Partecipazione, conflitto ed eguaglianza nella trama del diritto del lavoro
Pisa, 10 e 11 aprile 2025 – Palazzo della Sapienza, Aula Magna Storica
Il convegno di studi, che si inserisce nell’ambito del progetto PRIN 2020 INSPIRE (Inclusion Strategies through Participation In Workplace for Organizational Well-Being), rappresenta un’importante occasione di confronto tra studiosi, giuristi, magistrati e professionisti del diritto del lavoro, con l’obiettivo di analizzare il ruolo del conflitto, della partecipazione e dell’eguaglianza come elementi centrali nei processi di trasformazione sociale e organizzativa.
Il convegno, che sarà introdotto e coordinato dal Prof. Pasqualino Albi, si articolerà in tre sessioni. La prima giornata, 10 aprile, sarà dedicata al tema “Il conflitto come emancipazione”, con un approfondimento sulla dialettica tra sciopero, interessi collettivi e trasformazioni sociali. Nella sessione pomeridiana, il focus si sposterà sul processo del lavoro e sulle modalità di composizione giurisdizionale del conflitto.
La seconda giornata, 11 aprile, vedrà la terza sessione dedicata a “L’eguaglianza come inclusione” e affronterà questioni cruciali quali la retribuzione sufficiente, la sicurezza sociale, l’accesso alla conoscenza nell’era dell’intelligenza artificiale e la discriminazione nell’algorithmic management.
Interverranno autorevoli esperti del settore, tra cui accademici provenienti dalle principali università italiane, magistrati e professionisti, che offriranno un’analisi approfondita delle dinamiche del diritto del lavoro contemporaneo.
L’evento è accreditato presso l’Ordine degli Avvocati e l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Pisa per il riconoscimento di crediti formativi.
La partecipazione è aperta a tutti e gratuita, con iscrizione obbligatoria per i professionisti interessati ai crediti formativi.
Il convegno costituirà un’opportunità di riflessione e di dibattito su tematiche di grande attualità e ha l’obiettivo di contribuire al progresso degli studi giuridici e alla costruzione di un diritto del lavoro più inclusivo e attento alle trasformazioni sociali.
Qui la locandina del Convegno
Convegno 10 e 11 aprile 2025 locandina Pisa-def
Sul diritto di critica del dipendente che denuncia la mancata applicazione delle norme Anticovid
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 24 aprile 2025, n. 10864
Un dipendente veniva licenziato in seguito ad un acceso scambio epistolare con l’A.D. della società per cui lavorava, avente ad oggetto la ritenuta cattiva applicazione dei protocolli anti-contagio. La Corte di Appello, pur ritenendo sproporzionato il licenziamento, non aveva disposto la reintegrazione del lavoratore perché il suo comportamento aveva comunque rilievo disciplinare, essendosi risolto in un «indebito abuso critico rivolto a una figura di forte rilievo aziendale».
La Cassazione ha invece ritenuto che una corretta applicazione dei principi sul diritto di critica del lavoratore comportasse la piena legittimità del comportamento del dipendente e quindi richiedesse l’applicazione della tutela reintegratoria per insussistenza del fatto contestato. A rilevare, in particolare, era l’omessa verifica, da parte dei giudici di merito, della continenza formale delle espressioni utilizzate dal lavoratore. Posto che la critica è per definizione espressione di dissenso e disapprovazione sull’operato altrui, l’offensività di un’espressione oltrepassa il limite della continenza solo quando è veicolata con epiteti volgari o infamanti o quando è avulsa dall’oggetto della critica. Anche toni accesi, pertanto, quando connessi all’espressione di una critica articolata rispetto alle modalità di gestione del rapporto di lavoro, sono legittimi quando non presentano i caratteri dell’offesa gratuita ed esorbitante rispetto alle motivazioni sostanziali dello scambio.
Inoltre, il fatto che il lavoratore avesse effettuato una segnalazione al Comitato anti-Covid volta a sollecitare una verifica sull’operato dell’A.D., che secondo la Corte di Appello sarebbe stata indicativa della volontà offensiva del ricorrente, al contrario mostrava la convinzione di questi nella bontà delle proprie ragioni. Risultavano pertanto applicabili anche le tutele per il whistleblower previste dal d.lgs. 24/2023.
Autonomia del patto di non concorrenza e congruità del corrispettivo
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 8 aprile 2025, n. 9256
Il patto di non concorrenza, anche se stipulato contestualmente al contratto di lavoro, è autonomo da questo e trova la sua causa nello scambio fra l’impegno del datore a corrispondere una somma di denaro e l’impegno del lavoratore a non svolgere attività in concorrenza per un periodo determinato successivo alla fine del rapporto di lavoro. Il patto è valido, dal punto di vista del corrispettivo previsto per il lavoratore, se è determinato o determinabile e se non risulta meramente simbolico o manifestamente sproporzionato rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore. Queste caratteristiche vengono definite al momento della stipulazione, quindi la congruità del patto di prova deve essere valutata ex ante, cioè alla luce del tenore delle clausole e non per quanto poi in concreto possa accadere: da questo punto di vista, è indifferente che il corrispettivo pattuito sia erogato in costanza di rapporto di lavoro o dopo la cessazione.
Ricordando questi principi, la Cassazione con la decisione in oggetto ha cassato la decisione di Appello secondo cui il compenso previsto per il lavoratore, benché determinabile, era incongruo, avendo egli percepito solo la tranche maturata in costanza di rapporto prima delle dimissioni, effettuate prima della scadenza del periodo per era prevista la corresponsione periodica del corrispettivo. La sentenza di Appello aveva, secondo la S.C., effettuato una commistione fra i profili attinenti alla validità del patto di non concorrenza e quelli relativi alla fase esecutiva. Infatti, l’obbligazione di pagare il corrispettivo era indipendente dalla durata del rapporto di lavoro e l’ex datore aveva smesso di pagarlo non per la fine del rapporto, ma perché aveva scoperto l’inadempimento agli obblighi di non concorrenza.
Sulle forme di protesta collettiva diverse dallo sciopero
da Admin2Cass. civ., sez. lav., sent. 11 aprile 2025, n. 9526
Con la sentenza in oggetto, la Cassazione ricorda che lo sciopero, per quanto espressamente tutelato dall’art. 40 della Costituzione, è soltanto una delle possibili manifestazioni dell’autotutela e del conflitto collettivo, protette dall’ordinamento direttamente attraverso la garanzia della libertà sindacale.
Il caso riguardava il licenziamento per insubordinazione di un gruppo di lavoratori, i quali avevano prestato la loro attività secondo la turnazione prevista dal ccnl anziché secondo quella decisa con accordo aziendale, per protestare contro la decisione dell’azienda di mantenere quest’ultima turnazione senza continuare a pagare l’indennità pattuita.
La Corte di Appello, pur riconoscendo il valore di protesta collettiva del contegno dei lavoratori, aveva escluso che potesse trattarsi di sciopero in mancanza di proclamazione da parte del sindacato e di astensione del lavoro, affermando che tale forma di protesta si poneva al di fuori delle forme di autotutela protette dall’ordinamento. Pertanto, i licenziamenti non erano discriminatori e ritorsivi, ma soltanto illeciti in quanto il comportamento non poteva essere qualificato come insubordinazione ma come un illecito disciplinare più lieve, per cui il contratto collettivo prevede una sanzione conservativa.
Era stata quindi applicata la tutela reintegratoria attenuata.
Secondo la Cassazione, invece, pur non potendosi parlare di sciopero in mancanza di astensione dal lavoro, la Corte di Appello aveva errato nel disconoscere la finalità sindacale della protesta, cioè di tutela delle condizioni di lavoro su un piano collettivo, la cui ricorrenza non richiede il coinvolgimento del sindacato. Pertanto, il contegno tenuto dai lavoratori doveva essere protetto come manifestazione di libertà sindacale e i licenziamenti erano nulli perché posti in essere in relazione allo svolgimento di attività sindacale, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 604 del 1966.
Partecipazione, conflitto ed eguaglianza nella trama del diritto del lavoro, Pisa 10-11 aprile 2025
da Admin2Partecipazione, conflitto ed eguaglianza nella trama del diritto del lavoro
Pisa, 10 e 11 aprile 2025 – Palazzo della Sapienza, Aula Magna Storica
Il convegno di studi, che si inserisce nell’ambito del progetto PRIN 2020 INSPIRE (Inclusion Strategies through Participation In Workplace for Organizational Well-Being), rappresenta un’importante occasione di confronto tra studiosi, giuristi, magistrati e professionisti del diritto del lavoro, con l’obiettivo di analizzare il ruolo del conflitto, della partecipazione e dell’eguaglianza come elementi centrali nei processi di trasformazione sociale e organizzativa.
Il convegno, che sarà introdotto e coordinato dal Prof. Pasqualino Albi, si articolerà in tre sessioni. La prima giornata, 10 aprile, sarà dedicata al tema “Il conflitto come emancipazione”, con un approfondimento sulla dialettica tra sciopero, interessi collettivi e trasformazioni sociali. Nella sessione pomeridiana, il focus si sposterà sul processo del lavoro e sulle modalità di composizione giurisdizionale del conflitto.
La seconda giornata, 11 aprile, vedrà la terza sessione dedicata a “L’eguaglianza come inclusione” e affronterà questioni cruciali quali la retribuzione sufficiente, la sicurezza sociale, l’accesso alla conoscenza nell’era dell’intelligenza artificiale e la discriminazione nell’algorithmic management.
Interverranno autorevoli esperti del settore, tra cui accademici provenienti dalle principali università italiane, magistrati e professionisti, che offriranno un’analisi approfondita delle dinamiche del diritto del lavoro contemporaneo.
L’evento è accreditato presso l’Ordine degli Avvocati e l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Pisa per il riconoscimento di crediti formativi.
La partecipazione è aperta a tutti e gratuita, con iscrizione obbligatoria per i professionisti interessati ai crediti formativi.
Il convegno costituirà un’opportunità di riflessione e di dibattito su tematiche di grande attualità e ha l’obiettivo di contribuire al progresso degli studi giuridici e alla costruzione di un diritto del lavoro più inclusivo e attento alle trasformazioni sociali.
Qui la locandina del Convegno
Convegno 10 e 11 aprile 2025 locandina Pisa-def
Il Ministero sull’applicazione della legge «anti-delocalizzazioni»
da Admin2Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Interpello 27 gennaio 2025, n. 1
L’associazione datoriale Federdistribuzione ha proposto richiesta di interpello al Ministero del lavoro al fine di ottenere chiarimenti sui casi in cui è necessario attivare la speciale procedura prevista dall’art. 1, co. da 224 a 237-bis, l. n. 234/2021, che prevede obblighi ulteriori a quelli previsti per tutti i licenziamenti collettivi nei casi di chiusure di stabilimenti di significativa consistenza occupazionale al fine di attenuarne gli effetti occupazionali e produttivi. In particolare, l’associazione intendeva chiarire se, nel caso in cui un datore intenda chiudere due sedi, di cui una occupante più di 50 e l’altra meno di 50 dipendenti, la procedura debba essere attivata solo per la sede più grande o anche per quella più piccola.
Il Ministero ritiene che debbano applicarsi anche a questa procedura i principi generali in materia di licenziamenti collettivi, di cui alla legge n. 223/1991, che sono volti ad assicurare parità di trattamento ai dipendenti di un medesimo datore, in particolare per quanto riguarda l’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Pertanto, secondo il Ministero risulta più coerente con la finalità di tutela del lavoro e dell’occupazione ritenere che il datore di lavoro sarà tenuto ad attivare la procedura con riferimento ad entrambe le chiusure, anche se solo una determini l’esubero di almeno 50 unità di personale.
Non c’è assenza ingiustificata se il lavoratore non comunica la fruizione dei permessi l. 104/1992
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 3 marzo 2025, n. 5611
Confermando in toto la decisione di Appello, la Cassazione ha disposto la reintegrazione nel posto di lavoro di un lavoratore licenziato per assenza ingiustificata in quanto si era assentato dal lavoro per fruire dei permessi per la cura di un familiare disabile grave previsti dalla legge n. 104/1992 (in particolare, dei permessi aggiuntivi previsti dalla legislazione dell’emergenza Covid) senza comunicarlo formalmente al datore di lavoro. Secondo i giudici di merito e di legittimità, il fatto contestato al lavoratore era insussistente dal momento che il contratto collettivo applicato al rapporto non prevedeva nessun obbligo specifico in relazione alla comunicazione delle assenze per i suddetti permessi, potendosi semmai dedurre un obbligo di correttezza in tal senso, né in nessun modo equiparava la mancata comunicazione dell’assenza alla sua carenza di giustificazione. Pertanto, la condotta per come contestata, cioè l’assenza ingiustificata, era insussistente e il lavoratore doveva essere reintegrato secondo l’art. 3, co. 2, d.lgs. 23/2015.