Cass. civ., sez. lav., ord. 30/01/2024, n. 2739
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione si aggiunge alla grande mole di giurisprudenza in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, precisando alcuni profili.
Il caso riguardava il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che aveva ritenuto legittimo un licenziamento per g.m.o., intimato a causa della sopravvenuta inutilità della prestazione lavorativa di centralinista in seguito all’introduzione di un sistema di risposta telefonica automatica.
Il primo motivo di ricorso, con il quale veniva lamentata l’illegittimità della soppressione del posto di lavoro, è stato rigettato dalla Corte, ben avendo il giudice di Appello rilevato che la soppressione era dovuta ad una effettiva modifica organizzativa scaturita dall’innovazione tecnologica.
Sul secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denunciava la mancata verifica della possibilità di un utilizzo part time per i compiti che residuavano dopo l’introduzione della modifica organizzativa, si appuntano i profili più interessanti della sentenza.
Nel rigettare il motivo la Corte ricorda che, secondo orientamenti consolidati, la possibilità di un impiego part time del dipendente in seguito alla soppressione solo parziale del posto di lavoro deve essere verificata soltanto nel caso in cui le mansioni residue rivestano, nel complesso dell’attività svolta, una loro oggettiva autonomia, e non siano viceversa intimamente connesse e funzionali a quelle prevalenti soppresse oppure abbiano carattere residuale e quantitativamente irrilevante, promiscuo e ancillare rispetto ai compiti di altri dipendenti.
La Cassazione ha invece ritenuto fondati gli ultimi due motivi di ricorso, sulla violazione dell’obbligo di repêchage, dal momento che la Corte di Appello aveva addossato alla ricorrente l’onere di allegare l’esistenza di posti in organico ai quali poteva essere adibita. Tale affermazione si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui il datore, prima di intimare il licenziamento, è tenuto a ricercare possibili soluzioni alternative, ivi comprese quelle comportanti il demansionamento, ed ha l’onere della prova dell’impossibilità del repêchage.
L’Agenzia delle Entrate torna sulla detassazione dei premi di risultato
da Admin2Con una recente risposta a interpello (n. 59 del 5 marzo 2024) l’Agenzia delle Entrate puntualizza nuovamente le condizioni per l’applicazione del regime fiscale agevolato ai premi di risultato.
L’Agenzia ricorda che sono distinte la strutturazione dei premi, rimessa alla contrattazione collettiva, e i requisiti per il regime fiscale agevolato. Quest’ultimo è rimesso alle condizioni che:
Per questo l’Agenzia ha ritenuto che non potesse fruire del regime di tassazione agevolata il premio di risultato oggetto dell’interpello, che era erogato in base al raggiungimento di obbiettivi fissi e che prevedevano voci a contenuto «incrementale» non come condizione per l’erogazione del premio ma solo per l’applicazione della detassazione.
Corso di alta formazione 2024: aperte le iscrizioni
da Admin2Ecco il programma del Corso di alta formazione della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa con il link per iscriversi.
Le iscrizioni rimarranno aperte fino al prossimo giovedì 21 marzo.
L’impianto di quest’anno prosegue nel suo sforzo innovativo per affrontare il profondo e radicale processo di trasformazione del diritto del lavoro.
Il nesso fra le transizioni (ecologica e digitale) ed il benessere organizzativo continua ad essere il punto nevralgico del percorso formativo e diventa una delle nuove chiavi di lettura del diritto del lavoro.
Il percorso formativo specialistico è finalizzato ad offrire uno slancio qualitativo nella gestione delle risorse umane nei luoghi di lavoro e, anche attraverso la modalità della videoconferenza, intende rafforzare la sua funzione di laboratorio di idee e di confronto fra pubblici e privati operatori, funzione che ha avuto importanti riconoscimenti.
Il corso inizierà il 5 aprile 2024 per concludersi il 24 maggio 2024. Sono previste 7 lezioni di 4 ore ciascuna. E’ inoltre prevista una giornata dedicata alla presentazione dei Project Work.
Il corso esaminerà i temi che sono al centro dell’interesse degli operatori fra i quali il contratto a tempo determinato, i licenziamenti, la salute e la sicurezza sul lavoro, le relazioni sindacali e le tecniche di contrattazione aziendale, la privacy ed il tema specifico della gestione dei rapporti di lavoro nelle società pubbliche, da sempre oggetto di particolare interesse nel percorso formativo della Scuola Sant’Anna e di Ti Forma.
Un convegno per presentare il corso di alta formazione in diritto del lavoro
da Admin2Licenziamento per ragioni economiche, part-time e repêchage
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 30/01/2024, n. 2739
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione si aggiunge alla grande mole di giurisprudenza in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, precisando alcuni profili.
Il caso riguardava il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che aveva ritenuto legittimo un licenziamento per g.m.o., intimato a causa della sopravvenuta inutilità della prestazione lavorativa di centralinista in seguito all’introduzione di un sistema di risposta telefonica automatica.
Il primo motivo di ricorso, con il quale veniva lamentata l’illegittimità della soppressione del posto di lavoro, è stato rigettato dalla Corte, ben avendo il giudice di Appello rilevato che la soppressione era dovuta ad una effettiva modifica organizzativa scaturita dall’innovazione tecnologica.
Sul secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denunciava la mancata verifica della possibilità di un utilizzo part time per i compiti che residuavano dopo l’introduzione della modifica organizzativa, si appuntano i profili più interessanti della sentenza.
Nel rigettare il motivo la Corte ricorda che, secondo orientamenti consolidati, la possibilità di un impiego part time del dipendente in seguito alla soppressione solo parziale del posto di lavoro deve essere verificata soltanto nel caso in cui le mansioni residue rivestano, nel complesso dell’attività svolta, una loro oggettiva autonomia, e non siano viceversa intimamente connesse e funzionali a quelle prevalenti soppresse oppure abbiano carattere residuale e quantitativamente irrilevante, promiscuo e ancillare rispetto ai compiti di altri dipendenti.
La Cassazione ha invece ritenuto fondati gli ultimi due motivi di ricorso, sulla violazione dell’obbligo di repêchage, dal momento che la Corte di Appello aveva addossato alla ricorrente l’onere di allegare l’esistenza di posti in organico ai quali poteva essere adibita. Tale affermazione si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui il datore, prima di intimare il licenziamento, è tenuto a ricercare possibili soluzioni alternative, ivi comprese quelle comportanti il demansionamento, ed ha l’onere della prova dell’impossibilità del repêchage.
Cosa accade se il licenziamento collettivo è limitato ad una sola sede aziendale
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 17/01/2024, n. 1844.
Una recente ordinanza della Cassazione si pronuncia sui casi in cui è ammissibile la limitazione della procedura di licenziamento collettivo ad una sola sede aziendale e sulle conseguenze dell’illegittimità della limitazione effettuata dal datore di lavoro.
Per quanto riguarda la possibilità di limitare il licenziamento collettivo ad una sola sede aziendale, la Corte ha escluso la distanza geografica della sede soppressa rispetto agli siti produttivi aziendali. Un consolidato orientamento di legittimità afferma che ai fini della limitazione della platea dei lavoratori coinvolti non rileva la circostanza che il mantenimento in servizio di un lavoratore appartenente alla sede soppressa esigerebbe il suo trasferimento in altra sede, anche se ciò comporta un aggravio di costi per l’azienda, coerentemente con la finalità di ridurre al minimo le ricadute sociali dei licenziamenti collettivi. Non si può infatti escludere che il lavoratore preferisca il trasferimento, anche a significativa distanza, alla perdita del posto di lavoro.
La limitazione della platea ad un’unità produttiva è ammessa, viceversa, ove ricorrano esigenze tecnico-produttive, che è onere del datore provare, e che devono essere coerentemente e specificamente indicate nella comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, co. 3, l. 223/1991. In ogni caso la possibilità di limitare il licenziamento collettivo ad una sola sede è condizionata agli elementi acquisiti nell’esame congiunto con le organizzazioni sindacali, e non può costituire oggetto di determinazione unilaterale del lavoro. Tali requisiti non si presentavano nel caso di specie, avendo il datore di lavoro esposto le ragioni della limitazione in maniera del tutto standardizzata.
Infine, la Corte specifica le conseguenze della illegittimità della limitazione della platea del licenziamento sui licenziamenti intimati. Secondo una giurisprudenza consolidata, l’ingiustificata limitazione ad una sola sede aziendale comporta l’illegittimità dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare applicati dal datore di lavoro. Pertanto, la fattispecie rientra nella «violazione dei criteri di scelta» per la quale, a norma dell’art. 5, co. 1, l. 223/1991, è prevista l’invalidità dei licenziamenti con la sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro secondo l’art. 18, co. 4 dello Statuto dei lavoratori, e cioè nella forma «attenuata».
Mobbing e responsabilità del datore per l’ambiente di lavoro stressogeno
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 12 febbraio 2024 n. 3822 e 3791
Due recenti ordinanze della Cassazione esprimono principi rilevanti in tema di prova del mobbing e obbligo del datore di lavoro di tutelare il prestatore nei confronti di un ambiente di lavoro stressogeno.
Per quanto riguarda il primo profilo, la Corte ricorda che ai fini della valutazione della sussistenza del mobbing il giudice deve effettuare una valutazione complessiva dei fatti che consenta di affermare o negare la presenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro, il cui onere della prova è a carico di chi assume di aver subito la condotta vessatoria. Per converso, ha rilievo secondario la legittimità o illegittimità dei singoli comportamenti adottati dal datore: «così come una pluralità di comportamenti illegittimi non implica, di per sé, il mobbing, allo stesso modo la legittimità di ogni singolo comportamento non esclude l’intento vessatorio». La legittimità dei comportamenti può rilevare solo come elemento sintomatico dell’assenza dell’elemento soggettivo rispetto alla condotta mobbizzante considerata in modo unitario.
Per quanto riguarda il secondo profilo, la Corte ha ribadito che la riscontrata assenza degli estremi del mobbing non fa venire meno la necessità di valutare e accertare l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per aver colposamente omesso di impedire che le condizioni stressogene dell’ambiente di lavoro causassero un danno alla salute del prestatore di lavoro. Infatti, rientra nell’ambito della posizione di garanzia, assunta dal datore di lavoro ex art. 2087 c.c., l’obbligo di adottare tutte le misure e gli accorgimenti necessari a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro contro i danni che possono essere provocati da condizioni ambientali lavorative lesive della salute, quale può essere un contesto lavorativo stressogeno e conflittuale.