Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti ha approvato in via preliminare un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2016, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, ai sensi dell’art. 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Nello specifico, di seguito si dà conto delle modifiche apportate ai cinque decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, cosiddetta Jobs Act.
Decreto legislativo n. 81 del 2015
Le modifiche apportate riguardano il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher) e sono essenzialmente due:
- La prima modifica è volta a garantire la piena tracciabilità dei voucher. Mutuando la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente, si prevede che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione di lavoro accessorio, a comunicare alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. I committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui al primo periodo, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni. In caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la medesima sanzione prevista per il lavoro intermittente ovvero la sanzione amministrativa da euro 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Si specifica, inoltre, che, trattandosi di violazione non sanabile a posteriori, non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
- La seconda esclude il settore agricolo dall’applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori a 2.000 euro per ciascun committente. L’esclusione è motivata dal fatto che l’utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro per lavoratore, anche ad ulteriori limiti secondo i quali in agricoltura il lavoro accessorio è utilizzabile nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado o in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università e per le attività agricole svolte a favore dei piccoli produttori agricoli (che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7.000 euro).
Decreto legislativo n. 148 del 2015
Le modifiche apportate riguardano:
- L’espressa previsione della possibilità di trasformare i contratti di solidarietà «difensivi» in contratti di solidarietà «espansivi», così da favorire l’incremento degli organici e l’inserimento di nuove competenze.
La trasformazione può riguardare i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno dodici mesi nonché quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016, a prescindere dal fatto che siano in corso da dodici mesi o meno, e dovrà avvenire nelle forme previste per la stipula dei contratti di solidarietà espansivi.
La trasformazione non può prevedere una riduzione d’orario superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione salariale originaria. L’integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali e i lavoratori beneficiano dell’accredito contributivo figurativo.
Inoltre, si stabilisce che le quote di trattamento di fine rapporto relative alla retribuzione persa maturate durante il periodo di solidarietà restino a carico della gestione previdenziale di afferenza e che la contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro sia ridotta del 50%.
- La possibilità che, per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti imprese di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale, possa essere concessa a domanda e con decreto interministeriale, la reiterazione della riduzione contributiva di cui all’articolo 6, comma 4, del decreto legge n. 510 del 1996 per la durata stabilita dalla commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal comma 4 dello stesso articolo 42 e comunque entro il limite di 24 mesi. All’onere derivante dalla concessione della riduzione contributiva in esame si provvede entro il limite di spesa previsto dal comma 5 e i decreti di concessione sono soggetti a monitoraggio finalizzato al rispetto del limite di spesa.
- La possibilità anche per l’ISFOL (che assume la denominazione di INAPP) di accedere ai dati elementari detenuti dall’ISTAT, dall’INPS, dall’INAIL, dall’Agenzia delle entrate e da altri enti e amministrazioni.
Decreti legislativi n. 149 e 150 del 2015
La modifica al decreto legislativo n. 149 del 2015 consente, almeno nella fase di avvio, l’allocazione della sede dell’Ispettorato presso un immobile in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali seppure non di proprietà dello stesso. La modifica consente, inoltre, in prospettiva, all’Ispettorato di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale.
Si prevede poi che l’ISFOL, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, cambi denominazione e assuma quella di Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), maggiormente corrispondente ai compiti di monitoraggio e valutazione svolti dall’Istituto.
Sempre con riferimento all’ISFOL si sopprime il «ruolo ad esaurimento» previsto per i dipendenti ISFOL che transitano nei ruoli ANPAL, al fine di evitare che i lavoratori possano vedere pregiudicate le loro prospettive di carriera, in particolare la partecipazione alle procedure per ottenere un superiore inquadramento.
Con riferimento al decreto legislativo n. 150 del 2015 si prevede che l’ANPAL effettui la verifica dei residui passivi a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo. Con decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero e dell’economia e delle finanze, in seguito alle verifiche effettuate dall’ANPAL, verranno individuale le risorse da disimpegnare che nella misura del 50 per cento confluiscono in una gestione a stralcio per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Si modificano in parte le funzioni attribuite all’ANPAL. Da un lato, si chiarisce quali sono i servizi per il lavoro che rientrano nelle competenze dell’ANPAL tramite il rinvio ai servizi e alle misure di politica attiva elencate nell’articolo 18 dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015, dall’altro, si aggiunge la competenza relativa al coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.
Si precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, dai quali il lavoratore ricava redditi di ammontare esiguo, tali da non superare la misura del reddito c.d. non imponibile (corrispondente ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).
Infine, si modifica l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevede espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l’autorizzazione all’attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.
Decreto legislativo n. 151 del 2015
Vengono disposte le seguenti modifiche alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità:
- a) si precisa che la computabilità dei lavoratori già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, riguarda i lavoratori che abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60 per cento.
- b) si lega l’importo delle sanzioni di cui all’articolo 15 della legge n. 68 del 1999 (relative alla violazione dell’obbligo di invio del prospetto informativo e alla mancata copertura della quota d’obbligo) alla misura del contributo esonerativo previsto dall’articolo 5, comma 3-bis, della medesima legge;
- c) si chiarisce che per le violazioni relative alla mancata copertura della quota d’obbligo è applicabile la procedura della diffida, che in tal caso dispone, in relazione alla quota d’obbligo non coperta, la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro con la persona avviata dagli uffici competenti;
- d) si prevede che gli importi delle sanzioni amministrative di cui articolo 15, comma 1, (violazione dell’obbligo di invio del prospetto informativo) sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
La modifica all’articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300 in materia di controlli a distanza è conseguente all’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni già esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro. In particolare, si chiarisce che, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali dell’Ispettorato, qualora non si raggiunga l’accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati, in alternativa, previa autorizzazione della sede territoriale o della sede centrale dell’Ispettorato.
In ogni caso, si chiarisce che i provvedimenti autorizzatori adottati dall’Ispettorato sono definitivi per cui non è possibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchico. Ciò deriva dal fatto che i provvedimenti autorizzatori sono adottati tanto dalle sedi territoriali, quanto, a scelta delle imprese che hanno unità produttive dislocate in più ambiti territoriali, dalla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Pertanto, mentre per i provvedimenti delle sedi territoriali, si potrebbe ipotizzare un ricorso alla sede centrale, nei confronti dei provvedimenti di quest’ultima non è possibile individuare un superiore gerarchico. Infatti, il rapporto che lega l’Ispettorato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali si qualifica come rapporto di vigilanza e non gerarchico.
La modifica alla disciplina delle dimissioni ha lo scopo di chiarire che la procedura in materia di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, così come la precedente procedura disciplinata dalla legge n. 92 del 2012, non trova applicazione nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. E ciò in considerazione del fatto che la ratio dell’intervento normativo di cui all’articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015 è principalmente quella di contrastare la pratica delle c.d. dimissioni in bianco, pratica che non risulta presente nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
La rivalutazione degli indennizzi del danno biologico
0 Commenti-da adminCircolare INAIL n. 49/2016 – la rivalutazione degli indennizzi del danno biologico
Lo scorso 16 dicembre l’INAIL ha emesso una circolare in merito alle nuove disposizioni in materia di rivalutazione degli importi degli indennizzi del danno biologico, derivante da malattia professionale o infortunio sul lavoro.
Secondo quanto affermato nella circolare, la legge di stabilità 2016 ha introdotto un meccanismo di rivalutazione automatica su base annua delle prestazioni economiche erogate dall’INAIL a titolo di indennizzo del danno biologico.
Il legislatore ha disposto che, a partire dal 2016, e precisamente a decorrere dal 1° luglio di ogni anno, gli importi degli indennizzi erogati dall’INAIL dovranno essere rivalutati con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali – nonché su proposta del Presidente dell’INAIL – sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come accertato dall’ISTAT.
A tal proposito, l’ISTAT ha già avviato l’iter per la rivalutazione degli importi degli indennizzi dovuti; tuttavia, l’istituto ha registrato, per l’anno 2015, una variazione percentuale del predetto indice dei prezzi al consumo pari a – 0,1%.
La circolare afferma, richiamando quanto stabilito dalla legge di stabilità 2016, che la percentuale di adeguamento non può mai risultare inferiore a zero: quindi, anche nel caso di una variazione in negativo dell’indice dei prezzi al consumo, l’adeguamento delle prestazioni in esame non potrà mai avvenire in negativo.
Sorveglianza sanitaria e “basso rischio”
0 Commenti-da adminCon la sentenza n. 35425 del 24 agosto 2016, la Corte di Cassazione penale, III sezione, ha confermato la decisione del giudice di merito che ha condannato il medico competente di un’impresa per la violazione degli obblighi ex art. 25 lett. b) d.lgs. n. 81/2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Secondo la tesi dei legali del medico competente, non era dovuto l’obbligo alla programmazione della sorveglianza sanitaria, perché il rischio era “incerto” e di basso livello.
La Corte ha rigettato il ricorso ritenendo il medico competente obbligato alla programmazione della sorveglianza sanitaria, attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati. (ai sensi dell’art. 25, lett. b) e dell’art. 41, d.lgs. n. 81/2008).
Secondo la Corte, il “complesso di obblighi di collaborazione e di controllo in materia di prevenzione rischi e sorveglianza sanitaria, come delineato dalla normativa di settore”, portano “all’osservanza degli obblighi tra cui deve essere individuato quello della sorveglianza sanitaria sulla base dei rischi indicati negli artt. 167 e 168, e nell’allegato 33 e dunque dei rischi da sovraccarico biomeccanico. Diversamente argomentando si vanificherebbe la ratio di prevenzione in materia di salute e sicurezza del lavoro”.
Il basso o “incerto” rischio è, infatti, irrilevante non prevedendo la disciplina livelli minimi o gradienti di rischio da considerare.
In conclusione, il rischio era stato identificato e correlato alla specifica attività lavorativa, pertanto, la sua sussistenza richiedeva comunque la sorveglianza sanitaria.
La procedura per il deposito dei contratti integrativi
0 Commenti-da adminIl Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite il sito (www.cliclavoro.gov.it) ha comunicato che dall’8 giugno 2016 per il deposito dei contratti di secondo livello previsto dal Decreto Interministeriale del 25 marzo 2016 non è più necessario associare l’utenza dell’azienda a quella del legale rappresentate o amministratore delegato ma potrà avvenire in modalità semplificata con qualsiasi utenza di “Cliclavoro” associata all’azienda.
Si ricorda che il deposito è obbligatorio per fruire delle agevolazioni fiscali legate ai premi di risultato, alla partecipazione dei lavoratori agli utili o alle misure di welfare aziendale.
Si ricorda che per poter fruire della detassazione i contratti di secondo livello devono essere depositati in modalità telematica.
Per effettuare il deposito, è necessario compilare il modello telematico indicando i dati del datore di lavoro, il numero dei lavoratori coinvolti, le misure introdotte e gli indicatori previsti per la misurazione dei parametri prefissati e allegando il file del contratto in formato pdf.
Il modello così completo viene inviato automaticamente alla DTL competente e il datore di lavoro dichiarerà, in questo modo, la conformità del contratto ai principi fissati nell’articolo 1, commi 182-189 della l. 208/2015 e alle disposizioni del decreto interministeriale 25 marzo 2016.
La Corte di Giustizia sul diritto alle ferie
0 Commenti-da adminCon la sentenza resa nella causa C-341/15 (Hans Maschek/Magistratsdirektion der Stadt Wien-Personalstelle Wiener Stadtwerke) la Corte di Giustizia risponde ad alcune questioni poste dal giudice del rinvio sull’articolo 7 della direttiva 2003/88 in materia di ferie annuali.
Nel caso di specie un dipendente pubblico della città di Vienna, era stato collocato a riposo su sua richiesta; in forza di un accordo concluso con il suo datore di lavoro si era previsto che il lavoratore, pur continuando a percepire lo stipendio, non fosse tenuto a presentarsi sul posto di lavoro nel periodo precedente il suo pensionamento.
Durante tale periodo il dipendente è stato in congedo per malattia; pertanto, dopo il suo pensionamento, chiedeva al proprio datore di lavoro il pagamento di un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute.
Il datore di lavoro ha respinto la domanda del dipendente, in quanto, ai sensi della normativa relativa alla retribuzione dei dipendenti pubblici della città di Vienna, un lavoratore che, di propria iniziativa, ponga fine al rapporto di lavoro – in particolare chiedendo di essere collocato a riposo – non ha diritto a una siffatta indennità.
Con la sentenza, depositata il 20 luglio 2016, la Corte rammenta che l’art. 7 della direttiva 2003/88 prevede che ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione che è conferito a ogni lavoratore, indipendentemente dal suo stato di salute.
Quando cessa il rapporto di lavoro e dunque la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile, la direttiva prevede che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, egli non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria.
Dunque l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte, “non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato (sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punto 23). […] Ne consegue, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, che un lavoratore, che non sia stato posto in grado di usufruire di tutte le ferie retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute. A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato”.
Da tali premesse ne discende che, al fine di assicurare l’effetto utile di tale diritto alle ferie annuali, se il lavoratore è tenuto a non presentarsi a lavoro in forza di un accordo concluso con il suo datore di lavoro, non ha diritto all’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute durante tale periodo ma se il lavoratore non ha potuto usufruire delle ferie a causa di una malattia, quest’ultimo avrà diritto, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute.
I primi correttivi al Jobs Act
0 Commenti-da adminIl Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti ha approvato in via preliminare un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2016, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, ai sensi dell’art. 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Nello specifico, di seguito si dà conto delle modifiche apportate ai cinque decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, cosiddetta Jobs Act.
Decreto legislativo n. 81 del 2015
Le modifiche apportate riguardano il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher) e sono essenzialmente due:
Decreto legislativo n. 148 del 2015
Le modifiche apportate riguardano:
La trasformazione può riguardare i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno dodici mesi nonché quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016, a prescindere dal fatto che siano in corso da dodici mesi o meno, e dovrà avvenire nelle forme previste per la stipula dei contratti di solidarietà espansivi.
La trasformazione non può prevedere una riduzione d’orario superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione salariale originaria. L’integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali e i lavoratori beneficiano dell’accredito contributivo figurativo.
Inoltre, si stabilisce che le quote di trattamento di fine rapporto relative alla retribuzione persa maturate durante il periodo di solidarietà restino a carico della gestione previdenziale di afferenza e che la contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro sia ridotta del 50%.
Decreti legislativi n. 149 e 150 del 2015
La modifica al decreto legislativo n. 149 del 2015 consente, almeno nella fase di avvio, l’allocazione della sede dell’Ispettorato presso un immobile in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali seppure non di proprietà dello stesso. La modifica consente, inoltre, in prospettiva, all’Ispettorato di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale.
Si prevede poi che l’ISFOL, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, cambi denominazione e assuma quella di Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), maggiormente corrispondente ai compiti di monitoraggio e valutazione svolti dall’Istituto.
Sempre con riferimento all’ISFOL si sopprime il «ruolo ad esaurimento» previsto per i dipendenti ISFOL che transitano nei ruoli ANPAL, al fine di evitare che i lavoratori possano vedere pregiudicate le loro prospettive di carriera, in particolare la partecipazione alle procedure per ottenere un superiore inquadramento.
Con riferimento al decreto legislativo n. 150 del 2015 si prevede che l’ANPAL effettui la verifica dei residui passivi a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo. Con decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero e dell’economia e delle finanze, in seguito alle verifiche effettuate dall’ANPAL, verranno individuale le risorse da disimpegnare che nella misura del 50 per cento confluiscono in una gestione a stralcio per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Si modificano in parte le funzioni attribuite all’ANPAL. Da un lato, si chiarisce quali sono i servizi per il lavoro che rientrano nelle competenze dell’ANPAL tramite il rinvio ai servizi e alle misure di politica attiva elencate nell’articolo 18 dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015, dall’altro, si aggiunge la competenza relativa al coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.
Si precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, dai quali il lavoratore ricava redditi di ammontare esiguo, tali da non superare la misura del reddito c.d. non imponibile (corrispondente ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).
Infine, si modifica l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevede espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l’autorizzazione all’attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.
Decreto legislativo n. 151 del 2015
Vengono disposte le seguenti modifiche alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità:
La modifica all’articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300 in materia di controlli a distanza è conseguente all’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni già esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro. In particolare, si chiarisce che, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali dell’Ispettorato, qualora non si raggiunga l’accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati, in alternativa, previa autorizzazione della sede territoriale o della sede centrale dell’Ispettorato.
In ogni caso, si chiarisce che i provvedimenti autorizzatori adottati dall’Ispettorato sono definitivi per cui non è possibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchico. Ciò deriva dal fatto che i provvedimenti autorizzatori sono adottati tanto dalle sedi territoriali, quanto, a scelta delle imprese che hanno unità produttive dislocate in più ambiti territoriali, dalla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Pertanto, mentre per i provvedimenti delle sedi territoriali, si potrebbe ipotizzare un ricorso alla sede centrale, nei confronti dei provvedimenti di quest’ultima non è possibile individuare un superiore gerarchico. Infatti, il rapporto che lega l’Ispettorato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali si qualifica come rapporto di vigilanza e non gerarchico.
La modifica alla disciplina delle dimissioni ha lo scopo di chiarire che la procedura in materia di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, così come la precedente procedura disciplinata dalla legge n. 92 del 2012, non trova applicazione nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. E ciò in considerazione del fatto che la ratio dell’intervento normativo di cui all’articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015 è principalmente quella di contrastare la pratica delle c.d. dimissioni in bianco, pratica che non risulta presente nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
licenziamento per inidoneità alle mansioni
0 Commenti-da adminCass., sez. lav., 26 aprile 2016, n. 8248 affronta l’ipotesi di licenziamento intimato al lavoratore sulla base della contestazione da parte del datore di lavoro di avere appreso in ritardo il riconoscimento dello status di invalido civile in capo al lavoratore, in quanto non vedente e sull’assunto che il riconoscimento di invalido civile in quanto non vedente lo rende inidoneo alle mansioni dedotte in contratto.
Secondo la Suprema Corte già il tenore della lettera “radica il convincimento che proprio la condizione di non vedente del lavoratore sia stata la ragione esclusiva del licenziamento intimatogli: tanto più che la stessa Corte aquilana ha contraddittoriamente rilevato che “la incapacità a rendere proficuamente la prestazione di lavoro è correlata non ad effettive disfunzioni rilevate nello svolgimento dei compiti di pertinenza del P. , posto che nessun fatto specifico gli viene rimproverato, ma alla sua condizione di invalidità… che non ha impedito però al P. , almeno fino a che è durato il rapporto, di svolgere le sue attività”.
La Corte di Cassazione sottolinea l’apoditticità delle conclusioni datoriali rilevando il difetto di prova che la condizione di carenza visiva avesse ostacolato la capacità del lavoratore di rendere proficuamente la prestazione e come l’inidoneità all’esecuzione della prestazione fosse sostenuta senza “alcun accertamento sanitario a norma dell’art. 5, ult. comma l. 300/1970”.
Pertanto, il licenziamento poteva essere ricondotto alle ipotesi previste dall’art. 15 della L. 300/1970 (licenziamento discriminatorio), ovvero, ai casi in cui il licenziamento viene intimato solo ed esclusivamente per ragioni di handicap.