Cass. civ., sez. lav., sent. 16 ottobre 2024, n. 26681
Nella grande distribuzione organizzata sono diffusi contratti commerciali che prevedono che alcuni reparti del supermercato (macellerie, pescherie, gastronomie etc.) vengano gestiti in concessione da operatori specializzati. La merce acquistata, per la quale il reparto emette autonomo scontrino fiscale, è però pagata dai clienti alle casse del supermercato stesso; la gestione del reparto è concessa a fronte del pagamento al supermercato di un canone annuo e di una percentuale sulle vendite.
Alcune operatrici addette ad un reparto pescheria gestito attraverso questo schema contrattuale convenivano la società datrice di lavoro (poi fallita) e il supermercato concedente, affinché fosse accertato che quest’ultimo era responsabile in via solidale per i crediti retributivi e contributivi ex art. 29, d.lgs. n. 276/2003. La Corte di Appello, escludendo che il contratto potesse qualificarsi come appalto, riteneva inapplicabile la responsabilità solidale.
La Cassazione ha accolto il ricorso delle lavoratrici avverso tale statuizione. La responsabilità solidale, come già chiarito da Corte cost. n. 247/2017 in materia di subfornitura, risponde alla ratio di evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale: se l’operazione commerciale, come avveniva nel caso di specie, comporta un simile meccanismo di decentramento, la responsabilità solidale non può essere esclusa.
La Cassazione chiude affermando l’importanza, nella verifica da svolgere per verificare la sussistenza di un’operazione di decentramento produttivo, dell’individuazione dell’interesse economico concreto sotteso all’operazione, guardando alla sussistenza di situazioni di dipendenza economica e dell’esistenza di squilibri nei diritti e obblighi nella relazione contrattuale.
La direttiva sul lavoro nelle piattaforme digitali pubblicata in Gazzetta Ufficiale
da Admin2Direttiva 23 ottobre 2024, n. 2831.
All’esito di un lungo iter di approvazione, lo scorso 11 novembre è stata infine pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2024/2831, relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali, già approvata il 23 ottobre scorso.
Come già ricordato recentemente, il contenuto più importante del testo normativo è rappresentato dalla presunzione di subordinazione del rapporto che lega i prestatori di lavoro alle piattaforme «ogni volta che si riscontrano fatti che indicano un potere di controllo o direzione», con onere della prova contraria a carico del datore. Importanti previsioni sono anche disposte in materia di gestione algoritmica dei rapporti di lavoro, con la previsione di obblighi informativi sull’utilizzo dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (su cui l’ordinamento italiano si era già attivato con il d.lgs. 104/2022) e, in modo ancora più innovativo, in materia di sorveglianza umana sui sistemi automatizzati e sul diritto a garantire il riesame umano delle decisioni assunte da questi. Da non sottovalutare nemmeno le previsioni in materia di trasparenza, con l’obbligo per le piattaforme di mettere a disposizione degli Stati membri e dei rappresentanti dei lavoratori una cospicua serie di informazioni.
La direttiva entra in vigore il prossimo 1° dicembre e dovrà essere trasposta dagli Stati membri entro il 2 dicembre 2026.
Ancora conferme sulla reintegrazione in caso di mancata contestazione dell’addebito disciplinare
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 11 novembre 2024, n. 28927
Con l’ordinanza in oggetto la Cassazione ribadisce un proprio principio che sembra ormai consolidato in tema di conseguenze sanzionatorie per l’omissione della contestazione prima dell’intimazione del licenziamento disciplinare. L’art. 18, co. 6, dello Statuto dei lavoratori prevede, in caso di violazione del requisito di motivazione del licenziamento o della procedura disciplinare di cui all’art. 7 dello Statuto, la sola sanzione indennitaria nella forma attenuata, trattandosi, secondo il legislatore, di vizi formali che non incidono sulla giustificatezza sostanziale del provvedimento. La Cassazione tuttavia, da tempo, nell’ipotesi di radicale difetto di contestazione dell’infrazione disciplinare applica la tutela reintegratoria attenuata di cui all’art. 18, co. 4, dal momento che in tale situazione si determina l’insussistenza dell’intero procedimento disciplinare, e non la mera violazione delle sue disposizioni. Nel ragionamento della Suprema Corte, infatti, la contestazione del fatto rappresenta un presupposto logico e giuridico necessario per la valutazione della illegittimità del recesso e la sua mancanza, pertanto, viene assimilata all’«insussistenza del fatto contestato» che legittima la reintegrazione a norma del comma 4. È evidente che, oggi, questo modo di ragionare trova delle rispondenze nelle argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 128 del 2024.
L’opzione per il sistema contributivo dopo la riforma delle pensioni
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 19 novembre 2024, n. 29768
La Cassazione, con la pronuncia in oggetto, chiarisce gli effetti dell’esercizio dell’opzione per il sistema contributivo effettuata dopo l’entrata in vigore del d.l. 201/2011, c.d. riforma Fornero del sistema pensionistico. Si ricorda, a tale proposito, che il co. 23 dell’art. 1 della l. 335/1995 (c.d. riforma Dini) aveva previsto, per i lavoratori la cui pensione sarebbe soggetta al sistema retributivo o a quello misto, la possibilità di optare per l’applicazione integrale del sistema contributivo. Originariamente, l’opzione comportava anche l’applicazione dei requisiti per l’accesso a pensione previsti nel sistema contributivo puro dalla stessa legge 335/1995. Con la riforma Fornero, tuttavia, l’inciso che conteneva tale ultima previsione è stato abrogato.
La pronuncia è stata resa su ricorso dell’INPS contro le sentenze di merito che avevano riconosciuto ad una lavoratrice il diritto a conseguire la pensione di vecchiaia secondo i requisiti pensionistici previsti prima del 2011, pur avendo esercitato l’opzione solo nel corso del 2013. La Cassazione ha accolto il rilievo mosso dall’Ente secondo cui, così ragionando, si trasformerebbe l’opzione per il regime contributivo in uno strumento per conseguire ex post una deroga al regime del d.l. 201/2011.
Pertanto, chiarisce la Suprema Corte, dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 201/2011 l’opzione per il computo della pensione con il sistema contributivo non comporta più anche l’applicazione dei ben più favorevoli requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia previsti prima della riforma, ma soltanto l’applicazione integrale del criterio contributivo per il computo della pensione (con evidente restrizione a casi particolari dei benefici conseguenti all’esercizio dell’opzione).
La sicurezza sul lavoro nella recente evoluzione normativa e giurisprudenziale
da Admin2Il prossimo 14 novembre parlerò della sicurezza sul lavoro nella recente evoluzione normativa e giurisprudenziale.
Molte e delicate sono le questioni aperte.
Grazie all’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Pisa per l’invito!
C’è sempre la reintegra in caso di licenziamento disciplinare senza contestazione
da Admin2Trib. Roma, sez. lav., sent. 12 ottobre 2024, n. 10104
Quale tutela è applicabile in caso di licenziamento disciplinare intimato senza previa contestazione da un datore che non raggiunge i limiti dimensionali di cui all’art. 18 dello Statuto e al quale, quindi, si dovrebbe applicare l’art. 9 del d.lgs. 23/2015, con la sola tutela indennitaria ridotta?
Il Tribunale di Roma, pronunciandosi sul caso di un licenziamento in tronco che non era stato preceduto da alcuna contestazione disciplinare, dopo aver ricordato l’orientamento di Cassazione secondo cui la totale omissione del procedimento disciplinare comporta l’applicazione della tutela reintegratoria per insussistenza del fatto contestato, anche nel regime delle c.d. tutele crescenti, ha proposto una soluzione: anche se il datore di lavoro non raggiunge i limiti dimensionali nel caso di totale omissione della contestazione si applica la reintegrazione perché l’atto è affetto da una radicale nullità, anche se «virtuale» e non nominata.
Così ragionando, si deve applicare la tutela reintegratoria «forte» di cui all’art. 2, co. 1, del d.lgs. 23/2015, per la quale non sono previste distinzioni di requisiti dimensionali: la limitazione della reintegrazione ai casi di nullità «espressamente previsti dalla legge», infatti, è stata superata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 22 del 2024.
Si applica la responsabilità solidale in caso di appalti “atipici”?
da Admin2Cass. civ., sez. lav., sent. 16 ottobre 2024, n. 26681
Nella grande distribuzione organizzata sono diffusi contratti commerciali che prevedono che alcuni reparti del supermercato (macellerie, pescherie, gastronomie etc.) vengano gestiti in concessione da operatori specializzati. La merce acquistata, per la quale il reparto emette autonomo scontrino fiscale, è però pagata dai clienti alle casse del supermercato stesso; la gestione del reparto è concessa a fronte del pagamento al supermercato di un canone annuo e di una percentuale sulle vendite.
Alcune operatrici addette ad un reparto pescheria gestito attraverso questo schema contrattuale convenivano la società datrice di lavoro (poi fallita) e il supermercato concedente, affinché fosse accertato che quest’ultimo era responsabile in via solidale per i crediti retributivi e contributivi ex art. 29, d.lgs. n. 276/2003. La Corte di Appello, escludendo che il contratto potesse qualificarsi come appalto, riteneva inapplicabile la responsabilità solidale.
La Cassazione ha accolto il ricorso delle lavoratrici avverso tale statuizione. La responsabilità solidale, come già chiarito da Corte cost. n. 247/2017 in materia di subfornitura, risponde alla ratio di evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale: se l’operazione commerciale, come avveniva nel caso di specie, comporta un simile meccanismo di decentramento, la responsabilità solidale non può essere esclusa.
La Cassazione chiude affermando l’importanza, nella verifica da svolgere per verificare la sussistenza di un’operazione di decentramento produttivo, dell’individuazione dell’interesse economico concreto sotteso all’operazione, guardando alla sussistenza di situazioni di dipendenza economica e dell’esistenza di squilibri nei diritti e obblighi nella relazione contrattuale.