsabile, garante degli obblighi di prevenzione e protezione, non può mai costituire violazione di carattere formale, in quanto è preordinata alla corretta e completa applicazione delle misure adottate ed è posta anche in funzione della corretta individuazione del destinatario delle sanzioni collegate alla violazione stessa.
Potere disciplinare e lavoro subordinato
0 Commenti-da adminIn tema di accertamento dei presupposti della subordinazione, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23846 del 2017 ha precisato che “l’assenza di un potere disciplinare non può, di per sé, comportare la negazione del vincolo di subordinazione”.
Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ravvisato la sussistenza del potere disciplinare “nell’esistenza di un codice di comportamento preventivo e nell’attribuzione del potere di indurne l’applicazione in capo al datore, pur entro i limiti fisiologici di prestazioni standardizzate soggette a continui controlli e diretti interventi di correzione che lasciano uno spazio minore all’esplicazione del potere disciplinare datoriale così come è inteso comunemente”.