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Dimissioni per fatti concludenti? No, è licenziamento illegittimo.

26 Giugno 2025da Admin2

Trib. Trento, sez. lav., 5 giugno 2025, n. 87

Si discute molto della recente decisione del Tribunale di Trento, fra le prime ad applicare le nuove regole sulle c.d. dimissioni di fatto (art. 19, l. n. 203/2024).

Il Giudice ha ritenuto che la nuova fattispecie delle dimissioni non trovi applicazione.

Il caso riguardava il ricorso di una lavoratrice contro la cessazione del rapporto intervenuta dopo che la datrice di lavoro aveva effettuato la comunicazione all’Ispettorato della risoluzione per volontà della dipendente in seguito al superamento del termine massimo di assenza ingiustificata previsto dal contratto collettivo.

Il Tribunale di Trento, accertato che la fattispecie delle c.d. dimissioni per fatti concludenti non si era realizzata, ha riqualificato la vicenda come un licenziamento illegittimo, come richiesto dalla ricorrente. La datrice di lavoro, in particolare, aveva computato fra le assenze ingiustificate rilevanti per il superamento del termine anche giornate di assenza precedenti all’entrata in vigore della disciplina, che quando erano state realizzate potevano avere valenza solo ai fini disciplinari e non anche a quelli della risoluzione del rapporto, e inoltre aveva computato anche l’assenza in un giorno festivo.

Quanto al tipo di illegittimità del licenziamento, il Tribunale ha ritenuto trattarsi di un licenziamento orale, applicando la reintegrazione piena: infatti, la comunicazione della cessazione per dimissioni di fatto non poteva valere come intimazione di licenziamento, per quanto viziata, dal momento che in essa mancava qualsiasi manifestazione di volontà risolutiva, realizzatasi soltanto con il rifiuto di ricevere la prestazione di lavoro, ritualmente offerta dalla ricorrente con l’impugnazione del recesso.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/06/dimissioni-una-postazione-di-lavoro-vuota-e1750866661756.jpg 672 1459 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-06-26 07:37:142025-06-26 07:37:14Dimissioni per fatti concludenti? No, è licenziamento illegittimo.
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Il Garante Privacy su metadati delle e-mail e log della navigazione in Internet dei dipendenti

26 Giugno 2025da Admin2

Garante per la protezione dei dati personali, provvedimento 29 aprile 2025, n. 243

Un recente provvedimento del Garante, adottato nei confronti della Regione Lombardia, torna sul discusso tema del trattamento dei dati raccolti dagli strumenti informatici dei dipendenti, in particolare per quanto riguarda la conservazione dei metadati della posta elettronica e dei log della navigazione internet, testimoniando la difficoltà di un corretto adempimento ai complessi obblighi in materia di protezione dei dati, ma fornendo al contempo molti elementi utili ad indirizzare le scelte dei datori di lavoro in modo da evitare sanzioni.

Il provvedimento, sulla scia del Documento di indirizzo sui metadati della posta elettronica (provv. 6 giugno 2024, n. 364), conferma la centralità dell’accordo sindacale o dell’autorizzazione amministrativa di cui all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori nel caso in cui il datore di lavoro intenda conservare dati che potrebbero rendere possibile un controllo a distanza dell’attività dei dipendenti, per un periodo di tempo più lungo di quello strettamente necessario a garantire la funzionalità e le garanzie di sicurezza essenziali degli strumenti di lavoro informatici.

Sotto lo scrutinio del Garante sono finite sia le modalità di conservazione dei metadati della posta elettronica dei dipendenti sia quelle di conservazione dei log della navigazione in Internet, inizialmente effettuate per lunghi periodi (rispettivamente 90 e 365 giorni) in mancanza di accordi sindacali, stipulati dalla Regione solo in seguito alla pubblicazione del predetto Documento di indirizzo. Il percorso di regolarizzazione intrapreso, pur non essendo stato sufficiente ad escludere le sanzioni per il periodo precedente, ha tuttavia contribuito ad una loro determinazione in misura piuttosto tenue.

Per quanto riguarda, in particolare, il trattamento dei log della navigazione in Internet, il Garante ha verificato che la Regione avrebbe dovuto effettuare una valutazione di impatto ai sensi dell’art. 35 del GDPR, dal momento che esso comportava un monitoraggio sistematico e coinvolgeva i dipendenti, considerati soggetti vulnerabili dalle linee guida in materia. Inoltre, venivano conservati anche i dati relativi ai tentativi di accesso ai siti bloccati dalla blacklist aziendale, con aumento del rischio di raccogliere informazioni non pertinenti con la sfera lavorativa, in contrasto tanto con i principi in materia di protezione dei dati quanto con l’art. 8 dello Statuto. Sul punto, come specifica misura correttiva, il Garante ha ingiunto alla Regione di effettuare l’anonimizzazione dei log relativi ai tentativi di accesso ai siti bloccati.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/06/Garante-privacy-la-privacy-sul-lavoro.jpg 832 1472 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-06-26 07:39:452025-06-26 07:39:45Il Garante Privacy su metadati delle e-mail e log della navigazione in Internet dei dipendenti
Giurisprudenza, Normativa in Giurisprudenza, Normativa

Il licenziamento comunicato tramite Whatsapp non è orale (ma è legittimo?)

26 Giugno 2025da Admin2

Trib. Catania, sez. lav., 27 maggio 2025, n. 2261

Un dipendente ricorreva in Tribunale affermando di essere stato licenziato oralmente. In seguito all’istruttoria emergeva che il lavoratore era già stato informato oralmente della volontà datoriale di recedere ed era stato successivamente invitato con un messaggio Whatsapp a ricevere la comunicazione di licenziamento. Il lavoratore, non presentandosi a “firmare il preavviso”, rispondeva mostrando di aver comunque compreso l’intenzione di cessare il rapporto. Il datore, in seguito, gli trasmetteva la comunicazione UNILAV di cessazione per motivo oggettivo.

Queste due comunicazioni telematiche, secondo il Tribunale di Catania, sono sufficienti ad affermare che il datore di lavoro abbia comunicato per iscritto il licenziamento. Pertanto il ricorso, basato esclusivamente sull’asserita oralità del licenziamento, è stato rigettato.

Del resto, la legittimità di un licenziamento comunicato con mezzi quali la messaggistica istantanea o le mail non certificate è ormai ampiamente riconosciuta, purché sia garantita la certezza e la conoscibilità della decisione al lavoratore. È comunque lecito dubitare che le comunicazioni effettuate avrebbero retto ad un sindacato giudiziale più esteso: quanto all’“invito a firmare il preavviso” ricevuto via whatsapp, è evidente come esso non contenga alcun riferimento alle motivazioni del recesso, né alla data di decorrenza dello stesso; il modulo UNILAV, a sua volta, pare in radice inidoneo a rappresentare una manifestazione di volontà di recedere dal rapporto, trattandosi di una mera comunicazione rivolta all’amministrazione e condivisa con il ricorrente solo per consentirgli di presentare domanda per le prestazioni di sicurezza sociale.

 

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/06/licenziamento-mandato-con-messaggio-whatsapp.jpg 832 1472 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-06-26 07:24:492025-06-26 07:24:49Il licenziamento comunicato tramite Whatsapp non è orale (ma è legittimo?)
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e procedura conciliativa

26 Giugno 2025da Admin2

Cass civ., sez. lav., 10 giugno 2025, n. 15513

Una significativa sentenza di Cassazione ha affermato che non sempre l’effetto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo retroagisce al momento dell’avvio della procedura conciliativa prevista dall’art. 7 della l. n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, co. 41, l. n. 92/2012.

La decisione riguarda il caso di un lavoratore che aveva proposto istanza all’INPS di congedo biennale ex art. 42, d.lgs. n. 151/2001 nelle more dell’espletamento della procedura conciliativa. Il datore di lavoro, a sua volta, l’aveva collocato in ferie per la durata della procedura e comunicato il recesso all’esito negativo di questa. L’INPS aveva rigettato l’istanza in quanto questa era stata presentata in un momento in cui non era in corso un rapporto di lavoro, dal momento che questo si era estinto retroattivamente all’esito del tentativo di conciliazione.

La Suprema Corte ha cassato la sentenza di Appello che aveva confermato l’estinzione del rapporto fin dall’avvio della procedura. Secondo la Cassazione, dal momento che la legge prevede che il periodo eventualmente lavorato durante la procedura debba essere considerato come preavviso lavorato, è necessario distinguere il momento in cui il recesso acquista “rilevanza giuridica” e quello in cui si realizza l’effetto estintivo del rapporto: il legislatore, infatti, in questo modo mostra di considerare ancora esistente il rapporto di lavoro durante la procedura, come testimonia anche il fatto che perché si realizzi il recesso dopo il tentativo di conciliazione è necessaria una ulteriore comunicazione di licenziamento.

Se la “rilevanza giuridica” è sempre retroattiva, l’effetto estintivo può non esserlo nel caso in cui il datore comunichi la volontà di licenziare con preavviso o comunque non interrompa il rapporto durante la procedura: così, dal momento che il ricorrente era stato collocato in ferie, il rapporto non doveva ritenersi estinto retroattivamente al momento in cui era stata proposta l’istanza di congedo. Di conseguenza, i giudici di Appello avrebbero dovuto valutare se quest’ultima avesse realizzato una sospensione del rapporto, tale da impedirne l’estinzione al termine della procedura conciliativa.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2025/06/persona-che-viene-licenziata-per-ristrutturazione.jpg 832 1472 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22025-06-26 07:47:452025-06-26 09:40:44Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e procedura conciliativa
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Il licenziamento per giusta causa intimato per una pluralità di addebiti

26 Giugno 2025da Admin2

Cass. civ., sez. lav., 17 giugno 2025, n. 16358

La decisione riguarda il caso di una soprano, dipendente di una Fondazione lirico-sinfonica, licenziata per essersi allontanata dalla residenza durante le fasce di reperibilità in malattia e per avere nello stesso periodo svolto varie attività. Fra queste, in particolare, rilevava la partecipazione al coro in una funzione religiosa, che secondo la Fondazione contrastava con gli obblighi di contratto collettivo che vietano al personale scritturato di prendere parte professionalmente a qualsiasi spettacolo, trasmissione o registrazione non prodotto dal datore di lavoro e senza l’autorizzazione di quest’ultimo.

In Appello, la Fondazione era stata condannata a reintegrare la dipendente per insussistenza del fatto contestato, dal momento che la partecipazione occasionale al coro di una funzione religiosa non rientrasse nei comportamenti vietati dal contratto collettivo, trattandosi non di prestazione professionale ma di attività di modesta portata e riferibile alla vita privata.

Tutti i motivi di ricorso con cui la Fondazione contestava tale statuizione sono stati ritenuti infondati o inammissibili dalla Cassazione. Diversamente, la Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso che lamentava la mancata considerazione, in Appello, dell’allontanamento dalla residenza durante le fasce di reperibilità per le visite di controllo ribadendo che, qualora il licenziamento sia intimato per giusta causa, consistente in una pluralità di fatti, ciascuno di essi autonomamente costituisce una base potenzialmente idonea a giustificare il recesso, a meno che il lavoratore non provi che soltanto presi in considerazione congiuntamente, per la loro gravità complessiva, essi sono tali da non consentire la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto.

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Giurisprudenza in Giurisprudenza

NASpI e precedente cessazione volontaria: la Circolare dell’INPS sul nuovo requisito contributivo

26 Giugno 2025da Admin2

INPS, Circolare 5 giugno 2025, n. 98

Con la Circolare in oggetto, l’INPS ha fornito le indicazioni amministrative per l’applicazione delle disposizioni, introdotte dalla legge di bilancio per il 2025 (art. 1, co. 171, l. 207/2024) che introducono un nuovo requisito contributivo per l’accesso alla NASpI. La nuova lettera c-bis dell’art. 3, co. 1, d.lgs. 22/2015 prevede che il richiedente, se nei dodici mesi precedenti la richiesta di prestazione si è dimesso o ha risolto consensualmente un precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, debba far valere almeno tredici settimane di contribuzione successive alle dimissioni o alla risoluzione consensuale. La nuova previsione è volta ad evitare le “frodi” di chi, appena dimessosi, si fa assumere e poi subito licenziare da un soggetto compiacente, in modo da risultare disoccupato involontario.

L’Istituto ha ricordato che il nuovo requisito non si applica, per espressa previsione di legge, ai casi di dimissioni durante il periodo di maternità o paternità, di risoluzione consensuale del rapporto nella procedura conciliativa in caso di licenziamento per gmo e alle dimissioni per giusta causa. Secondo l’INPS, alle ipotesi espressamente previste si deve aggiungere il caso di risoluzione consensuale in seguito al rifiuto di trasferimento verso una sede aziendale distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o raggiungibile in più di 80 minuti con i mezzi pubblici. Per quanto riguarda le caratteristiche del requisito di tredici settimane di contribuzione, l’Istituto ribadisce le indicazioni rese in generale con la Circolare n. 94/2015.

Infine, l’Istituto precisa che la novità legislativa riguarda solamente il requisito contributivo per l’accesso alla prestazione, e non la misura e la durata della stessa, che continuano ad essere disciplinate dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 22/2015, e cioè computandosi utilmente tutti i contributi accreditati nel quadriennio precedente.

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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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