Ecco alcune immediate informazioni sulle riforme approvate oggi, 20 febbraio 2015, dal Consiglio dei Ministri.
1. Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (decreto legislativo – esame definitivo)
Decreto legislativo tutele crescenti 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge n. 183 del 2014.
Contratto a tutele crescenti
Si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto, per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).
Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.
Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.
Licenziamenti collettivi
Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).
In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.
Piccole imprese
Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.
Sindacati e partiti politici
La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.
2. Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati (decreto legislativo – esame definitivo)
Decreto legislativo ammortizzatori sociali 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge n. 183 del 2014.
Naspi
Il decreto introduce la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Vale per gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della Naspi sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4.33.
La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro.
L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro.
L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.
Asdi
Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi, assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Dis-Col
Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori).
Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento.
Il suo importo e’ rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.
3. Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni (decreto legislativo – esame preliminare)
Schema di decreto tipologie contrattuali e mansioni 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene il testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni.
Ecco i punti essenziali per il riordino delle tipologie contrattuali.
Contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.). A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza). Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.
Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing.
Vengono confermate le seguenti tipologie:
Contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali.
Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%).
Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.
Lavoro accessorio (voucher). Verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.
Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro.
Part-time. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).
Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.
Mansioni. In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro).
Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita.
4. Disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (decreto legislativo – esame preliminare)
Schema di decreto legislativo conciliazione vita lavoro 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo contenente disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, a norma dell’articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 183 del 2014.
Si tratta di un provvedimento che interviene, prevalentemente, sul testo unico a tutela della maternità (n° 151 del 26 marzo 2001) e reca misure volte a sostenere le cure parentali, a tutelare la maternità delle lavoratrici intervenendo, in alcuni casi, anche in settori che già erano stati oggetto di intervento da parte della Corte Costituzionale e non ancora recepiti in norma.
Il decreto interviene, innanzitutto, sul congedo obbligatorio di maternità, al fine di rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari come quelli di parto prematuro o di ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso si prevede la possibilità di usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle tutele della salute della madre.
Il decreto prevede un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6 anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. Analoga previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall’ingresso del minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del congedo.
In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto, la possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti.
Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali.
Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere.
La norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti. In particolare, per il riconoscimento dei benefici si esclude dal computo dei limiti numerici previsti dalle leggi e dai contratti i telelavoratori che rientrino nella fattispecie individuata dal decreto.
La seconda norma introduce il congedo per le donne vittime di violenza di genere ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati e, quindi, si prevede la possibilità per queste lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Viene anche introdotto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a richiesta della lavoratrice.
Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per analoghi motivi sempre per un massimo di tre mesi.
Jobs Act: in G.U. gli ultimi 4 decreti legislativi
0 Commenti-da adminSul supplemento ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2015, sono stati pubblicati gli ultimi quattro decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183/2014:
– decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 148, in tema di riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro;
– decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 149, in tema di razionalizzazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro;
– decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150, in tema di riforma dei servizi per il lavoro e di politiche attive;
– decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151, in tema di semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese.
I decreti legislativi sono in vigore dal 24 settembre 2015.
Eguaglianza e differenza nel diritto del lavoro
0 Commenti-da adminIl prossimo 24 giugno un convegno alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa su eguaglianza e differenza nel diritto del lavoro.
Jobs Act: semplificazione
0 Commenti-da adminIl Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione dell’articolo 1 della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
IL DECRETO-LEGGE SULLE PENSIONI
0 Commenti-da adminDecreto Legge in materia di ammortizzatori sociali e pensioni approvato nella seduta del Consiglio dei Ministri n. 64 del 18 maggio 2015
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 64 del 18 maggio 2015, ha approvato un decreto legge in materia di ammortizzatori sociali e di pensioni che attua quanto statuito dalla recente sentenza n. 70 del 2015 della Corte Costituzionale in materia di indicizzazione delle pensioni.
Nell’attuazione dei principi enunciati nella sentenza n. 70 del 2015 della Corte Costituzionale, il decreto legge riconosce ai trattamenti pensionistici superiori a tre volte i trattamenti minimi, per il 2012-13, una parziale rivalutazione in base all’inflazione, graduata in funzione decrescente per fasce di importi pensionistici fino a sei volte il trattamento minimo, con decorrenza primo settembre 2015.
Gli arretrati invece, saranno pagati in un’unica soluzione il 1° agosto prossimo, per un ammontare medio di oltre 500 euro a pensionato, importo che sarà maggiore per le pensioni comprese tra tre e quattro volte il minimo e inferiore per le pensioni comprese tra quattro e sei volte il minimo stesso.
Quanto al meccanismo di rimborso, viene confermato che esso non si tradurrà in un recupero integrale: si tratterà di una struttura di rimborso inversamente proporzionale al valore della pensione che, quindi, prevede pagamenti decrescenti al crescere della pensione percepita.
Il bonus sarà pari:
1) a € 750 per i pensionati con assegni da 1.700 euro lordi a 2.199 euro lordi;
2) a € 450 euro per quelli da 2.200 euro a 2.699 euro;
3) a € 278 euro per quelli da 2.700 euro a 3.199 euro.
In materia pensionistica sono anche previsti un intervento che consente all’Inps di anticipare al 1° giorno del mese il pagamento delle pensioni e un ulteriore intervento che protegge il montante contributivo, per il calcolo delle future pensioni, dalla caduta del PIL che si è verificata negli anni passati.
In materia di ammortizzatori sociali sono poi previsti il rifinanziamento per 1 miliardo di euro degli ammortizzatori in deroga per il 2015 (mobilità e cassa integrazione) e il rifinanziamento dei contratti di solidarietà per 70 milioni di euro.
La nuova circolare Inps sulla Naspi
0 Commenti-da adminL’Inps, con la circolare n. 94 del 12 maggio 2015 fornisce ulteriori chiarimenti in merito all’introduzione della NASpI.
La NASpI sostituisce le indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI (introdotte dall’art. 2 della legge n. 92 del 2012), con riferimento agli eventi di disoccupazione involontaria verificatisi dal 1° maggio 2015.
Jobs Act: lo stato dell’arte dopo il CdM del 20.2.15
0 Commenti-da adminEcco alcune immediate informazioni sulle riforme approvate oggi, 20 febbraio 2015, dal Consiglio dei Ministri.
1. Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (decreto legislativo – esame definitivo)
Decreto legislativo tutele crescenti 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge n. 183 del 2014.
Contratto a tutele crescenti
Si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto, per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).
Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.
Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.
Licenziamenti collettivi
Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).
In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.
Piccole imprese
Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.
Sindacati e partiti politici
La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.
2. Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati (decreto legislativo – esame definitivo)
Decreto legislativo ammortizzatori sociali 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge n. 183 del 2014.
Naspi
Il decreto introduce la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Vale per gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della Naspi sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4.33.
La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro.
L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro.
L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.
Asdi
Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi, assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Dis-Col
Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori).
Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento.
Il suo importo e’ rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.
3. Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni (decreto legislativo – esame preliminare)
Schema di decreto tipologie contrattuali e mansioni 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene il testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni.
Ecco i punti essenziali per il riordino delle tipologie contrattuali.
Contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.). A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza). Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.
Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing.
Vengono confermate le seguenti tipologie:
Contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali.
Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%).
Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.
Lavoro accessorio (voucher). Verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.
Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro.
Part-time. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).
Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.
Mansioni. In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro).
Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita.
4. Disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (decreto legislativo – esame preliminare)
Schema di decreto legislativo conciliazione vita lavoro 20.2.15
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo contenente disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, a norma dell’articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 183 del 2014.
Si tratta di un provvedimento che interviene, prevalentemente, sul testo unico a tutela della maternità (n° 151 del 26 marzo 2001) e reca misure volte a sostenere le cure parentali, a tutelare la maternità delle lavoratrici intervenendo, in alcuni casi, anche in settori che già erano stati oggetto di intervento da parte della Corte Costituzionale e non ancora recepiti in norma.
Il decreto interviene, innanzitutto, sul congedo obbligatorio di maternità, al fine di rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari come quelli di parto prematuro o di ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso si prevede la possibilità di usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle tutele della salute della madre.
Il decreto prevede un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6 anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. Analoga previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall’ingresso del minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del congedo.
In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto, la possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti.
Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali.
Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere.
La norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti. In particolare, per il riconoscimento dei benefici si esclude dal computo dei limiti numerici previsti dalle leggi e dai contratti i telelavoratori che rientrino nella fattispecie individuata dal decreto.
La seconda norma introduce il congedo per le donne vittime di violenza di genere ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati e, quindi, si prevede la possibilità per queste lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Viene anche introdotto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a richiesta della lavoratrice.
Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per analoghi motivi sempre per un massimo di tre mesi.