Provvedimento del 21 maggio 2025 (pubblicato nella Newsletter del 25 giugno 2025)
Sanzione da 420.000 euro per il datore di lavoro. Il Garante: violati i principi di liceità, minimizzazione e finalità.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato una società con una multa di 420.000 euro per avere utilizzato dati tratti da Facebook, Messenger e WhatsApp della dipendente in due contestazioni disciplinari sfociate poi nel licenziamento.
Le informazioni – post pubblicati su un profilo Facebook chiuso e conversazioni su Messenger e WhatsApp – sono state trasmesse alla società da colleghi o terzi e successivamente utilizzate dall’azienda come parte delle contestazioni disciplinari. Nonostante la società non abbia acquisito attivamente i dati, il Garante ha chiarito che anche l’uso passivo dei dati ricevuti configura un trattamento, soggetto alle regole del GDPR.
Il trattamento è stato ritenuto illecito per diversi motivi:
– i contenuti provenivano da ambienti digitali privati (gruppi chiusi, chat personali), e la dipendente aveva una legittima aspettativa di riservatezza;
– i dati non erano rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale, trattandosi di opinioni personali su questioni ambientali o organizzative;
– l’azienda non ha effettuato alcun bilanciamento tra il proprio interesse e i diritti della lavoratrice, come richiesto dall’art. 6 par. 1 lett. f) del GDPR;
– non è sufficiente che i dati siano stati “inoltrati” da altri per legittimare il loro uso, anche in assenza di una raccolta attiva.
Il principio richiamato dal Garante è il seguente:“I dati personali pubblicati anche su social network accessibili a un gruppo ristretto non possono essere usati indiscriminatamente a ogni fine solo perché visibili da altri. Anche se ottenuti da terzi, il loro uso è un trattamento che richiede una base giuridica.”
Contratti a termine: disciplina transitoria fino al 31 dicembre 2026
da Admin2Decreto Economia.
È stata prorogata fino al 31 dicembre 2026 la disciplina transitoria che consente di stipulare contratti a termine per esigenze tecniche, organizzative o produttive definite dalle parti, anche in assenza delle specifiche previsioni nei contratti collettivi.
La misura conferma un approccio flessibile nella gestione del personale, lasciando, in via temporanea, una maggiore autonomia alle parti individuali ma richiedendo una particolare attenzione nella formulazione delle clausole.
Il rischio di contenzioso nell’utilizzazione di questa (ulteriore proroga) sembra particolarmente elevato.
Congedi per malattie oncologiche – L. 106/2025
da Admin2La legge riconosce fino a 24 mesi di congedo per lavoratori con patologie oncologiche, invalidanti o croniche con invalidità superiore al 74%, oltre a 10 ore annue di permesso retribuito per visite mediche, estese anche ai genitori di figli minori nelle stesse condizioni.
Si tratta di un rafforzamento significativo delle tutele per lavoratori fragili e delle misure di conciliazione vita-lavoro, che impone alle aziende di aggiornare regolamenti interni e prassi operative.
Inquadramento professionale e procedure di reclutamento nelle società pubbliche – Cass., 9 luglio 2025 n. 18809
da Admin2Cass. 9.7.25 n. 18809.
Sembra interessante ricordare che una recente decisione della Cassazione ha escluso che le progressioni verticali interne alle società a totale o prevalente partecipazione pubblica debbano essere soggette alle procedure di reclutamento previste per le nuove assunzioni.
La decisione è in linea con l’orientamento che è andato consolidandosi negli ultimi anni e offre chiarezza evitando appesantimenti procedurali.
Decreto comparti produttivi – L. 113/2025
da Admin2Il provvedimento introduce misure diversificate:
– Aree di crisi complessa: esonero dal contributo addizionale CIGS per il 2025.
– Grandi gruppi: CIGS prorogata fino al 2027, anche con riduzione orario fino al 100%.
– Cessazione con cessione: 6 mesi aggiuntivi di CIGS, con decadenza in caso di rifiuto di formazione o lavoro.
– Settore moda: proroga integrazione salariale di 12 settimane.
– Emergenze climatiche: CIGO senza limiti per edilizia, lapideo, escavazioni; estensione CISOA anche a operai a termine.
Un pacchetto che risponde alle esigenze di comparti colpiti da crisi strutturali e da eventi straordinari, offrendo strumenti di sostegno e flessibilità.
Garante Privacy: no ai dati da Facebook e Whatsapp per licenziare un dipendente
da Admin2Provvedimento del 21 maggio 2025 (pubblicato nella Newsletter del 25 giugno 2025)
Sanzione da 420.000 euro per il datore di lavoro. Il Garante: violati i principi di liceità, minimizzazione e finalità.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato una società con una multa di 420.000 euro per avere utilizzato dati tratti da Facebook, Messenger e WhatsApp della dipendente in due contestazioni disciplinari sfociate poi nel licenziamento.
Le informazioni – post pubblicati su un profilo Facebook chiuso e conversazioni su Messenger e WhatsApp – sono state trasmesse alla società da colleghi o terzi e successivamente utilizzate dall’azienda come parte delle contestazioni disciplinari. Nonostante la società non abbia acquisito attivamente i dati, il Garante ha chiarito che anche l’uso passivo dei dati ricevuti configura un trattamento, soggetto alle regole del GDPR.
Il trattamento è stato ritenuto illecito per diversi motivi:
– i contenuti provenivano da ambienti digitali privati (gruppi chiusi, chat personali), e la dipendente aveva una legittima aspettativa di riservatezza;
– i dati non erano rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale, trattandosi di opinioni personali su questioni ambientali o organizzative;
– l’azienda non ha effettuato alcun bilanciamento tra il proprio interesse e i diritti della lavoratrice, come richiesto dall’art. 6 par. 1 lett. f) del GDPR;
– non è sufficiente che i dati siano stati “inoltrati” da altri per legittimare il loro uso, anche in assenza di una raccolta attiva.
Il principio richiamato dal Garante è il seguente:“I dati personali pubblicati anche su social network accessibili a un gruppo ristretto non possono essere usati indiscriminatamente a ogni fine solo perché visibili da altri. Anche se ottenuti da terzi, il loro uso è un trattamento che richiede una base giuridica.”
Appalti pubblici ed equivalenza dei contratti collettivi
da Admin2Tar Emilia Romagna, 9 giugno 2025, n. 635
Una recente sentenza del Tar dell’Emilia Romagna offre spunti interessanti sul discusso tema dei contratti collettivi applicabili negli appalti pubblici a norma dell’art. 11 del d.lgs. n. 36/2023, affermando che se l’operatore economico, nel contraddittorio con l’amministrazione, non prova adeguatamente la congruità dei costi della manodopera e l’equivalenza del contratto collettivo applicato con quello indicato nel bando, è legittima la sua esclusione dalla gara, anche se la sua offerta non risulta anomala nel complesso.
Il caso di specie riguardava la gara per l’affidamento del servizio di accoglienza e sorveglianza nelle sedi museali in un Comune della Regione; la stazione appaltante aveva indicato il CCNL Federculture come quello di riferimento. La cooperativa risultata prima in graduatoria, invece, nell’offerta dichiarava di applicare il CCNL Multiservizi. Espletato il contraddittorio sulla congruità dei costi della manodopera e sull’equivalenza delle tutele dei contratti collettivi, l’offerente veniva esclusa dalla gara.
Il Tar ha rigettato il ricorso avverso l’esclusione ritenendola perchè motivata dal fatto che la cooperativa non aveva risposto in modo esaustivo alle richieste di chiarimenti rivolte dall’amministrazione e, in particolare, per aver omesso di compilare le tabelle, sottopostele durante il procedimento di verifica, che avrebbero permesso un confronto lineare fra il costo orario dei due contratti collettivi e fra le singole voci retributive da considerare per la verifica di equivalenza economica. Secondo il Tar, inoltre, la cooperativa non poteva difendersi adducendo, soltanto a giudizio instaurato e non già in fase di offerta, che le differenze retributive fra i due contratti (verificati anche dalla relazione tecnica del Comune) sarebbero state pareggiate da superminimi individuali.