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Il Garante Privacy rivede le linee guida sui metadati delle e-mail dei dipendenti

18 Giugno 2024da Admin2

Alcuni mesi fa, un Provvedimento del Garante Privacy aveva individuato le Linee guida in tema di conservazione dei metadati delle e-mail aziendali dei dipendenti, suscitando preoccupazioni fra le imprese per l’esiguità del tempo – pari a 7 giorni, estensibili di 48h in caso di particolari necessità – trascorso il quale il Garante riteneva dovesse essere attivata la procedura di cui all’art. 4, co. 1, dello Statuto dei lavoratori per l’autorizzazione all’utilizzo di strumenti dai quali possa derivare la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa. In seguito alle osservazioni ricevute, il Garante aveva attivato una procedura di consultazione pubblica al fine di raccogliere informazioni utili per una revisione delle Linee guida.

All’esito della consultazione, con Provvedimento del 6 giugno, reso pubblico il 14 giugno, il Garante ha introdotto modifiche al Documento di indirizzo che consentono di stemperare almeno in parte le iniziali preoccupazioni. Intanto, è precisato cosa debba intendersi per metadati cui il Documento fa riferimento: informazioni registrate nei log generati dai sistemi server di gestione e smistamento della posta elettronica e dalle postazioni nell’interazione che avviene tra i diversi server interagenti e, se del caso, tra questi e i client, che possono ricomprendere gli indirizzi del mittente e del destinatario, gli indirizzi IP, gli orari di invio, ecc., che sono registrati automaticamente dai sistemi. Essi non devono essere confusi con le informazioni contenute nei messaggi o in esso integrate o allegate, che sono inscindibili dal messaggio e rimangono sotto l’esclusivo controllo dell’utente (sia esso il mittente o il destinatario).

Inoltre, il Garante ha esteso il periodo per il quale è possibile conservare i metadati senza necessità di fare ricorso alla procedura di autorizzazione di cui all’art. 4, co. 1, dello Statuto: i metadati necessari per assicurare il funzionamento delle infrastrutture del sistema di posta potranno essere raccolti e conservati per un periodo pari a 21 giorni, ulteriormente estensibili in presenza di particolari condizioni che ne rendano necessaria l’estensione. In quest’ultimo caso, dovranno essere adeguatamente comprovate, in applicazione del principio di accountability, le specificità della realtà tecnica e organizzativa del datore titolare del trattamento dei dati.

Si porta infine l’attenzione sulla circostanza che il Provvedimento in questione afferma (punto 3): “Diversamente, la generalizzata raccolta e la conservazione dei log di posta elettronica, per un lasso di tempo più esteso, potendo comportare un indiretto controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, richiede l’esperimento delle garanzie previste dall’art. 4, comma 1, della predetta L. n. 300/1970 (v., da ultimo, provv. 1° dicembre 2022, n. 409, doc. web n. 9833530). Resta fermo che anche tale conservazione dovrà avvenire nel rispetto del principio di limitazione della conservazione”.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2021/01/240_F_233586848_39HjhoXApWrqXrQsNBv0upavhiec8l21-e1610643078837.jpg 240 360 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-06-18 13:19:572024-06-18 13:19:57Il Garante Privacy rivede le linee guida sui metadati delle e-mail dei dipendenti
Prassi in Prassi

È nullo il licenziamento della lavoratrice per causa di matrimonio anche se il datore conosceva la pregressa convivenza di fatto

18 Giugno 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., ord. 22 maggio 2024, n. 14301

Una lavoratrice veniva licenziata per motivo oggettivo, asseritamente in connessione con una ristrutturazione aziendale, durante il periodo di un anno dalle pubblicazioni di matrimonio, entro il quale il licenziamento si presume nullo in quanto intimato a causa del matrimonio a norma dell’art. 35 del d.lgs. 198/2006. Il ricorso del datore di lavoro contro la sentenza che aveva accertato la nullità del licenziamento ha offerto alla Cassazione l’occasione per ribadire i principi in materia.

Il datore ricorrente allegava di essere stato a conoscenza della pregressa convivenza di fatto della lavoratrice, ritenendo tale circostanza idonea ad escludere l’intento discriminatorio del licenziamento e quindi l’assenza di ogni violazione all’interesse tutelato dalla norma. Ma la Corte precisa che l’oggetto della prova che il datore di lavoro è tenuto a fornire non è quello della carenza di intento discriminatorio, ma il fatto che il licenziamento è avvenuto «non a causa di matrimonio»: prova che la legge ammette nelle sole tre ipotesi di cui all’art. 35 cit. e cioè in caso di colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa di licenziamento, di cessazione dell’attività produttiva, di scadenza del termine.

La Corte ha altresì ribadito che, in caso di reintegrazione nel posto di lavoro per nullità del licenziamento a causa di matrimonio, come in ogni ipotesi di reintegrazione «piena», non trova applicazione la detrazione dall’indennità risarcitoria dell’aliunde percipiendum, cioè di quanto la lavoratrice avrebbe potuto percepire dedicandosi diligentemente alla ricerca di una nuova occupazione.

 

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2020/05/240_F_280013047_cnRRwl0NQfwX7LVOZLmu96taIotzcis4-e1589980238367.jpg 218 360 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-06-18 13:20:202024-06-18 13:20:20È nullo il licenziamento della lavoratrice per causa di matrimonio anche se il datore conosceva la pregressa convivenza di fatto
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Ancora la Cassazione in tema di responsabilità datoriale per l’ambiente stressogeno

18 Giugno 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., sent., 7 giugno 2024, n. 15957

Una lavoratrice, dipendente amministrativa del Ministero dell’Istruzione, agiva in giudizio per il riconoscimento dei danni conseguenti alle vessazioni datoriali subite. Nei primi due gradi di giudizio la domanda veniva rigettata; la Corte d’Appello, peraltro, fondava la sua decisione anche sul presupposto che il clima conflittuale prodottosi nell’ambiente lavorativo fosse imputabile, in parte, alla stessa ricorrente.

La Suprema Corte, con la sentenza in oggetto, ha cassato la decisione d’Appello ritenendo che questa non fosse conforme ai principi espressi in materia. La Corte, ricordando che le nozioni di mobbing e straining hanno natura medico-legale e servono soltanto per identificare comportamenti che contrastano con l’obbligo datoriale di sicurezza, di cui all’art. 2087 c.c., afferma che anche qualora tali figure non ricorrano deve essere verificata la responsabilità del datore per l’aver tollerato la sussistenza di un «ambiente lavorativo stressogeno» il quale rappresenta un fatto ingiusto rilevante ai sensi dell’art. 2087 c.c. e suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie, ancorché apparentemente lecite o solo episodiche.

Come altri recenti interventi – ne avevamo parlato qui – la pronuncia in oggetto rappresenta un chiarimento interpretativo della Suprema Corte, che ribadisce come l’elemento fondamentale ai fini della sussistenza di una violazione dell’obbligo datoriale di sicurezza, in tema di danni psico-fisici ricollegabili all’ambiente di lavoro, non è la ricorrenza di questa o quella figura specifica di natura medico-legale ma l’omissione delle misure rilevanti e necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2020/01/Lottemperanza-al-giudicato.-La-giustizia-nellamministrazione-707x354-1.jpg 354 707 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-06-18 13:17:162024-06-18 13:17:16Ancora la Cassazione in tema di responsabilità datoriale per l’ambiente stressogeno
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Giurisprudenza in Giurisprudenza

Il decreto interministeriale sulle modalità di redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile

18 Giugno 2024da Admin2

La legge n. 162/2021 ha, fra le altre cose, modificato l’art. 46 del Codice delle pari opportunità (d.lgs. 198/2006), estendendo e rafforzando l’obbligo, per le imprese che occupano oltre 50 dipendenti, di redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile, e prevedendone la redazione su base volontaria da parte delle imprese che non raggiungono la soglia occupazionale menzionata.

Il decreto interministeriale del 3 giugno 2024 (del Ministero del Lavoro e del Ministero della Famiglia), rivede le modalità (esclusivamente telematiche) per la redazione e presentazione del rapporto, insieme con le modalità secondo le quali i rapporti sono resi consultabili da parte delle consigliere e i consiglieri di parità.

Il termine per la trasmissione del primo rapporto da redigersi con le nuove modalità, relativo al biennio 2022-2023, è stabilito al 15 luglio 2024; per la annualità successive, il termine sarà il 30 aprile. È ragionevole prevedere che le regole siano destinate a cambiare nuovamente con il recepimento delle direttive 2023/970/UE e 2024/1500/UE, in materia rispettivamente di rafforzamento del principio di parità retributiva fra uomini e donne e di norme sugli organismi per la parità: il decreto stesso precisa che le nuove regole sono disposte «nelle more» del recepimento di dette direttive da parte dell’ordinamento italiano.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2017/11/pexels-photo-207924-2.jpeg 3205 5717 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-06-18 13:18:212024-06-18 13:18:21Il decreto interministeriale sulle modalità di redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile
Prassi in Prassi

La Corte costituzionale sul trasferimento temporaneo dei dipendenti pubblici con figli minori di 3 anni

18 Giugno 2024da Admin2

Corte cost., sent. 4 giugno 2024, n. 99

L’art. 42-bis del d.lgs. 151/2001 disciplina l’istituto del trasferimento temporaneo dei dipendenti pubblici che siano genitori di figli minori di tre anni, prevedendo che il dipendente possa essere assegnato su richiesta ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione dove l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, per un periodo, anche frazionato, complessivamente non superiore a tre anni. Il trasferimento è disposto a condizione che nella sede di destinazione sia disponibile un posto vacante e di corrispondente retribuzione, salvo motivato dissenso delle amministrazioni di provenienza o destinazione, limitato a casi o esigenze eccezionali.

Il Consiglio di Stato ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui non prevede che il trasferimento possa essere richiesto anche presso una sede ubicata nella stessa regione o provincia ove è fissata la residenza del nucleo familiare. La Corte costituzionale, con la sentenza in oggetto, ha accolto la questione, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, e riconosciuto l’irragionevolezza della previsione: la limitazione della possibilità di richiedere il trasferimento nella regione o provincia dove lavora l’altro genitore si fonda sul presupposto erroneo che il figlio minore necessariamente si trovi in tale regione o provincia. Ma la realtà sociale smentisce questo assunto: pertanto la disposizione non tutela adeguatamente i nuclei familiari nei quali entrambi i genitori lavorano in regioni diverse da quelle dove è stata fissata la residenza familiare.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2020/06/240_F_331900960_6dGzutEgjBdDQumc90VDS6mWupBbFXSC-1-e1593102649822.jpg 240 360 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-06-18 13:20:392024-06-18 13:20:39La Corte costituzionale sul trasferimento temporaneo dei dipendenti pubblici con figli minori di 3 anni
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Diritto del lavoro: focus sulle novità normative in tema di appalti

3 Giugno 2024da Admin2
Il prossimo 18 giugno, nel webinar organizzato da Ti Forma, parleremo con l’avv. Pasquale Staropoli delle novità normative in tema di appalti.
L’obiettivo è quello di mettere a fuoco alcuni passaggi chiave per la comprensione del tema facendo attenzione alle complesse implicazioni pratiche: la distinzione tra appalti e somministrazione di lavoro, l’appalto illecito e le conseguenze sanzionatorie, la responsabilità solidale negli appalti, la successione negli appalti e il trasferimento d’azienda, la disciplina degli appalti nei contratti collettivi, il trattamento economico e normativo dei dipendenti dell’appaltatore e il rinvio ai contratti collettivi, gli appalti nel codice dei contratti pubblici.
Vi aspettiamo!

  • Brochure_appalti e rapporti di lavoro
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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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