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Gli accomodamenti ragionevoli nel nuovo d.lgs. 62/2024 sulla disabilità

22 Maggio 2024da Admin2

D.lgs. 3 maggio 2024, n. 62

Il recente d.lgs. 3 maggio 2024, n. 62, attuazione della legge 21 dicembre 2021, n. 221 in tema di disabilità, oltre ad innovazioni importanti in tema di definizione della «condizione di disabilità», di unificazione procedurale sotto la competenza dell’INPS dei procedimenti volti all’accertamento di tali condizioni, di introduzione del «progetto di vita» volto all’inclusione e partecipazione sociale della persona con disabilità, contiene anche previsioni di immediato e specifico interesse lavoristico.

In particolare, l’art. 17, introducendo un nuovo art. 5-bis alla legge 104 del 1992, prevede una disciplina legale degli «accomodamenti ragionevoli» da tempo noti alla giurisprudenza. L’accomodamento ragionevole è ora definito come l’insieme di misure e adattamenti che possono essere richiesti alle amministrazioni, ai concessionari di pubblico servizio e ai privati – anche nella loro veste di datori di lavoro – per garantire i diritti della persona con disabilità quando a ciò non sia sufficiente il rispetto delle previsioni di legge.

Secondo le nuove previsioni, l’interessato ha facoltà di presentare istanza scritta al soggetto obbligato – ad esempio, il datore di lavoro – per l’adozione di un accomodamento ragionevole, anche formulando una proposta la cui possibilità di accoglimento dovrà essere verificata previamente all’adozione di una decisione. L’istante ha diritto di essere coinvolto nel procedimento e nelle valutazioni per l’adozione degli accomodamenti, che devono essere individuati secondo un criterio di ragionevolezza, non potendosi imporre un onere sproporzionato rispetto alla sostenibilità organizzativa ed economica dell’impegno richiesto, in un’ottica di proporzionalità.

La recente riforma prevede che al rifiuto ingiustificato di adottare gli accomodamenti ragionevoli è possibile reagire con ricorso all’autorità giudiziaria (legge n. 67 del 2006) e, adesso, anche con richiesta alla recentemente istituita Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, volta alla verifica della discriminatorietà del rifiuto.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2021/07/240_F_257943463_waAjqUusHX5OryGpZHDrzM789wglawNM.jpg 427 640 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-05-22 08:17:092024-05-22 08:17:09Gli accomodamenti ragionevoli nel nuovo d.lgs. 62/2024 sulla disabilità
Normativa in Normativa

Il licenziamento del whistleblower

22 Maggio 2024da Admin2

Cass civ., sez. lav., sent. 9 maggio 2024, n. 12688

Sia il Tribunale che la Corte di Appello rigettavano il ricorso di un dirigente pubblico contro il licenziamento per giusta causa intimatogli. Ricorrendo in Cassazione, questi lamentava che i giudici di merito avessero omesso del tutto di esaminare la sussistenza dell’ipotesi di whistleblowing, non avendo tenuto conto del fatto che egli in passato aveva più volte presentato denunce relative alle attività illecite dei vertici aziendali e aveva collaborato nelle conseguenti indagini.

La Corte accoglie le doglianze del ricorrente con un ragionamento in due fasi: innanzitutto, verifica la contraddittorietà della motivazione dei giudici di merito relativamente alla sussistenza della giusta causa di licenziamento. In seguito, ciò che maggiormente interessa, la Corte verifica che i giudici di merito hanno del tutto omesso di valutare, trincerandosi dietro l’asserita esistenza della giusta causa, che il licenziamento potesse costituire una ritorsione ai sensi dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001. Ricordando che l’accoglimento della domanda volta ad affermare l’illegittimità del provvedimento espulsivo per motivo illecito determinante è subordinata alla verifica che l’intento di vendetta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di risolvere il rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso, dovendosi escludere una valutazione comparativa fra le diverse possibili ragioni del recesso, la Corte censura l’operato dei giudici di merito che hanno trattato atomisticamente le questioni poste dal ricorrente prescindendo da un’opportuna contestualizzazione della vicenda.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/11/testata-giurisprudenza.jpg 300 500 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-05-22 08:19:052024-05-22 08:19:05Il licenziamento del whistleblower
Giurisprudenza in Giurisprudenza

Part time verticale e lavoro su turni

22 Maggio 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., ord. 29 aprile 2024, n. 11333

Se un contratto part time verticale è organizzato in turni, questi devono essere individuati nel contratto stesso e non possono essere rimessi a comunicazioni periodiche successive del datore di lavoro dal momento che nel contratto part-time è necessaria l’indicazione della durata della prestazione e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, al mese, all’anno.

Ciò è quanto affermato dalla Cassazione in un caso in cui il contratto di lavoro conteneva solo l’indicazione del numero di ore annuali, giornaliere, di turni e dei mesi nei quali sarebbe stata resa la prestazione. L’articolazione concreta dei turni veniva, invece, comunicata di anno in anno, ritenendo il datore di lavoro applicabile anche ai dipendenti part time la previsione del ccnl applicabile secondo cui al personale turnista i turni possono essere comunicati finanche su base mensile.

La Corte, confermando la decisione di appello, esclude tale ipotesi. La previsione del ccnl può riferirsi soltanto ai turnisti a tempo pieno dal momento che essa contrasta con la ratio protettiva dell’intera disciplina del part time, volta a tutelare la possibilità per il dipendente di organizzare il tempo libero per la cura delle attività familiari e delle eventuali ulteriori attività lavorative. Per lo stesso motivo, anche la previsione dell’art. 5 del d.lgs. 81/2015, secondo cui nel caso in cui il part time sia organizzato su turni l’indicazione specifica dell’orario di lavoro può avvenire anche «mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite» deve essere interpretata nel senso che i turni di lavoro restino indicati per iscritto nel contratto, senza poter essere di volta in volta comunicati al dipendente.

https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/03/Cartellino_timbro_Fotogramma-kraB-835x437@IlSole24Ore-Web.jpg 437 835 Admin2 https://www.studiolegalealbi.com/wp-content/uploads/2019/07/logo-albi.png Admin22024-05-22 08:18:272024-05-22 08:18:27Part time verticale e lavoro su turni
Giurisprudenza in Giurisprudenza

La revoca delle dimissioni «protette» convalidate dall’INL

22 Maggio 2024da Admin2

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota prot. 8 maggio 2024, n. 862

Le dimissioni volontarie rassegnate dai lavoratori genitori di figli minori di tre anni, a norma dell’art. 55, co. 4, d.lgs. 151/2001, vedono la propria efficacia subordinata alla convalida dell’Ispettorato territoriale del lavoro, che verifica che le stesse siano frutto di una scelta genuina del lavoratore e non frutto di condizionamenti del datore di lavoro. Tuttavia, non è prevista una disciplina per la revoca di tali dimissioni convalidate e, viceversa, è espressamente esclusa quella generale del d.lgs. n. 151/2015.

Sul punto l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota in oggetto, ha ricordato che non esistono ostacoli di principio alla revoca sia prima del procedimento di convalida sia successivamente, ma in un momento precedente alla decorrenza delle dimissioni e, quindi, alla definitiva risoluzione del rapporto. Comunque, la revoca delle dimissioni richiederà un esame istruttorio da parte dell’Ispettorato per l’annullamento del provvedimento di convalida, nel quale dovrà essere verificata la fondatezza delle motivazioni addotte e potranno essere programmati eventuali accertamenti ispettivi nei confronti del datore di lavoro, qualora si ritenga che siano stati realizzati comportamenti illeciti nei confronti del lavoratore.

Il limite oltre il quale non è più possibile revocare le dimissioni rese rimane, come già detto, quello in cui si sia prodotto l’effetto della risoluzione del rapporto, che in questo caso, potrà riprendere solo con il consenso del datore.

 

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Prassi in Prassi

Sulla nullità del patto di non concorrenza

22 Maggio 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., ord. 19 aprile 2024, n. 10819

Secondo la Cassazione, è nullo il patto di non concorrenza nell’ambito del quale il datore si riservi di cessare la corresponsione del compenso al dipendente in caso di mutamento di mansioni dello stesso, a fronte del mantenimento in capo a quest’ultimo di tutti gli obblighi derivanti dal patto, fra cui quello al pagamento dell’eventuale penale, per un periodo successivo al mutamento di mansioni.

Tale previsione provoca l’indeterminatezza della clausola che stabilisce il compenso dovuto al dipendente, dal momento che il suo ammontare è rimesso ad una decisione unilaterale e imprevedibile ex ante, assunta dal datore di lavoro, di modificare le sue mansioni.

L’indeterminatezza del compenso è equivalente alla sua mancata previsione e quindi comporta la nullità dell’intero patto ai sensi dell’art. 2125 c.c. dal momento che, contrariamente a quanto ritenuto dal datore ricorrente, il legislatore ha previsto la mancata previsione del compenso o la mancata definizione dell’ambito territoriale di operatività come cause di nullità specifiche del patto di non concorrenza, per le quali è stata effettuata a monte una valutazione di «essenzialità» delle stesse ai fini del patto, tale da escludere la disciplina della nullità parziale di cui all’art. 1419 c.c. e, quindi, rendendo superflua ogni valutazione in merito da parte del giudice.

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Giurisprudenza in Giurisprudenza

Lo sciopero «mascherato» da astensione per malattia

22 Maggio 2024da Admin2

Cass. civ., sez. lav., sent. 14 maggio 2024, n. 13181

Fra il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015 un cospicuo numero di addetti della Polizia Municipale di Roma, in ampia percentuale aderenti alle organizzazioni sindacali che stavano promuovendo una serie di vertenze nei confronti del datore, si astenevano dalla prestazione di lavoro esercitando il diritto a fruire di permessi personali o inviando certificati per l’assenza per malattia.

La Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali sanzionava le organizzazioni sindacali, ritenendo che dietro l’assenza di massa dei dipendenti si celasse un’astensione concertata dal lavoro promossa da tutte le sigle coinvolte, in violazione delle regole sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.

La Cassazione, investita del ricorso contro le sanzioni promosso dalle organizzazioni sindacali, ha confermato il ragionamento della Corte di Appello e ha affermato che nell’ambito dei servizi pubblici essenziali costituisce sciopero, soggetto alla disciplina della l. 146/1990, l’astensione dal lavoro che si realizzi, a fini di rivendicazione collettiva, mediante presentazione di certificazioni mediche che, secondo l’accertamento del giudice del merito, risultino fittizie e finalizzate a giustificare solo formalmente la mancata presentazione al lavoro, senza reale fondamento in un sottostante stato patologico, ma in realtà siano da collegare ad uno stato di agitazione volto all’astensione collettiva dal lavoro, nella sostanza proclamato dalle OO.SS. in modo “occulto”.

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Prof.Avv.
Pasqualino Albi

Pasqualino Albi è professore ordinario di diritto del lavoro nel dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro, fra le quali tre monografie.

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